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Beato Alberto Marvelli Laico

5 ottobre

Ferrara, 21 marzo 1918 - Rimini, 5 ottobre 1946

Alberto Marvelli nacque a Ferrara il 21 marzo 1918, secondogenito di sette fratelli. Trasferitosi a Rimini con la famiglia nel 1930, si formò all'interno dell'oratorio della parrocchia di Maria Ausiliatrice, retta dai Salesiani, e nell'Azione Cattolica, rivestendo anche incarichi di responsabilità a livello diocesano. Laureato in Ingegneria, lavorò in vari ambiti, anche alla Fiat di Torino. Tornato a Rimini dopo l’8 settembre 1943, si prodigò instancabilmente nell'opera di soccorso agli sfollati. Finiti i combattimenti, si impegnò nell’opera di ricostruzione come assessore ai lavori pubblici. Dall’Eucaristia adorata e ricevuta trovò le energie per impegnarsi in svariate iniziative di carità e di impegno sociale. Si dedicò generosamente all’attività politica ispirata ai principi cristiani, riscuotendo rispetto e stima anche dai suoi avversari. Infine, accettò la proposta di Benigno Zaccagnini, candidandosi nella lista della Democrazia Cristiana per l’elezione della prima amministrazione comunale del dopoguerra. Morì il 5 ottobre 1946, a ventotto anni, investito da un autoveicolo militare. È stato beatificato da san Giovanni Paolo II a Loreto il 5 settembre 2004. I suoi resti mortali sono venerati dal 5 ottobre 1974 nella chiesa di Sant’Agostino a Rimini, mentre la sua memoria liturgica cade il 5 ottobre, giorno della sua nascita al Cielo.

Etimologia: Alberto = di illustre nobiltà, dal tedesco


I primi anni
Alberto Marvelli nacque a Ferrara il 21 marzo 1918, secondo dei sette figli di Alfredo Marvelli e Maria Mayr. Fu battezzato il 6 aprile 1918 nella chiesa di Santa Maria in Vado a Ferrara. Nella stessa città, il 9 giugno 1924, ricevette la Cresima, nella chiesa dei Teatini.
A causa del lavoro del padre, direttore di banca, la famiglia ebbe vari traslochi. Mentre risiedeva a Mantova, nel 1927, Alberto si accostò per la prima volta all’Eucaristia nella chiesa dei padri Gesuiti. A detta del sacerdote che lo seguì, padre Piccini, era più preparato dei bambini di età maggiore della sua.
A partire dal 1930, la sua famiglia si stabilì definitivamente a Rimini, dove Alberto, negli anni 1926-‘28, aveva frequentato la quarta e la quinta elementare. Era un alunno diligente, riflessivo, dall’animo generoso. Aveva del resto attinto quella generosità anche dai suoi genitori, per i quali ebbe sempre parole di gratitudine.

Adolescente teso verso la santità
Il 7 marzo 1933, Alfredo Marvelli morì a causa di una meningite. La maturazione di Alberto, che di lì a poco avrebbe compiuto quindici anni, ebbe un notevole impulso da quel lutto. Dato che il fratello maggiore Adolfo entrò all’Accademia militare, fu lui a dover aiutare la madre nella guida della famiglia.
Fin dall’adolescenza ebbe un potente desiderio della santità, concepita non solo come bisogno della sua anima, ma anche come mezzo indispensabile per cooperare alla salvezza del prossimo. Ne sono testimonianza gli appunti che prese nel suo Diario spirituale: «Non ci può essere una via di mezzo, non si possono conciliare Gesù e il diavolo, la grazia e il peccato. Ebbene io voglio essere tutto di Gesù, tutto suo. Se fino a ora sono stato un po’ incerto, ora non vi devono essere più incertezze; la via è presa: tutto soffrire, ma non più peccare. Gesù, piuttosto morire che peccare; aiutami tu a mantenere questa promessa».
Il suo modello preferito era Pier Giorgio Frassati, morto quando lui aveva appena sette anni, beatificato nel 1990. Lesse più volte la sua prima biografia, scritta dal salesiano don Antonio Cojazzi, e sperò di poterlo imitare «nella sua purezza, bontà, carità, pietà», come scrisse nel luglio 1938.

