“Alla grandezza del padre faceva ammirabile riscontro quella della madre, nobile per il sangue principesco che scorreva nella sue vene, più nobile per la santità della sua vita” .
Era nata il 10 febbraio 1577 a Torino dalla contessa Beatrice di Langosco Martinengo e dal Duca Emanuele Filiberto di Savoia (Testa di Ferro) e sin da giovane era dotata di grande cuore ed intelligenza, Matilde aveva anche una innata sensibilità religiosa che applicò concretamente nel corso della sua vita. Venne promessa in sposa al Marchese Carlo di Simiana d’Albigny, portando a lui in dote il feudo di Pianezza.
Il 26 febbraio 1607 Matilde, legittimata di Savoia dal Duca Carlo Emanuele I (1562-1630), si sposa in Torino con tutti gli onori dovuti al suo rango. L’anno dopo, nasce il loro unico figlio, Carlo Emanuele Filiberto Giacinto. Purtroppo appena un anno dopo le nozze rimase vedova.
Scrive il Tonello: “fu una sciagura terribile sì ma quel Dio che sa trarre dal male il bene la rese salutevolissima per essa, per il figlio e fu una sorgente di felicità eterna che Dio fece scaturire per molte anime le quali nel monastero della Visitazione dalla piissima vedova fondato in Torino”.
Carlo Giacinto Simiana, con il suo matrimonio con Donna Matilde, assume il titolo di Marchese di Pianezza. Nel 1608, un anno appena dopo le nozze, essendo il marchese Governatore e Luogotenente generale degli Stati di Savoia oltralpe, è fatto arrestare improvvisamente dal Duca a Chambery. Condotto nel castello di Moncalieri viene decapitato il 17 febbraio e sepolto nella Chiesa Collegiata di S. Maria della Scala in Moncalieri. Perché il Duca di Savoia fa giustiziare il Simiana, suo cognato ? La soluzione più attendibile storicamente sembra questa: nel 1602 Carlo Simiana aveva preso parte all’infelice e fallito tentativo di riconquistare Ginevra. Per sottrarre Carlo Emanuele I dalle minacce d’Enrico il Grande (Enrico IV, Re di Francia), il marchese di Pianezza diviene il “capro espiatorio” di tutta la vicenda. Il breve matrimonio comunque genera un unico figlio maschio: Carlo Emanuele Filiberto Giacinto di Simiana.
Matilde educò il figlio Carlo Emanuele Filiberto Giacinto di Simiana III marchese di Pianezza personalmente e secondo i principi cristiani ed avviarlo alle pratiche religiose. Ella visse e soggiornò preferibilmente in Pianezza nel castello marchionale.
Un volta che il figlio raggiunse l’età adulta sposando Giovanna Arborio di Gattinara, Matilde si diede ad una vita più intensa al raccoglimento.
Nelle ore libere dalle cure della amministrazione della casa e del feudo con ammirabile prudenza e attività, si dedicava alle giovinette di Pianezza ed alle donne che ella radunava ogni giorno in castello, insegnando loro le virtù cristiane, le arti e l’istruzione. Venne considerata già in vita un angelo di carità. Aiutò con ogni mezzo gli abitanti del borgo di Pianezza e soprattutto i giovani.
Suor Maria Matilde Boroni prima di prender i voti perpetui in convento, era al suo servizio come cameriera. Costei ci tramanda una testimonianza importante sulla vita terrena di Matilde di Savoia dedita a Cristo ed alla fede ma anche all’ alto senso di compassione e di smisurata bontà: “immancabilmente ogni sera, radunava a sé tutta la servitù per recitare il Santo Rosario, poscia si ritirava in camera e faceva un breve esercizio della buona morte, prostrandosi dinnanzi al quadro di Nostra Signora della Pietà supplicandola di assisterla nel momento supremo della morte. Terminava con la recita del Pater. Esemplare era la sua devozione alla Madre di Dio. Per tali motivi fece costruire nella chiesa dei Padri cistercensi, detta della Consolata di Torino la cappella chiamata di N.S. delle Grazie sotto l’altar maggiore (che era quello di Sant. Andrea nel primo corpo della Chiesa). … io non ho mai sentito uscire dalla sua bocca una parola ingiuriosa o grossolana che in qualche modo offendesse una persona. Non parlava mai di difetti altrui; perdonava prontamente a quanti l’avessero offesa e nell’atto stesso che l’offendevano; né andava lagnandosi con altri dei torti subiti; non manifestò mai alcun disgusto per qualche mancanza che si commettesse nel servirla sia riguardo alla persona sia riguardo al vitto. Per contrario discendeva ella stessa a prostrare riconoscenza per i servigi che le si prestavano….”
