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San Paolo di Tebe Primo eremita

10 gennaio

Egitto, III-IV sec.

Primo degli eremiti cristiani, di Paolo si sa pochissimo. Vissuto in Egitto tra il III e il IV secolo, nobile, fugge nel deserto per scampare alle persecuzioni di Decio. Secondo la tradizione c’è una sua cella in un santuario di fronte al Sinai. Muore vecchissimo dopo 60 anni di vita solitaria.

Etimologia: Paolo = piccolo di statura, dal latino

Emblema: Corvo

Martirologio Romano: Nella Tebaide, in Egitto, san Paolo, eremita, cultore della vita monastica fin dai suoi inizi.


Vive fino a 113 anni tutto solo, in mezzo al deserto: è la volontà di Dio poiché questo santo sopravvive per lungo tempo grazie a un corvo che, tutti i giorni, gli porta un pezzo di pane per sfamarsi. Questa è la storia di Paolo, nato nel 228 a Tebe (Egitto), il primo eremita cristiano. La sua famiglia è benestante: il piccolo Paolo conduce una vita agiata e può permettersi di studiare. Alla morte dei genitori Paolo ha solo ventidue anni. Eredita grandi ricchezze che deve dividere con sua sorella. Purtroppo suo cognato, avido e malvagio, per impossessarsi della sua parte di eredità, lo denuncia alle autorità come cristiano (a quell’epoca i credenti come lui venivano perseguitati). Paolo scappa, si rifugia in un luogo deserto dove trova una grotta scavata nella roccia. Vicino scorre un piccolo ruscello e riesce a togliersi la sete. Una palma gli permette di cibarsi dei suoi frutti e tutti i giorni, in maniera prodigiosa, un corvo gli porta un tozzo di pane. Grazie a questo volatile tutto nero Paolo sopravvive. Nel frattempo Paolo scopre di avere molta fede in Dio e sente che quella è la vita scelta per lui dal Cielo. Decide, così, di condurre la sua esistenza isolato dal resto del mondo per percorrere il suo cammino verso il Signore e la pace interiore, pregando e meditando. Si fa crescere una lunga barba che, con il tempo, diventa completamente bianca e non si sposta mai dalla sua grotta. Nel 341, Sant’Antonio abate, novantenne, anche lui eremita in un’altra grotta e a capo dei monaci eremiti (chiamati “Padri del deserto”), un giorno lo va a trovare. Mentre Sant’Antonio percorre la via che lo riporta sui suoi passi, avverte il forte desiderio di ritornare da Paolo che è diventato molto anziano ed ha compiuto 113 anni. Arrivato di nuovo presso la grotta di Paolo, Antonio lo trova riverso per terra privo di vita. Sant’Antonio dà sepoltura all’amico in una fossa scavata, secondo la leggenda, da due leoni. Attualmente vicino alla grotta dove visse Paolo, nel deserto orientale egiziano, esiste un monastero di eremiti che conducono l’esistenza come San Paolo, da soli e pregando, per stare più vicini a Dio.

Autore: Mariella Lentini

 


 

Incomincia e finisce da solo. Non fa neppure un discepolo. Nemmeno ci pensa. Sarà considerato il primo degli eremiti cristiani, forse, ma non gli importa che ce ne sia un secondo. Avvolto nel mistero e affascinante, questo Paolo: non ha lasciato scritti o parole memorabili, morendo all’insaputa di tutti in un posto sconosciuto a moltissimi. E poi accade che, a otto secoli circa dalla sua morte, nasca una comunità religiosa col nome di “Ordine di San Paolo Primo Eremita” o “Eremiti di San Paolo”: una comunità che, allo spirare del XX secolo, sarà ancora viva e conosciutissima, avendo la sua casa generalizia in Polonia, presso il santuario mariano di Czestochowa, a contatto con milioni di pellegrini.
Però è da vedere se questo Paolo corra dalla città al deserto già con quell’idea di vivere in solitudine e preghiera fino alla morte. Sappiamo che è di famiglia egiziana nobile, già cristiano. E che fugge verso il deserto inizialmente per salvare insieme la fede e la vita. E’ cominciata infatti la persecuzione ordinata dall’imperatore Decio a metà del III secolo, nel tentativo di ridare unità al mondo romano attorno alle antiche divinità pagane. Una persecuzione breve, ma dura e capillare, perché si chiede a ognuno di partecipare personalmente a riti pagani, come segno di lealtà allo Stato. Chi accetta può vivere tranquillo, ricevendo una sorta di certificato di buona condotta. E molti cristiani difatti accettano, in modo più o meno convinto, per salvare la vita. Paolo non rende omaggio agli dèi; si salva con la fuga.
Presto l’imperatore Decio muore combattendo in Tracia contro i Goti (anno 251) e la persecuzione cessa. Ma Paolo non ritorna. Non lo si vede più: il deserto e la solitudine lo hanno conquistato. Lo appagano, lo fanno sentire realizzato e mai più bisognoso di tornare indietro verso la città, la famiglia, i beni. Un luogo montagnoso con nascondigli propizi; una fontana, e quindi degli alberi, dei frutti: questo diventa per lui il migliore dei mondi. Ci resterà per sessant’anni, morendo vecchissimo. San Gerolamo (ca. 347-420) scriverà su di lui un libro ricco di avventure entusiasmanti, ma sprovvisto di notizie certe.
Un santo bizzarro: senza data sicura della morte, senza che una sola parola sua ci sia pervenuta. C’è in Egitto un monastero, di fronte al Sinai (eretto forse nel VI secolo da Giustiniano), che, secondo la tradizione, conserva la sua cella. Niente altro abbiamo che ci colleghi materialmente a quest’uomo del silenzio. Tuttavia la Chiesa ne conserva il ricordo, con questa aureola di isolamento radicale. Sappiamo che Antonio abate, maestro di monaci, andò a visitarlo da vecchio. E che, tornando dopo alcuni anni, non l’ha più trovato vivo. Anche all’incontro con la morte Paolo l’egiziano è andato da solo. Nessuno ha saputo quando e come.


Autore:
Domenico Agasso


Fonte:
Famiglia Cristiana

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Aggiunto/modificato il 2022-12-14

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