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Beato Giovanni da Fiesole (Beato Angelico) Sacerdoe domenicano

18 febbraio

Vicchio di Mugello, Firenze, 1387 - Roma, 18 febbraio 1455

Il beato domenicano Giovanni di Fiesole è meglio conosciuto come Beato Angelico. Nato alla fine del Trecento a Vicchio di Mugello, fu battezzato con il nome di Guido. Assieme al fratello Benedetto, poi, entrò nel convento domenicano di Fiesole. Preghiera, meditazione e studio erano la base per la sua predicazione attraverso l'arte: dipinse a Firenze, in tutta la Toscana, a San Pietro e nei palazzi vaticani per Eugenio IV e Niccolò V. Morì a Roma nel 1455 nel convento di Santa Maria sopra Minerva, dove sono conservate le sue spoglie. Subito dopo la morte divenne noto con il nome di Beato Angelico e le sue “prediche in pittura” sono giunte fino a noi. La qualifica di beato attribuitagli dalla tradizione gli è stata ufficialmente riconosciuta da papa Giovanni Paolo II con motuproprio del 3 ottobre 1982.

Patronato: Artisti (Giovanni Paolo II, 1984)

Martirologio Romano: A Roma, beato Giovanni da Fiesole, detto Angelico, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che, sempre unito a Cristo, espresse nelle sue pitture ciò che contemplava nel suo intimo, in modo tale da elevare le menti degli uomini alle realtà celesti.

Ascolta da RadioVaticana:   
  

“Chi fa cose di Cristo, con Cristo deve star sempre”. Era solito ripeterlo Giovanni da Fiesole, al secolo Guido di Pietro, noto come Beato Angelico. Convinzione del pittore era che ogni azione dovesse essere orientata da Dio. Anche la pittura, dono in cui eccelleva, fu da lui intesa come espressione dell’esperienza contemplativa, strumento di lode e di elevazione delle menti alle realtà celesti. Nato a Vicchio del Mugello in Toscana a fine XIV secolo, fin da giovane mostrò una spiccata predisposizione per il disegno e la miniatura. Insistente si fece nell’animo del giovane quell’anelito al bello, che se in un primo momento lo aveva portato ad assecondare l’innato talento artistico, negli anni si tradusse in una chiara, distinta chiamata alla vocazione religiosa da parte di Dio, colui che è Bellezza.

La pittura come preghiera
Insieme al fratello Benedetto entrò nel convento domenicano di Fiesole: preghiera, studio e austerità affinarono lo spirito e il pennello di Fra’ Giovanni conducendolo a tradurre in immagini cariche di umanità e misticismo il frutto della sua orazione. Crocifissi, Madonne, Annunciazioni vibranti di luce diafana e pale d’altare sono espressione di un’anima che in semplicità evangelica, attraverso un umile, disciplinato lavoro di bottega, seppe vivere con il cuore in cielo. Si narra dipingesse in ginocchio e non iniziasse mai una pittura senza aver prima pregato, commuovendosi quando riproduceva il Cristo in croce.

Sintesi tra Umanesimo e fede
Nell’Angelico, così lo chiamò per la prima volta fra Domenico da Corella nel 1469, non c’è mai antitesi tra umanità e divinità, corpo e spirito, fede e ragione: la dolcezza, la grazia, la beatitudine delle figure nate “di getto” dal suo pennello – Vasari scrive infatti che “avea per costume non ritoccare alcuna dipintura (…) per creder che così fusse la volontà di Dio” –  rivelano un perfetto connubio tra umanesimo e religione. In Beato Angelico si realizza un’intima sintesi tra il rigore prospettico, l’attenzione alla figura umana, già rinascimentali, e la tradizione medievale che aveva tra i suoi postulati la funzione didattica dell’arte e il valore mistico della luce. Testimonianza della purezza dell’arte di Giovanni da Fiesole sono gli affreschi (1438-1445) nel convento di san Marco a Firenze: catechesi per immagini, che, a grandezza naturale, ispirano una profonda immedesimazione nella Passione e Morte di Cristo. La fama di queste pitture ispirò Eugenio IV a chiamare il domenicano a dipingere in Vaticano una cappella nell’antica basilica di san Pietro, poi distrutta. Si narra anche che il successore, Niccolò V non potè trattenere le lacrime, nel 1449, al cospetto degli affreschi con le storie dei santi Lorenzo e Stefano, commissionati al frate nella cappella privata del Palazzo Apostolico.  Ad Orvieto, nel Duomo, con Benozzo Gozzoli, Frà Angelico lascia testimonianza di sé nella volta della Cappella di San Brizio.

