Flavia Neapolis (attuale Nablus, Palestina), inizio II secolo - Roma, ca. 164
La sua famiglia è di probabile origine latina e vive a Flavia Neapolis, in Samaria. Nato nel paganesimo, Giustino studia a fondo i filosofi greci, e soprattutto Platone. Poi viene attratto dai Profeti di Israele, e per questa via arriva a farsi cristiano, ricevendo il battesimo verso l'anno 130, a Efeso. Ma questo non significa una rottura con il suo passato di studioso dell'ellenismo. Negli anni 131-132 lo troviamo a Roma, annunciatore del Vangelo agli studiosi pagani. Al tempo stesso, Giustino si batte contro i pregiudizi che l'ignoranza alimenta contro i cristiani. Famoso il suo «Dialogo con Trifone». Predicatore e studioso itinerante, Giustino soggiorna in varie città dell'Impero; ma è ancora a Roma che si conclude la sua vita. Qui alcuni cristiani sono stati messi a morte come "atei" (cioè nemici dello Stato e dei suoi culti). Scrive una seconda Apologia, indirizzata al Senato romano, e si scaglia contro il filosofo Crescente. Ma questo sta con il potere, e Giustino finisce in carcere, anche lui come "ateo", per essere decapitato con altri sei compagni di fede, al tempo dell'imperatore Marco Aurelio.
Martirologio Romano: Memoria di san Giustino, martire, che, filosofo, seguì rettamente la vera Sapienza conosciuta nella verità di Cristo: la professò con la sua condotta di vita e quanto professato fece oggetto di insegnamento, lo difese nei suoi scritti e testimoniò con la morte avvenuta a Roma sotto l’imperatore Marco Aurelio Antonino. Infatti, dopo aver presentato all’imperatore la sua Apologia in difesa della religione cristiana, fu consegnato al prefetto Rustico e, dichiaratosi cristiano, fu condannato a morte.
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Arrivare a conoscere Dio a tu per tu. Ci arriverà ma partendo da lontano, da pagano, questo uomo dalla mente acuta e dall’anima ancora più affilata. Nella Samaria del primo secolo dopo Cristo, Giustino cresce nutrendosi di filosofia. I maestri del pensiero greco sono la luce che indirizza la sua ricerca verso quell’Essere infinito la cui conoscenza lo seduce e che, se potesse, vorrebbe afferrare e spiegare con la forza della razionalità.
Deluso dalle filosofie
Perché la “visione di Dio” è, per Giustino, il fine della filosofia. Ma quale corrente più delle altre è in grado almeno di avvicinarla? Il samaritano di Flavia Neapolis, sua città natale, bussa alla porta di stoici, peripatetici, pitagorici. Nessuno sa offrirgli quello zenit così ambito. Il cuore di Giustino si riscalda un po’ quando conosce un pensatore platonico. “Le conoscenze delle realtà incorporee e la contemplazione delle Idee eccitava la mia mente...”, scriverà, decidendo di proseguire questa ricerca via dalla folla delle città.
Puoi parlare di Dio se Lo conosci
Nel luogo appartato che si è scelto – descritto nel suo “Dialogo con Trifone” – incontra un anziano, col quale discute sull’idea di Dio. Lo sforzo di approdare alla definizione perfetta si infrange però sullo scoglio di una considerazione: se un filosofo, osserva l’anziano, non ha mai visto né udito Dio, come può elaborare da solo un pensiero su di Lui? Il dialogo si sposta allora sui Profeti: loro nei secoli avevano parlato di Dio e profetizzato in suo nome sulla venuta del Figlio nel mondo. È la svolta. Giustino si converte al cristianesimo e verso il 130, a Efeso, riceve il Battesimo.
