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San Nicola da Tolentino Sacerdote

10 settembre

Castel Sant’Angelo (ora Sant’Angelo in Pontano, Macerata), 1245 - Tolentino, Macerata, 10 settembre 1305

Nacque nel 1245 a Castel Sant'Angelo in Pontano nella diocesi di Fermo. A 14 anni entrò fra gli eremitani di sant'Agostino di Castel Sant'Angelo come oblato, cioè ancora senza obblighi e voti. Più tardi entrò nell'ordine e nel 1274 venne ordinato sacerdote a Cingoli. La comunità agostiniana di Tolentino diventò la sua «casa madre» e suo campo di lavoro il territorio marchigiano con i vari conventi dell'Ordine, che lo accoglievano nell'itinerario di predicatore. Dedicava buona parte della sua giornata a lunghe preghiere e digiuni. Un asceta che diffondeva sorriso, un penitente che metteva allegria. Lo sentivano predicare, lo ascoltavano in confessione o negli incontri occasionali, ed era sempre così: veniva da otto-dieci ore di preghiera, dal digiuno a pane e acqua, ma aveva parole che spargevano sorriso. Molti venivano da lontano a confessargli ogni sorta di misfatti, e andavano via arricchiti dalla sua fiducia gioiosa. Sempre accompagnato da voci di miracoli, nel 1275 si stabilì a Tolentino dove resterà fino alla morte il 10 settembre 1305.

Etimologia: Nicola = vincidore del popolo, dal greco

Emblema: Cesto di pane, Pane, Stella

Martirologio Romano: A Tolentino nelle Marche, san Nicola, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, che, dedito a una severa astinenza e assiduo nella preghiera, fu severo con se stesso, ma clemente con gli altri, e spesso imponeva a sé le penitenze altrui.

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  Per il patronato della maternità, accanto alla Madre della Madonna, può ben figurare quel benevolo intercessore che è San Nicola da Tolentino.

  È pur vero che il ventaglio di ausilio miracoloso attribuito a San Nicola dalla vastissima ancor oggi devozione popolare è molto ampio: dalle malattie alle ingiustizie, dalla tirannia ai danni patrimoniali, dagli incendi alla liberazione delle anime purganti. Ma l’intercessione nella maternità, specialmente se in età avanzata, ha una propria ragione particolare.

  Si era a metà del XIII secolo ed i coniugi Compagnone dei Guarinti e Amata dei Gaidani stavano invecchiando ed erano sull’orlo della disperazione per mancanza di prole. Abitavano a Castel Sant’Angelo, oggi Sant’Angelo in Pontano nella provincia di Macerata; vivevano in buone condizioni economiche, per cui un figlio poteva anche significare il passaggio delle eredità materiali. In quei tempi il mancato arrivo di un bimbo veniva sempre imputato alla donna, cosicché la lacuna stava nella impossibile maternità e non tanto in disfunzioni legate alla paternità. In tale ottica venivano ricercati i rimedi più o meno efficaci e magari anche qualche intervento del sortilegio.

  Da cristiana credente la coppia di Castel Sant’Angelo ricorreva con sempre maggiore frequenza alla preghiera. Ad un certo momento si ricordarono del santo dei doni per eccellenza: con preghiere e lacrime supplicarono in effetti a lungo San Nicola di Bari. E nel 1245 nacque il tanto desiderato figlio che, per gratitudine, venne battezzato con quel nome. L’infanzia e la fanciullezza furono tranquilli, manifestando egli tuttavia una naturale inclinazione alla preghiera ed a una rigorosa osservanza dei propri doveri.

  Così strutturato, Nicola avvicinò perciò gli agostiniani della città natale a dodici anni e fu novizio nel 1260. Compì poi gli studi necessari per il sacerdozio, ottenendo l’ordinazione a Cingoli, sempre non lontano da Macerata, nel 1269. Svolse in varie località l’apostolato affidatogli, finché nel 1275 si ritirò, forse per ragioni di salute, nell’eremo agostiniano di Tolentino. Qui mori trent’anni più tardi il 10 settembre 1305, dopo avere svolto l’apostolato del confessionale e dell’assistenza ai poveri ed avere vissuto in umiltà e penitenza.