All’oratorio salesiano e in Azione Cattolica
Oltre all’opera di formazione morale ricevuta nell’ambiente familiare si aggiunse quella ricevuta nella parrocchia di Maria Ausiliatrice, retta dai Salesiani di Don Bosco. Alberto ne divenne assiduo frequentatore, capace di trascinare gli altri ragazzi nel gioco e nella preghiera. La sua maggiore preoccupazione era per quanti tra loro sembravano indifferenti alle proposte di fede: «S’incontrano giovani senza fede e senza entusiasmo per le altezze», commentò.
Aderì anche al Circolo “Don Bosco” della Gioventù Cattolica Italiana, nella stessa parrocchia. Grazie all’Azione Cattolica fece le prime esperienze di apostolato e rivestì incarichi di responsabilità: a quindici anni era delegato degli Aspiranti, mentre a diciotto divenne presidente della sezione parrocchiale.

Gli anni del liceo e dell’università
Nell’anno scolastico 1931-’32 iniziò a frequentare la quarta ginnasio. Non era il primo della classe, ma era comunque uno dei migliori, specialmente nelle materie scientifiche. Suggeriva ai compagni durante le interrogazioni ed era anche disposto a passare la traduzione di greco o di latino, raccomandando però di non copiarla, ma di confrontarla. Nel suo stesso liceo studiava anche Federico Fellini, il futuro regista, di due anni più giovane: ebbe sempre un buon ricordo di lui.
Alberto pensò d’iscriversi all’Accademia Navale di Livorno, ma non venne ammesso perché leggermente astigmatico. Il 1° dicembre 1936 si stabilì a Bologna per frequentare la facoltà d’Ingegneria meccanica. Trovò notevole sostegno nei membri della Federazione Universitaria Cattolici Italiani (FUCI) e prese contatto con le Conferenze di San Vincenzo, che già frequentava a Rimini.

Le prime esperienze lavorative
Per mantenersi agli studi, durante i mesi estivi dal 1937 al 1939 Alberto lavorò in alcuni stabilimenti per la lavorazione della barbabietola da zucchero. Per preparare la tesi, si trasferì a Milano, lavorando presso la fonderia Bagnagatti di Cinisello Balsamo dal 24 agosto al 30 novembre 1940.
Sin dai primi giorni riuscì a legare con gli operai, specie con quelli di ceto più umile. Si preoccupava delle loro condizioni di salute, informandone tempestivamente Achille Bagnagatti, il proprietario della fonderia. Incoraggiava i più giovani a frequentare l’oratorio e la parrocchia, ma anche a studiare alle scuole serali. Quando assisteva a qualche mancanza, rimproverava l’interessato, prendendolo in disparte e richiamandolo ai propri doveri.

Il servizio militare, il lavoro alla Fiat e il ritorno a casa
Si laureò nel luglio 1941. Per tre mesi seguì l’addestramento per le reclute dell’Esercito, prima a Trieste e poi a Torino. L’ambiente di caserma non lo intimorì: riuscì a radunare i soci di Azione Cattolica presenti tra i commilitoni e provò, per quanto possibile, a continuare la formazione e la vita di preghiera con loro.
Venne congedato il 2 dicembre 1941 perché due suoi fratelli, Adolfo e Carlo, erano già sotto le armi. A quel punto, trovò lavoro presso la Fiat di Torino, dove rimase per un anno. I dirigenti apprezzavano la sua perizia tecnica, ma interiormente era insoddisfatto di un lavoro sedentario come quello che gli competeva.
Tornò a Rimini nell’ottobre 1942, per stare vicino alla madre, rimasta sola con i due figli più piccoli: anche Raffaello detto Lello, il quartogenito, era stato arruolato. Sarebbe morto più tardi, nel gennaio 1943, durante la ritirata di Russia.