Patrono degli artisti
Tra il 1448 e il 1450 diviene priore di san Domenico a Fiesole, un ruolo che svolge con umiltà e spirito di servizio. “Se avesse voluto – ricorda ancora Vasari – avrebbe potuto vivere in modo molto agiato e diventare ricco grazie alla sua arte”, ma rifuggì sempre il potere, la ricchezza e la fama, anche quando rifiutò senza esitazioni da papa Parentucelli la sede episcopale di Firenze. Morì il 18 febbraio 1455 nel convento di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Nell’attigua Basilica si trovano ancora i suoi resti mortali e sono tanti i pellegrini che ogni anno visitano la sua tomba. A concedergli il culto liturgico, riconoscendo ufficialmente la qualifica di “beato”, tramandata nei secoli, è stato il 2 ottobre 1982 San Giovanni Paolo II che due anni dopo lo ha proclamato Patrono Universale degli Artisti.

Fonte: www.vaticannews.va

 


 

Ci sono tanti modi per essere “apostoli”, ovvero per far conoscere Gesù, sua Madre Maria, i santi e il messaggio del Vangelo: l’amore per il prossimo e la natura, la carità, il Bene. Si possono scrivere articoli e libri o scattare fotografie. C’è chi recita, chi danza, chi gira filmati. Un semplice frate, dal carattere mite e dolcissimo, lo fa con i colori e i suoi pennelli. È un vero genio. Le sue opere d’arte incantano chi le ammira, tanto che l’umile frate diventa un celebre pittore e viene chiamato da tutti “Beato Angelico”. Il suo vero nome è Guido.
Nasce a Vicchio di Mugello (Firenze), in Toscana, verso il 1400. La sua famiglia è molto povera. Si sa che fin da ragazzo Guido dipinge e fa parte di un’associazione fiorentina di pittori, la compagnia di San Niccolò. Il suo talento con i colori presto si accompagna alla vocazione per la vita religiosa. Entra nel Convento dei frati domenicani di Fiesole (Firenze) e viene ordinato sacerdote, con il nuovo nome di Fra Giovanni da Fiesole. Qui il “Beato Angelico” dipinge L’Annunciazione ammirata, perfino, dal celebre pittore dell’epoca Michelangelo.
In seguito il frate domenicano si stabilisce presso il Convento di San Marco di Firenze sulle cui pareti, ancora oggi, si possono ammirare i suoi stupendi affreschi. Dipinge soggetti religiosi in tante chiese, cattedrali e conventi e ben presto, per la sua bravura nel promuovere l’arte sacra, arriva il successo che, però, non lo rende superbo. Egli rimane umile e ubbidiente ai superiori. I santi, la Madonna, gli angeli e i presepi da lui raffigurati, dopo aver ogni volta prima pregato, sono l’espressione profonda di quello che il frate sente nel suo intimo, un modo di predicare la cui voce risuona ancora oggi, a distanza di secoli, per mostrare il suo amore per Gesù.
Il papa stesso, Eugenio IV, lo invita a Roma e gli commissiona prestigiosi affreschi per i Palazzi Vaticani e la Basilica di San Pietro. Tra le tante sue opere famosa è L’Incoronazione della Vergine esposta nel prestigioso Museo del Louvre, a Parigi. Muore a Roma, nel 1455, nel Convento di Santa Maria sopra Minerva, dove è tuttora sepolto. Proclamato patrono dei pittori e degli artisti e protettore dei quadri, una leggenda racconta che alla morte dell’umile fraticello, sulla guancia di ogni angelo da lui dipinto sia scesa una lacrima.


Autore:
Mariella Lentini


Fonte:
Mariella Lentini, Santi compagni guida per tutti i giorni

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Aggiunto/modificato il 2023-01-21

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