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Beata Ludovica di Savoia Principessa, Clarissa

24 luglio

Bourg-en-Bresse, Francia, 28 luglio 1462 - Orbe, Svizzera, 24 luglio 1503

Illustre principessa della Casa di Savoia, figlia del beato Amedeo IX. Dopo alcuni anni di matrimonio, rimasta vedova in giovanissima età, abbracciò la regola di santa Chiara, secondo lo spirito di santa Coleta. Passò i suoi anni in monastero come fulgido modello delle virtù religiose.

Martirologio Romano: A Orbe nella Savoia, beata Ludovica, religiosa, che, figlia del beato duca Amedeo, sposò Ugo principe di Châlon e alla sua morte abbracciò in umiltà e fedeltà la regola di santa Chiara secondo la riforma di santa Coletta.


Suo padre è convinto che “la carità non ha mai prosciugato le casse di uno Stato” e arriva a vendere pezzo per pezzo il suo “collare dell’Annunziata” per venire incontro ai bisognosi. Lei, con un tal esempio in casa, non può che crescere nella carità, fatta non di parole ma di gesti concreti.

Anche con Dio ha una certa familiarità, frutto di uno studio prolungato sulla Bibbia e di un dialogo continuo con Lui. Il tutto alla corte dei Savoia, in mezzo a ragioni di stato, intrighi di palazzo, vita mondana e guerre di successione.
Nata nel 1462, fin da bambina assiste alle liti e alla guerra, scatenata dagli zii per strappare alla sua famiglia castello e potere. È forse anche per questi dispiaceri che papà muore a Vercelli neppure quarantenne, raccomandando di “amare i poveri e far fiorire la fede” e lei da quel giorno sente nascere in cuore la vocazione religiosa.
La sua vita, però, è attraversata da un giovane, nobile ed affascinante, che non le è per niente indifferente, e con il quale si trova fidanzata senza neppure saperlo, perché, come si usava allora, a decidere per lei è stata sua madre. Che è una donna volitiva ed energica, esperta in politica (è sorella del re di Francia), capace di reggere in modo ben saldo il ducato dei Savoia, abilissima nello stringere e nel rompere alleanze anche se per ciò deve pagare le conseguenze.
Così succede ad esempio con il duca Carlo il Temerario, già suo alleato, che sentendosi da lei tradito nel corso delle guerre di Borgogna la fa imprigionare e in cella finisce anche Ludovica di soli 14 anni, che però sa approfittare di questi mesi di solitudine per intensificare la preghiera e la meditazione. Vengono liberate per l’intervento del re di Francia e tornano a Vercelli, dove la madre muore due anni dopo, distrutta dalla gotta.
È quindi ancora il re di Francia Luigi XI a prendere in mano la situazione, ospitando le nipoti nella sua corte e organizzando anche con sontuosità il matrimonio di Ludovica con Ugo di Chalon, il giovane che fin da bambina le aveva messo gli occhi addosso. E che adesso si rivela lo sposo adatto a lei, circondandola di venerazione e rispetto e sperimentando con lei alcuni princìpi di buon governo sui loro possedimenti.
Ugo e Ludovica, sempre teneramente insieme, migliorano le strade, aiutano i poveri, sostengono le opere benefiche, permettono ai poveri di andare a far legna gratuitamente nei loro boschi. Ma è soprattutto lei a trasformarsi in infermiera premurosa e sollecita di malati e lebbrosi.
Questo crescendo di affinità umana e spirituale viene messo a dura prova 11 anni dopo con l’improvvisa morte di Ugo nel 1490. È a questo punto che Ludovica decide di assecondare la vocazione sentita fin da bambina, entrando nel convento delle Clarisse di Orbe. Qui si lascia assorbire interamente da Dio, edificando le consorelle con la sua pietà, la sua umiltà e la sua disponibilità verso tutte.
Muore il 24 luglio 1503, anche lei poco più che quarantenne, e subito viene invocata come santa. Nel 1839 la Chiesa convalida questo sentimento popolare riconoscendo il titolo di beata a Ludovica di Savoia, preceduta nella gloria degli altari da suo papà, il beato Amedeo di Savoia.

Autore: Gianpiero Pettiti
 


 