Negli ultimi anni della seconda guerra mondiale
Nel marzo 1943, Alberto fu richiamato dall’Esercito e dovette partire per la caserma di Dosson, in provincia di Treviso. A differenza di suo fratello Adolfo, che scelse di entrare nelle formazioni partigiane della Val D’Ossola, decise di tornare a Rimini. Forse anche grazie al fatto che sua madre aveva un cognome tedesco, trovò un impiego alla Todt, l’organizzazione tedesca che doveva rafforzare le difese sulla spiaggia.
Usando i timbri tedeschi, riuscì a mettere in salvo i giovani che non volevano combattere per la Repubblica Sociale di Salò, almeno finché non venne scoperto: fu quindi imprigionato, con altri sedici giovani, nella corderia di Viserba.
Aveva però preso con sé i timbri, che consegnò fortunosamente al presidente diocesano di Azione Cattolica, così da falsificare i documenti di rilascio. Grazie all’allarme aereo proveniente da Santarcangelo, si creò una confusione tale che i prigionieri poterono fuggire.

La sua carità per gli sfollati di Rimini
A partire dal novembre 1943, Rimini fu sottoposta ad almeno novecento bombardamenti, poiché si trovava alla fine della Linea gotica, ovvero la linea naturale di difesa che cominciava a Pisa. L’ottanta per cento degli edifici fu distrutto. Gli abitanti dovettero sfollare in campagna oppure, percorrendo cunicoli sotterranei, nella vicina Repubblica di San Marino.
Alberto si prodigò in molti modi per i suoi concittadini e anche per la sua famiglia, che sistemò a Vergiano. Muovendosi ora in bicicletta, ora a dorso di asino, soccorreva tutti con cibo e vestiario, aiutato anche dai suoi amici di Azione Cattolica.
Continuò poi ad aiutare quanti non volevano combattere con la Repubblica Sociale. Nel caso di Fausto Lanfranchi (poi sacerdote e suo biografo) e Giorgio Placucci, fu aiutato da sua madre, che si finse malata per non far smuovere il letto dietro il quale, nascosti in un’intercapedine, c’erano quei due giovani.
I riminesi si meravigliavano di come riuscisse a rimanere indenne: «I conoscenti dicono che ho la “camicia della Madonna”, per indicare un uomo molto fortunato nei pericoli», scrisse a Delfina Aldè. Sua madre era in pensiero per lui, ma quando lo sentiva fischiettare appena arrivato ai piedi della collina di Vergiano si risollevava: «Di che hai paura, mamma? Non sai che io ritorno sempre?». Nei pochi momenti liberi, prendeva la corona del Rosario e pregava.

Ricostruttore di una nuova città
Il Comitato di liberazione nazionale lo nominò come rappresentante della Democrazia cristiana nella nuova Giunta comunale e gli assegnò la presidenza della Commissione edilizia e della Commissione comunale alloggi.
Nel giro di poco tempo, Alberto venne nominato ingegnere responsabile della sezione locale del Genio civile, commissario per la sistemazione del fiume Marecchia, presidente della sezione della Società Montecatini, delegato del vescovo all’interno della commissione per il Piano regolatore. Sia nel suo ufficio, sia in casa propria e senza limiti d’orario, accoglieva quanti avevano bisogno di lui.

Tra i Laureati cattolici e nella Società Operaia del Getsemani
Trovò anche le energie per rifondare l’Università popolare voluta da Igino Righetti, che era stata chiusa dal fascismo, e il gruppo dei Laureati cattolici, di cui divenne presidente. Insieme a loro organizzò la mensa e l’“armadio” del povero, dedicandosi in particolare all’attività di preghiera e di formazione.
Riprese, anche se per la verità non l’aveva interrotto neanche sotto le armi, l’impegno in Azione Cattolica. Lo perfezionò nel 1945, entrando a far parte della Società Operaia del Getsemani, fondata nel 1942 dal presidente nazionale, Luigi Gedda, come movimento di spiritualità in seno all’Associazione. Per donare agli altri quanto aveva lui stesso ricevuto, fondò il Reparto Operaio Diocesano di Rimini.

