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Sant' Agata Lin Zhao Vergine e martire

28 gennaio

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Ma-Trang, Cina, 1917 – Maokou, Cina, 28 gennaio 1858

Nacque nel 1817, mentre il padre era in carcere per la fede cristiana. Si diede durante la giovinezza allo studio della religione cristiana per essere una valente catechista. Fu diretta spiritualmente per un certo tempo da padre AugusteChapdelainedelle Missioni Estere di Parigi. Insegnò il catechismo nel villaggio di Tapatien fino a quando il vicario apostolico Albrand allargò il suo campo di apostolato, conferendole lo stesso incarico per varie altre località. Agata condusse alla conversione molte persone. Subì il martirio per decapitazione insieme ai catechisti Girolamo Lu Tingmei e Lorenzo Wang Bing, il 28 gennaio 1858. È stata beatificata, come i suoi compagni di martirio, il 2 maggio 1909 e, inserita nel gruppo dei 120 Martiri Cinesi (di cui fa parte anche il già menzionato padre Chapdelaine), canonizzata il 1° ottobre 2000.

Martirologio Romano: Nella città di Maokou nella provincia del Guizhou in Cina, santi martiri Agata Lin Zhao, vergine, Girolamo Lu Tingmei e Lorenzo Wang Bing: catechisti, furono denunciati come cristiani sotto l’imperatore Wenzongxian e infine decapitati.