Nel 1627 viene infeudata di Castelnuovo di Rivalba, Capriglio e Buttigliera d’Asti, che cederà al figlio. Quando quest’ultimo intraprenderà una brillante carriera militare la madre troverà conforto nella religione, dedicandosi alle opere di carità.
La marchesa aveva già concorso finanziariamente alla costruzione della cappella del Sacro Monte di Varallo e alla restaurazione della cappella sotterranea della Chiesa della Consolata.
Ma l’iniziativa che la impegnò per il resto della vita, di concerto con il figlio, fu comunque quella di portare a compimento l’aspirazione di fondare una casa religiosa a Torino, un vero e proprio monastero vocazionale e pertanto coinvolse il padre Giusto Guerini Barnabita confessore di Casa Savoia che già a suo tempo era in fama di santità, per avere un consiglio e per indicarle un cammino da seguire. Il Padre Guerini le suggerì di rivolgersi alle Figlie della Visitazione di Santa Maria di Annecy. Matilde contattò questa Congregazione al fine di invitarle a popolare il monastero che intendeva fondare. La Madre superiora, Santa Giovanna Francesca Frémyot di Chantal, senza indugi accettò la proposta della Marchesa Matilde la quale fece inventario dei beni da donare al costituendo monastero e per dare maggiore autorità ed importanza procurò di redigere il contratto insieme a suo figlio Carlo Emanuele Filiberto Giacinto.
A chiudere le pratiche venne chiamato il teologo Besancon di Aosta, priore di sant’Orso di Aosta e postulatore della causa di canonizzazione di Francesco di Sales.
Anche i duchi Vittorio Amedeo I e la Madama Reale Cristina di Francia contribuirono per il progetto di istituzione del neo monastero voluto da Matilde, con lire 3000 come documentato dagli atti di donazione.
Nel 1637 furono esaurite le pratiche e Matilde per garantire il mantenimento del succitato monastero donava come base patrimoniale “due cassin, a Chieri di 196 giornate e a Pianezza di 60 giornate oltre 3000 scudi per acquisto di una casa per aprire detto monastero…”
La casa a cui fa riferimento è individuabile nel palazzo dell’Arcivescovado accanto alla Scuola di Applicazione di Torino nella attuale via Arcivescovado che ospitò il Monastero della Visitazione fino al 1802, voluto da Matilde di Savoia, Marchesa di Pianezza.
Alla morte del duca Vittorio Amedeo I, esplode un vero conflitto interno tra i cosiddetti “madamisti e principisti” che vede approfittare la Francia di Re luigi XII in difesa della sorella, la Madama Reale appunto, tenta di impadronirsi del ducato di Savoia ed in questo contesto che durante un viaggio verso la Savoia, accompagnando Madama Cristina da Montmelian a Grenoble, Matilde parte alla volta della Savoia per raggiungere Madama Cristina, però durante il viaggio giunta a Susa, si ammala. Scrisse una lettera di commiato alla Madama Reale raccomandandole le suore ed il monastero che aveva fondato, spirò alcuni giorni dopo aver raccomandato al figlio Carlo Emanuele Filiberto di portare avanti la sua opera ed il monastero: gli spirò tra le braccia il 7 settembre 1639. Le sue spoglie secondo il Cibrario sono state collocate sotto l’altar maggiore della chiesa della Visitazione in Torino, unitamente ad altri discendenti Marchesi di Pianezza.
Autore: Fabrizio Nucera Giampaolo
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