Il motore della sua azione
Le eccezionali doti umane e spirituali che Alberto possedeva e viveva con genuinità, sincerità e naturalezza, erano riconosciute anche dagli studenti della Scuola tecnica industriale «Leon Battista Alberti», dove aveva cominciato a insegnare nel 1942 e dove tornò al termine della guerra. Per loro era più che un professore, anzi, una guida e un amico.
La forza che l’animava era il suo amore per Dio, alimentato con l’assidua preghiera e con la Comunione quotidiana. Nel suo diario si possono verificare le tappe di questo costante e progressivo maturare nella vita interiore, fino ad arrivare alle vette dei mistici: «Gesù mi invita a salire, ad ascendere. Ho un desiderio intenso di farmi santo attraverso la vita che il Signore mi riserva».

Un amore non corrisposto
Nella vita di Alberto ci fu spazio anche per l’amore verso una ragazza, Marilena Aldè, di Lecco, conosciuta mentre era in vacanza a Rimini con i familiari. Lei, però, non ricambiava del tutto i suoi sentimenti, considerandolo piuttosto un amico.
A quel punto, lui si domandò se la volontà di Dio non fosse diversa e pensò che forse doveva diventare sacerdote. Con l’aiuto delle sue guide spirituali, riconobbe che la sua via poteva essere il matrimonio. Tornò a farsi avanti con Marilena, che continuò a non considerarlo. Con un estremo tentativo, le scrisse: «Amo troppo il Signore per ribellarmi o piangere su quella che evidentemente sarebbe la Sua volontà, ed infine amo te tanto, che desidero solo la tua felicità, a costo anche di miei sacrifici e rinunce».

L’impegno politico e la morte
Le insistenze dell’amico Benigno Zaccagnini lo indussero a impegnarsi in politica in prima persona e a candidarsi alle elezioni comunali del 1946. Già da tempo, però, aveva riscosso stima e rispetto anche da quanti erano di partiti diversi dal suo.
La sera del 5 ottobre 1946, mentre si recava in bicicletta a tenere l’ultimo comizio, Alberto fu investito da un camion militare: il gancio del rimorchio lo colpì alla testa. Fu portato in ospedale, ma morì dopo due ore di agonia, tra le braccia di sua madre; aveva ventotto anni.

La sua fama di santità
Il suo funerale si svolse nel compianto di tutta Rimini. I suoi resti mortali, inizialmente sepolti nel cimitero cittadino, furono traslati il 5 ottobre 1974 alla chiesa di Sant’Agostino a Rimini, più centrale rispetto alla parrocchia che frequentava. La sua fama di santità, nel frattempo, non venne meno: il Papa san Giovanni Paolo II, il 29 agosto 1982, lo presentò come modello da seguire per la gioventù cattolica, durante la terza edizione del Meeting per l’Amicizia tra i Popoli.

La beatificazione
Proclamato Venerabile il 22 marzo 1986, è stato beatificato il 5 settembre 2004, nella spianata di Montorso a Loreto, insieme a Giuseppina Suriano e don Pedro Tarrés Claret.
In quella occasione papa Giovanni Paolo II ha detto di lui: «Nel difficile periodo della seconda guerra mondiale, che seminava morte e moltiplicava violenze e sofferenze atroci, il beato Alberto alimentava una intensa vita spirituale, da cui scaturiva quell’amore per Gesù che lo portava a dimenticare costantemente se stesso per caricarsi della croce dei poveri».
La sua memoria liturgica è il 5 ottobre, giorno della sua nascita al Cielo.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2019-12-13

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