Il genio a servizio del Vangelo
Qualche tempo dopo Giustino è a Roma dove apre una scuola filosofica e diventa un instancabile annunciatore di Cristo agli studiosi pagani. Scrive e parla del Dio che ha finalmente conosciuto utilizzando le categorie e il linguaggio dei filosofi. Soprattutto usa l’ingegno e la destrezza dialettica in difesa dei cristiani perseguitati, come dimostrano le sue due Apologie. Giustino attacca soprattutto i calunniatori di mestiere, ma l’urto in pubblico col filosofo Crescente – rabbioso anticristiano appoggiato dal potere – gli è fatale. Giustino viene incarcerato, ironia della sorte, come “ateo”, cioè un sovversivo, un nemico dello Stato. Viene decapitato con altri sei compagni intorno al 165, sotto Marco Aurelio.
Indimenticato da duemila anni
La fama del missionario-filosofo – cui si deve la più antica descrizione della liturgia eucaristica – si fissa per sempre. Perfino il Vaticano II richiama il suo insegnamento in due pilastri conciliari: la “Lumen gentium” e la “Gaudium et spes”. Per Giustino, il cristianesimo è la manifestazione storica e personale del Logos nella sua totalità. Per questo dirà: “Tutto ciò che di bello è stato espresso da chiunque, appartiene a noi cristiani”.
(Vatican News)
La sua famiglia è di probabile origine latina (il padre si chiama Prisco) e vive a Flavia Neapolis, città fondata in Samaria dai Romani dopo avere schiacciato l’insurrezione nazionale ebraica e aver distrutto il Tempio di Gerusalemme. Nato nel paganesimo, Giustino studia a fondo i filosofi greci, e soprattutto Platone. Poi viene attratto dai Profeti di Israele, e per questa via arriva a farsi cristiano, ricevendo il battesimo verso l’anno 130, a Efeso.
Ma questo non significa una rottura con il suo passato di studioso dell’ellenismo. Anzi: egli sente di avere raggiunto un traguardo, trovando in Cristo la verità che i pensatori greci gli hanno insegnato a ricercare.
Negli anni 131-132 lo troviamo a Roma, annunciatore del Vangelo agli studiosi pagani; un missionario-filosofo, che parla e scrive. Nella prima delle sue due Apologie, egli onora la sapienza antica, collocandola nel piano divino di salvezza che si realizza in Cristo. È l’uomo, insomma, dei primi passi nel dialogo con la cultura greco-romana.
Al tempo stesso, Giustino si batte contro i pregiudizi che l’ignoranza alimenta contro i cristiani, esalta il vigore della loro fede anche nella persecuzione, la loro mitezza e l’amore per il prossimo. Vuole sradicare quella taccia di “nemici dello Stato”, che giustifica avversioni e paure. Il successivo Dialogo con Trifone ha invece la forma letteraria di una sua disputa a Efeso con un rabbino, nel quale Giustino illustra come Gesù ha dato adempimento in vita e in morte alla Legge e agli annunci dei Profeti.
Predicatore e studioso itinerante, Giustino soggiorna in varie città dell’Impero; ma è ancora a Roma che si conclude la sua vita. Qui alcuni cristiani sono stati messi a morte come “atei” (cioè sovversivi, nemici dello Stato e dei suoi culti). Allora lui scrive una seconda Apologia, indirizzata al Senato romano, e si scaglia contro un accanito denunciatore, il filosofo Crescente: sappiano i senatori che costui è un calunniatore, già ampiamente svergognato come tale da lui, Giustino, in pubblici contraddittori. Ma Crescente sta con il potere, e Giustino finisce in carcere, anche lui come “ateo”, per essere decapitato con altri sei compagni di fede, al tempo dell’imperatore Marco Aurelio. Lo attestano gli "Acta Sancti Iustini et sociorum", il cui valore storico è riconosciuto unanimemente. Non ci è noto il luogo della sua sepoltura.
Anche la maggior parte dei suoi scritti è andata perduta. Eppure la sua voce ha continuato a parlare. Nel Concilio Vaticano I i vescovi vollero che egli fosse ricordato ogni anno dalla Chiesa universale. E il Concilio Vaticano II ha richiamato il suo insegnamento in due dei suoi testi fondamentali: la costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, e la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et spes.
Autore: Domenico Agasso
Fonte:
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Aggiunto/modificato il 2001-05-21