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San Romolo Diacono venerato a Atripalda

16 settembre

Abellinum V-VI secolo


Una chiara testimonianza del culto tributato ad Atripalda (Avellino), al santo diacono Romolo (chiamato anche Romolino) ci viene dal grande sacerdote e professore di archeologia cristiana di Napoli, Gennaro Aspreno Galante (1843-1923).
Egli compose sedici elegie in lingua latina in onore di s. Paolino di Nola (353-431), ne scrisse una ogni anno nel giorno della sua festa, il 22 giugno, cioè come dicono gli agiografi, nel ‘Natale’ del santo e queste elegie scritte per sedici anni si chiamano appunto “Natales”, in ricordo anche dei “Carmina Natalicia” scritti da s. Paolino.
Nell’VIII e IX ‘Natale’, scritti nel 1890 e 1891, il Galante ipotizzando una conversazione con il santo patrono di Nola, descrive il culto della città di Atripalda, di cui era cittadino onorario, per s. Romolo diacono del vescovo s. Sabino, patrono principale.
Sottolinea la delicata bellezza del giovane, ne rileva il ruolo di diacono e di attento custode dello “Specus Martyrum” dove fu sepolto s. Sabino dopo la sua morte, Romolo conservava in un’ampolla un liquido detto ‘manna’, che stillava dalla tomba del vescovo e che operava prodigi e guarigioni, rendendo fertile la campagna irpina.
Il giovane diacono, morto a causa del dolore per la scomparsa di Sabino, viene sepolto presso la tomba del vescovo nello ‘Specus Martyrum’ dell’antica città romana di Abellinum dove vivevano ambedue.
Lo ‘Specus’, ora ipogeo nella chiesa di S. Ipolisto di Atripalda, è uno dei più insigni monumenti di archeologia cristiana dell’Irpinia e che Gennaro Aspreno Galante, valente archeologo, conosceva bene. L’elegia prosegue con il racconto dell’esplorazione del sepolcro, effettuata dal Galante stesso e dal barone Francesco de Donato, munifico benefattore del restauro del monumento, nel 1888.
Viene descritta la folla esultante, la cerimonia religiosa con il vescovo di Avellino che offre le reliquie del santo diacono alla venerazione dei fedeli, il prodigio di un’acqua sgorgante dalle fondamenta sotto l’altare, la deposizione delle reliquie in un’urna bronzea e della costruzione della cappella per accoglierle. Infine dialogando ipoteticamente con s. Paolino, il Galante lo invita a partecipare ai festeggiamenti popolari e alla celebrazione liturgica per la ricorrenza della traslazione delle reliquie del 1612 e che si tiene il 16 settembre.
Segue poi la descrizione della festa, con la statua di s. Romolo con in mano l’ampolla della ‘manna’, portata in processione, fra spari di fuochi, campane che suonano, fiori che vengono sparsi dai balconi e per le strade.
Conclude sottolineando i tre aspetti della vita di s. Romolo; incline alla pietà fin da fanciullo, sincero cultore dei martiri, devoto diacono del vescovo, al quale, se fosse vissuto, sarebbe successo nella cattedra episcopale di Abellinum (che sorgeva alle porte dell’odierna Atripalda).
S. Romolo e s. Sabino a cui è strettamente legato nel culto, vissero fra il V e il VI secolo, mentre gli Ostrogoti imperversavano su tutta l’Italia. L’iscrizione sepolcrale sulla sua tomba, unanimemente giudicata del VI secolo, riporta che s. Romolo, diacono ed amministratore del suo vescovo, era morto dopo Sabino, ma era stato associato a lui in quella terra benedetta.
È tuttora grande la venerazione per i due santi sia ad Atripalda sia ad Avellino, vengono onorati con due feste il 9 febbraio giorno della morte di s. Sabino e il 16 settembre a ricordo della traslazione delle loro reliquie, fatta nel 1612.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2003-05-13

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