Ludovica nacque (probabilmente) a Bourg-en-Bresse il 28 luglio 1462, quinta dei nove figli del Beato Amedeo IX di Savoia e di Jolanda di Francia, sorella del Re Luigi XI. La capitale del Ducato era Chambery, ma la corte era itinerante per un controllo diretto dei territori. Casa Savoia era già proprietaria di quello straordinario documento della Passione che è la Sindone, tale tesoro prezioso seguiva la corte nei vari spostamenti. Possiamo facilmente immaginare gli occhi commossi di Ludovica e del padre che ammirano l’Uomo dei Dolori impresso nel Sacro Lino. Estremamente religioso e munifico verso i poveri, dopo aver assicurato al suo popolo un lungo periodo di pace, il Beato Amedeo morì a Vercelli il 30 marzo 1472 a soli trentotto anni. Ludovica ne aveva dieci. L’eredità paterna fu una fede profonda e, possiamo dire, la santità. La madre, dal carattere più forte del consorte, era la Reggente del Ducato già da alcuni anni.
La dolcezza della giovane Ludovica fece breccia nel cuore di Ugo di Chalon, più grande di quattordici anni, membro del ramo cadetto dei Signori di Borgogna, ospite a Chambery per sette anni dopo essere caduto in disgrazia. Diventerà suo marito.
Le vicende politiche di quei tempi erano assai complicate, gli interessi territoriali causavano numerose guerre. Jolanda strinse un patto con Carlo il Temerario, Duca di Borgogna, ma, sospettata di complotto col fratello, in un'imboscata notturna, fu arrestata con i figli proprio dal suo alleato (1476). Nella solitudine del maniero di Rouvres (Digione), in una prigionia in verità non rigida, Ludovica fece l’esperienza di una sorta di ritiro religioso e conobbe il francescano Padre Giovanni Perrin, che tanta importanza avrebbe avuto per lei in futuro. Ugo le fece visita, in un crescendo d’affetto, anche se lei cominciava a desiderare il ritiro in clausura, fu Padre Perrin a convincerla che anche il matrimonio poteva essere vissuto santamente. Intanto, per interessamento dello zio Re, Jolanda e figli furono lasciati liberi. Mentre erano in visita alla corte di Francia il Duca di Borgogna questa volta imprigionava Ugo.
Jolanda morì nel castello di Moncalieri il 29 agosto 1478. Ludovica e la sorella Maria furono condotte da Luigi XI che si considerava loro tutore naturale. La sua era una preoccupazione interessata, il matrimonio della nipote con Ugo di Chalon gli procurava infatti un importante alleato. Ludovica, che ricambiava l'affetto del pretendente, acconsentì. Le nozze furono celebrate solennemente a Digione il 24 agosto 1479. La sposa aveva diciassette anni e avrebbe anche fatto a meno dello sfarzo dei festeggiamenti, l’importanza delle due casate però lo imponeva; fu eletta come dimora il castello di Nozeroy.
L'unione fu felice, le due anime si incontrarono in un'intesa perfetta. Ugo di Chalon era tornato in possesso di un considerevole patrimonio, dagli archivi di Arlay e di Bresançon apprendiamo delle numerose elargizioni dei due sposi a favore dei bisognosi. Ludovica si dedicava personalmente alla tessitura per distribuire panni ai poveri o per ornare le chiese. Per entrambi la preghiera era il centro su cui fondare l'unione. L'idillio, tuttavia, durò solo dieci anni, nel 1490 il dolore colpì nuovamente Ludovica. Dopo aver assistito, visto spirare e data cristiana sepoltura al consorte, le restava come unico riferimento la fede. Poteva vivere da ricca vedova nel suo castello o contrarre un nuovo importante matrimonio ma il desiderio, mai sopito, era quello di consacrarsi al Signore. Padre Perrin la guidò spiritualmente fino all'ingresso nel Monastero di S. Chiara ad Orbe (Vaud). Era questa una fondazione della famiglia Chalon a cui aveva assistito S. Colette, la riformatrice francese delle Clarisse. Molte volte Ludovica vi si era recata per pregare facendo visita alla cognata Filippina che lì era monaca. Entrò in monastero nel 1492, dopo essersi spogliata di tutti i suoi beni: il semplice abito francescano prendeva il posto delle vesti preziose. Da modello di sposa divenne modello di monaca. Grande fu il suo spirito di pietà e di preghiera, in un’atmosfera austera e povera. Scrisse alcune meditazioni e un piccolo trattato sull'importanza, per un monastero, della fedeltà alla Regola. Questi manoscritti furono portati dalle suore nel loro trasferimento da Orbe a Evian, ma oggi sono scomparsi.
Nell'ultimo periodo della sua vita Ludovica soffrì di diverse malattie; morì, sussurrando il nome della Vergine Maria, il 24 luglio 1503. Aveva solo quarant'anni. Si diffuse subito la fama della sua santità, le prime notizie biografiche vennero scritte da Caterina di Saulx, sua compagna fedele per vent’anni, sia prima che dopo l'entrata in monastero. Ludovica fu sepolta nel cimitero del convento, poi, quando nel 1531 le monache furono cacciate da Orbe, le sue spoglie, con quelle della cognata Filippina, furono riposte in un'unica cassa di quercia e trasportate nel convento francescano di Nozeroy. Durante la Rivoluzione Francese il convento fu distrutto, delle tombe, anche se non profanate, si perse ogni traccia. Nel 1838 Carlo Alberto ottenne dal governo francese e dal Vescovo di S. Claude l’autorizzazione ad effettuare gli scavi alla ricerca della cassa che fu ritrovata in buone condizioni. Le ossa di Ludovica furono riconosciute dal medico David dopo una scrupolosa perizia, basata sulla diversa altezza e sull’età delle due defunte. Furono consegnate a Monsignor Vogliotti, Cappellano Regio, affinché venissero trasportate a Torino per essere riposte, con i dovuti onori, nella cappella interna di Palazzo Reale, all'epoca Parrocchia, presso l'altare dedicato al padre B. Amedeo IX (1840). L’anno precedente Carlo Alberto aveva ottenuto la conferma del culto da papa Gregorio XVI che fissava la memoria liturgica della Beata al 24 luglio.


Autore:
Daniele Bolognini

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Aggiunto/modificato il 2018-06-02

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