Lin Zhao nacque nel 1817 a Ma-Trang, nella provincia di Guizhou, poco dopo che suo padre venne arrestato perché cattolico. Venne battezzata col nome di Agata tre anni dopo, alla sua liberazione.
Da bambina imparò a leggere e scrivere, cosa rara per l’epoca. Non era solo bella d’aspetto, ma anche molto intelligente: queste qualità fecero in modo che venisse promessa in sposa alla famiglia Li. Tuttavia, a diciott’anni, fece voto privato di verginità e, non appena venne a sapere della promessa, supplicò i suoi genitori di annullare il matrimonio. Anche se la cancellazione delle nozze avrebbe danneggiato la reputazione della sua famiglia nel circondario, le venne concessa.
In quello stesso anno, il padre francescano Matteo Liu le suggerì di entrare alla scuola femminile di Guiyang, per migliorare la sua istruzione.
Appena due anni dopo, dovette tornare a casa: a causa di una nuova persecuzione, suo padre era stato nuovamente arrestato e torturato. La famiglia, inoltre, venne derubata di tutti i propri beni e terreni. Quando l’uomo venne liberato, era così ammalato da non poter più lavorare, così Agata e sua madre dovettero guadagnarsi da vivere in prima persona. Padre Liu, però, venne a trovarla: l’incoraggiò e le suggerì d’insegnare il catechismo ai bambini nel tempo libero.
Dopo la morte del padre, sua madre decise di andare a vivere con un figlio nato dalle sue precedenti nozze, permettendo così ad Agata di seguire la sua vocazione. La giovane, così, divenne la direttrice di un’altra scuola femminile fondata da padre Liu e, a venticinque anni, professò formalmente il voto di verginità. Un anno dopo monsignor Albrand, il nuovo Amministratore Apostolico della diocesi di Guizhou, la incaricò dell’insegnamento alle bambine cristiane a Guiyang. Là visse austeramente, ospitata dall’insegnante Girolamo Lu Tingmei.
Quando lui e l’amico Lorenzo Wang Bing vennero arrestati e interrogati e, successivamente, liberati per avere tempo per riflettere, andarono a trovare Agata, alloggiata presso un certo Lu Ting Chen, per incoraggiarla:
«Vergine Agata, non aver paura», disse Girolamo. «Abbiamo avuto un lungo dialogo sulla fede cattolica con il mandarino. Mi sembra che il mandarino abbia parlato bene, alla fine. Senza dubbio, non abbiamo nulla da temere».
Agata, all’epoca trentanovenne, rispose:
«Preparate le vostre anime. Forse ci sarà il martirio o almeno, molto probabilmente, sarete condotti alla città di Lang-tai-tin per esservi giudicati».
Nel corso del secondo interrogatorio a cui i due catechisti vennero sottoposti, precisamente quando fu il turno di Lorenzo, il magistrato accusò Agata di essere venuta in città per collaborare al presunto complotto che credeva essere in atto da parte dei cristiani.
Poco dopo, fu il turno della vergine, che era stata arrestata forse o durante l’interrogatorio di Girolamo o al termine di esso. Quando i soldati, accompagnati da alcuni pagani, giunsero nella casa di Ting Chen, trovarono la stanza che fungeva da classe vuota, perché i bambini erano scappati. Era rimasta solo Agata, inginocchiata in preghiera, forse perché consapevole dell’arresto imminente. Dopo che ebbe consegnato alla padrona di casa i suoi effetti personali, seguì i soldati.
Gli Annali delle Missioni Estere di Parigi registrano che ella indossava un gilet di pelle sopra una lunga veste di colore blu scuro imbottita di cotone, due altre vesti più corte di cotone e dei calzoni viola. In testa portava un telo bianco, alla maniera del velo delle suore, che le copriva i capelli.
Entrata nel tribunale, piegò le ginocchia davanti al mandarino che fungeva da giudice, che l’interpellò in tono brusco:
«Perché vi mettete così vicino? Allontanatevi. Inginocchiatevi laggiù.
Agata indietreggiò di qualche passo e s’inginocchiò accanto a Lorenzo Wang Bing. Quando il funzionario ebbe finito d’interrogare lui, si rivolse alla vergine.
«Qual è il vostro cognome?».
Rispose a voce alta e comprensibile a tutti:
«Il mio cognome è Lin».
«Il vostro cognome Lin è quello dei vostri genitori, o quello della famiglia dove siete entrata col matrimonio?».
«È il nome dei miei genitori, che l’hanno ricevuto da mia nonna, perché io non mi sono sposata.
«Perché vi siete dispensata dal matrimonio?».
«Io, povera e umile donna, conservo la verginità».
«Voi preservate la verginità! Ahi! Tutti si devono sposare. Rinunciando al matrimonio, distruggete una delle cinque relazioni necessarie fra gli uomini [secondo la tradizione cinese]. Come dunque avete potuto venire a Maokou? Chi vi ha mandata qui? Perché vi siete venuta?».
«Sono venuta per insegnare i libri».
«Quali libri insegnate? […]]».
«In questo paese, le bambine ignorano la nostra lingua e la nostra educazione. Io gliele insegno, affinché esse possano contrarre onesti matrimoni e quindi conversare con facilità con i genitori del loro marito. Inoltre, io insegno loro l’obbedienza. Infine, queste bambine imparano a rendere a ciascuno l’onore che gli è dovuto».
«Il mandarino non credeva a quello che la vergine raccontava: non capiva perché una donna sola, di un’etnia diversa da quella degli abitanti del luogo, si fosse avventurata in un luogo così lontano dal suo villaggio d’origine. Evidentemente, concluse, lei e gli altri due stavano architettando qualcosa di sospetto, sotto il pretesto di fare gli insegnanti. Le chiese dunque:
