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San Secondo di Amelia Martire

1 giugno

m. 303/305


I padri Bollandisti pubblicarono al 1 giugno degli Acta Sanctorum una Passio di San Secondo inviata loro dalla città di Pergola. Qui le reliquie del santo erano giunte da Gubbio nel 1285. Ma almeno una terza città, Amelia, che però in questi Acta non compare mai, annovera tra i suoi patroni il medesimo martire.
Dal testo di una Passio di origine farfense, apprendiamo che Secondo era un soldato ed apparteneva alla famiglia dell’imperatore Aureliano (214-277).
Durante la persecuzione di Diocleziano e Massimiano (303-305) il proconsole Dionisio lo fece prelevare da Amelia, portare al suo cospetto presso il tribunale di Spoleto ma, non essendo riuscito a convincerlo ad abiurare la fede cristiana, lo fece ripetutamente torturare. Mentre veniva sottoposto ai supplizi, Secondo implorò da Dio un segno che facesse convertire i suoi persecutori; a questo punto un violento terremoto abbatté il grandioso tempio di Ercole eretto proprio in onore dell’imperatore Massimiano Erculio.
Dionisio, infuriato, ordinò allora di riportarlo ad Amelia ed affogarlo nel Tevere, che scorreva a pochi chilometri dalla città. Eseguita la sentenza, i soldati presero la via del ritorno ma un orso sbarrò loro la strada, ne uccise alcuni, mentre gli altri, terrorizzati dalla fine dei propri compagni, corsero dal sacerdote Eutizio chiedendo perdono dell’atto compiuto e facendosi poi battezzare da lui. Intanto, il corpo di Secondo, riemerso miracolosamente dal fiume, venne recuperato e sepolto da una matrona di nome Eudossia in un suo terreno appena fuori le mura di Amelia dove poi sorse la chiesa a lui dedicata.
La versione eugubina della Passio parla invece di Gubbio come residenza di Secondo, di Gubbio è anche Eudossia, e fuori della città di Gubbio ella lo fa seppellire.
Non è difficile capire come le due versioni dipendano una dall’altra, forse con una precedenza temporale per quella amerina. Va fatto anche notare come la Passio di Secondo sia sovrapponibile a quella di Valentino ed Ilario, martiri di Viterbo, venerati il 3 novembre, il cui culto è stato diffuso proprio dai monaci di Farfa, monaci benedettini che, quasi certamente, portarono tale culto anche sull’isola Polvese, sul lago Trasimeno, dove eressero una loro chiesa in onore del medesimo santo.
Un’ultima annotazione sull’affinità delle vicende del Secondo amerino con i santi Secondo di Salussola (Biella) e di Pinerolo (Torino): anche questi erano dei militari, appartenenti alla leggendaria “Legione Tebea”; così, pure il culto di San Secondo di Salussola venne diffuso da monaci benedettini, della Novalesa. A questo punto forse non è da escludere una sovrapposizione e una diffusione di culti del medesimo martire in almeno alcune delle città in cui è venerato.


Autore:
Emilio Lucci, archivista diocesano di Amelia

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Aggiunto/modificato il 2015-12-16

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