  In seguito alla definitiva canonizzazione nel 1446 il suo culto si diffuse in tutta Italia, in molti altri Paesi d’Europa e poi nelle Americhe, in parte anche per il graduale affermarsi dell’Ordine agostiniano. Già però Tolentino gli aveva costruito una basilica, ancora attualmente meta di pellegrinaggi e ricca di opere d’arte. I suoi resti mortali sono in gran parte custoditi nella cripta, tranne le “Sante Braccia” staccatesi e sanguinanti quarant’anni dopo la morte del santo. La Chiesa ricorda liturgicamente San Nicola da Tolentino il 10 settembre, il suo dies natalis.

Autore: Mario Benatti
 


 

Due sposi marchigiani si amano ed essendo benestanti hanno tutto per essere felici. Eppure manca loro qualcosa di prezioso: la gioia di un figlio. La coppia è religiosa e così, seppure anziana, con fede sincera comincia a pregare San Nicola di Bari, nella speranza di essere esaudita. Ebbene, nel 1245, a Sant’Angelo in Pontano (Macerata), alla coppia nasce un bel maschietto che viene chiamato Nicola, come gesto di ringraziamento. Il bambino è brillante negli studi e sente la vocazione alla vita religiosa. I genitori, contenti, lo fanno entrare in convento. Nicola viene ordinato sacerdote dell’Ordine di Sant’Agostino. Dopo aver predicato e aiutato i poveri viaggiando in vari luoghi delle Marche, si ferma a Tolentino, vicino a Macerata.
Nicola conduce una vita di rinunce: mangia solo verdura, indossa sempre lo stesso saio che rammenda a più non posso, prega anche otto ore di seguito. Dovrebbe essere stanco e triste per questo stile di vita così severo. Invece per tutti non ha che gioiosi sorrisi, parole buone, aiuto morale e materiale. Il monaco non si limita a donare il pane a chi non ha nulla da mangiare, dona tutto se stesso. Grazie a lui le coppie litigiose fanno pace, i bambini festosi lo seguono. Con la preghiera Nicola guarisce le malattie del cuore e del fisico. Egli sente cantare gli angioletti, ha visioni della Madonna e di Gesù.
Un giorno, mentre è a letto gravemente ammalato, gli appare la Madre Celeste col Bambino e gli dice che sarebbe guarito se avesse mangiato del pane donatogli in elemosina, ammollato nell’acqua. Il monaco mangia un pezzo di pane che gli regala una donna e guarisce. Da quel momento lui stesso dona il pane da lui benedetto agli ammalati che visita. Si narra di tanti suoi miracoli: con le sue preghiere fa sgorgare l’acqua e una donna cieca riacquista la vista. Nicola viene rimproverato dai superiori di regalare troppo pane ai mendicanti. Quando un giorno, all’uscita del convento, gli chiedono che cosa nascondesse, dalle maniche del saio invece del pane da regalare ai poveri affamati, escono profumati petali di rose. E a chi lo ringrazia umilmente risponde: «Non sono io, è il buon Dio, io non sono che un povero peccatore». Muore a Tolentino nel 1305. Il suo corpo riposa in questa città, nella basilica a lui intitolata, meta di pellegrinaggio. Tanti i miracoli avvenuti dopo la sua morte: un incendio domato, una tempesta placata, una peste esaurita. È protettore dei bambini, delle difficoltà dell’infanzia e della maternità soprattutto in età avanzata.


Autore:
Mariella Lentini


Fonte:
Mariella Lentini, Santi compagni guida per tutti i giorni

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Aggiunto/modificato il 2023-08-20

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