«Vi pentite di praticare questa religione cattiva?».
La vergine, con tono di voce pacato, rispose:
«Io non mi pento! I signori Lu e Wang sono uomini; io, povera e umile donna, vergine, cosa potrei fare con loro contro la pace pubblica? Il grande uomo [il mandarino] mi ordina di rinunciare alla mia religione: come lo potrei? L’ho ricevuta dai miei antenati. Povera e umile donna, io adoro lo Spirito supremo, Principio sovrano di tutti gli esseri. Non posso rinunciare alla mia religione».
«Siete pazza! Voi non volete ubbidire al prefetto! Quale differenza tra il prefetto e i Chong-kia-tse [l’etnia che abitava a Maokou]: loro vi chiamano e voi venite per insegnare ai giovani e ai vecchi, mentre quando il prefetto vi ordina di rinunciare a questa setta e di tornare alla vostra famiglia, rifiutate di obbedirgli e lo disprezzate! Per questo, immediatamente, vi condanno a morte. Non lo capite?».
E, prendendo il suo pennello per scrivere, il mandarino tracciò la sua sentenza: «La donna chiamata Lin, che predica e pratica la religione del Signore del cielo, sarà punita con la morte». La stessa condanna fu emessa contro Lorenzo e Girolamo, il quale, appena l’ebbe udita, esclamò: «Gesù, salvaci!».
Fin qui il racconto come è descritto dagli Annali delle Missioni Estere di Parigi. Altre fonti affermano che Agata, non sopportando oltre gli insulti del prefetto, gli avesse chiesto: «Essere un tempio della castità significa mancare di rispetto alle autorità?». Subito dopo, gli altri due catechisti si mostrarono d’accordo con lei, causando la comune condanna.
Il 28 gennaio 1858 si consumò il loro martirio, circa verso le nove del mattino. Agata, mentre seguiva le guardie, non era legata, ma camminava di buon passo. Infine, i tre catechisti vennero condotti al terreno di esecuzione, sulla riva sinistra del fiume Ou. Il boia, per cominciare, strappò alla donna il segno della sua consacrazione, poi le legò i piedi, e sebbene chiedesse a coloro i quali la ammanettavano che lo facessero lentamente, non gli diedero retta.
Le crudeltà continuarono: il primo colpo di spada non la decapitò, bensì la colpì sul viso e la gettò al suolo. In seguito, il boia prese un coltello e cominciò a tagliare per staccarle la testa dalle spalle, ma, non si sa se per puro divertimento o per espresso ordine del mandarino, si fermò per toglierle il gilé che aveva addosso. La voce della martire, ancora viva, l’interruppe: «Preferisco che tu mi tagli cento volte con il tuo coltello piuttosto che tu mi tolga i vestiti».
Infuriato, il boia le colpì il collo con quell’arma per sette volte, al fine di staccarle la testa dal collo; ci riuscì al ventesimo colpo. Gli oltraggi non erano terminati: il cadavere di Agata venne oltraggiato proprio nel modo in cui lei non voleva. Di fronte all’evidenza, il mandarino si rese conto di aver sbagliato nell’essersi preso gioco di lei.
Si diffuse la voce che, al momento dell’esecuzione, tre fasci di luce rossa e uno di luce bianca fossero apparsi attorno a loro. Si disse anche che alcuni non cattolici, dopo la loro morte, avessero visto tre globi di luce salire in cielo. Alcuni loro amici, di notte, vennero a seppellirli.
Una curiosa leggenda racconta che un barbiere avesse tagliato le lunghe trecce che Agata portava sotto il velo, prima che lei venisse seppellita. Di notte, l’uomo sentì una voce femminile gridare: «Mi hanno rubato i miei capelli! Ridatemeli!»; subito corse a riportarli al luogo dell’esecuzione. Fatto sta che proprio alcune trecce attribuite alla martire, insieme a dei frammenti di ossa, vennero in possesso della Venerabile Paolina Jaricot, fondatrice dell’Opera della Propagazione della Fede, e oggi sono esposti nella sua casa-museo a Lione. Altre sue reliquie sono state collocate sotto l’altar maggiore della cattedrale di Anlong.
Agata Lin e i suoi compagni di martirio vennero inclusi nel gruppo di 33 martiri dei Vicariati Apostolici di Guizhou, Tonchino Occidentale e Cocincina, il cui decreto sul martirio venne promulgato il 2 agosto 1908. La beatificazione, ad opera di san Pio X, avvenne il 2 maggio 1909. Inseriti nel più ampio gruppo dei 120 martiri cinesi, capeggiati da Agostino Zhao Rong, vennero infine iscritti nell’elenco dei santi il 1 ottobre 2000, da parte del Beato Giovanni Paolo II.
Il ricordo della vergine insegnante è rimasto vivo, soprattutto come protettrice delle vocazioni femminili asiatiche. Ad esempio, l’“Annuaire de l’Eglise catholique en Chine” del 1950 riportava, fra le congregazioni religiose di diritto diocesano del Vicariato Apostolico di Anlong, il nome delle “Suore della Beata Agata Lin”. Quella Congregazione era nata nel 1937, quando ventidue giovani, sotto la supervisione delle Suore Missionarie Canadesi di Nostra Signora degli Angeli, avevano iniziato la scuola per le prime aspiranti. Infine, vale la pena di segnalare che una Casa di noviziato dell’Istituto del Verbo Incarnato, situata a Lipa, nelle Filippine, è intitolata a lei.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2013-01-28

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