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Sant' Alberto di Montecorvino Vescovo

5 aprile

† Montecorvino, 5 aprile 1127

La sua Vita fu scritta dal vescovo Riccardo, e riscritta da Alessandro Gerardini, che fu vescovo di Montecorvino nel 1496-1515. La sua famiglia si trasferì a Montecorvino, appena fondata, quando Alberto aveva cinque anni. Egli trascorse la gioventù, oltre che nello studio delle lettere. Alla morte del vescovo Beato, il popolo e il conte Landolfo lo nominarono loro pastore. La fama della sua santità e dei suoi miracoli fece venire a lui, per confessarsi insieme col popolo, i grandi della terra e perfino il duca di Puglia, Guglielmo. Essendo rimasto cieco, gli fu dato come coadiutore il sacerdote Crescenzio, il quale fece di tutto per abbreviargli la vita e averne, così, la successione. Morì il 5 aprile 1127. Tra i miracoli operati in vita, convertì l'acqua in vino, e dopo la morte, sanò un paralitico e liberò un energumeno.

Etimologia: Alberto = di illustre nobiltà, dal tedesco

Martirologio Romano: A Montecorvino in Puglia, sant’Alberto, vescovo, che dedicò la sua vita alla preghiera continua a Dio e al bene di tutti i poveri.


La figura di Sant'Alberto di Montecorvino, vescovo vissuto tra l'XI e il XII secolo, emerge dalle pagine della storia come un esempio di santità dedita alla preghiera, alla cura del prossimo e al servizio della Chiesa. La sua vita, ricca di opere di carità e miracoli, ci è narrata in due agiografie: la prima, redatta dal vescovo Riccardo poco dopo la sua morte, e la seconda, riscritta in stile più lucido da Alessandro Gerardini nel XVI secolo.

Le origini e la giovinezza

Alberto nacque intorno al 1030 da una nobile famiglia normanna. La sua famiglia si trasferì a Montecorvino, città di recente fondazione, quando egli aveva solo cinque anni. La sua giovinezza fu segnata da una profonda devozione religiosa e da un impegno costante nello studio delle lettere. Trascorreva gran parte del tempo in digiuno, nella cura degli ornamenti sacri e nella preghiera incessante.

L'opera pastorale
Alla morte del vescovo Beato, il popolo e il conte Landolfo acclamarono Alberto come loro nuovo pastore. La sua prima cura fu quella di trasformare la cattedrale cittadina, che versava in condizioni di precarietà, in un edificio "alto e celebre". La fama della sua santità e dei suoi miracoli attirò a lui fedeli da ogni dove, tra cui i grandi della terra e persino il duca di Puglia, Guglielmo.

Le prove e la santità perseverante
Nel corso del suo episcopato, Alberto dovette affrontare diverse prove, tra cui la cecità che lo colpì negli ultimi anni di vita. Per aiutarlo nel governo della diocesi, gli fu affiancato il sacerdote Crescenzio, uomo di potere e fama non certo irreprensibile, che tramando contro di lui sperava di usurparne il posto. Tuttavia, Alberto perseverò nella sua santità, offrendo un esempio di umiltà e di perdono.

La morte e la venerazione

Sant'Alberto di Montecorvino morì il 5 aprile 1127, lasciando un segno indelebile nella memoria del suo popolo. La sua fama di taumaturgo si consolidò anche dopo la morte, con la fama di miracoli operati a favore di un paralitico e di un indemoniato. La sua memoria liturgica era inizialmente celebrata il giorno anniversario della sua morte, ma nel 1717 fu spostata al lunedì in albis per evitare la coincidenza con le solennità della Settimana Santa.


Autore:
Franco Dieghi

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Aggiunto/modificato il 2024-02-29

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