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San Pompilio Maria Pirrotti Sacerdote scolopio

15 luglio

Montecalvo Irpino, Avellino, 29 settembre 1710 - Campi Salentina, Lecce, 15 luglio 1766

Nato a Montecalvo, in Campania, il 29 settembre 1710, Domenico Pirotti - figlio di un noto avvocato beneventano - mutò nome in Pompilio Maria, entrando, diciottenne, nell'ordine degli Scolopi. Da Napoli fu inviato a Chieti per continuare gli studi di filosofia, ma ammalatosi e nella speranza che il cambio di clima avesse potuto giovargli, fu trasferito a Melfi (Potenza) dove proseguì con successo gli studi sacri e profani, nel 1733 con la fama di teologo e non ancora sacerdote, andò a Turi (Bari), dando inizio all'insegnamento delle lettere e a quello di educatore della gioventù. Secondo il carisma dei figli di san Giuseppe Calasanzio esercitò l'apostolato nelle Scuole Pie in diverse Regioni d'Italia. La sua attività educativa verso il popolo dava fastidio, perciò venne calunniato ed espulso dal Regno di Napoli. Ritornò comunque in città, dove era amatissimo soprattutto dai bisognosi. Instancabile predicatore e uomo di carità, nutriva una fervente devozione mariana. Morì nel 1766 ed è santo dal 1934.

Etimologia: Pompilio (come Pompeo e Pomponio) = (forse) quinto figlio, dal latino antico, o

Martirologio Romano: A Campi Salentina in Puglia, san Pompilio Maria Pirrotti, sacerdote dell’Ordine dei Chierici regolari delle Scuole Pie, insigne per austerità di vita.


Uno dei più grandi figli di s. Giuseppe Calasanzio (1558-1648), fondatore dei padri Scolopi nel 1617, che sono i membri della Congregazione della Madre di Dio delle Scuole Pie, da cui prendono il nome, dediti all’educazione dei fanciulli poveri.
Domenico Pirrotti, questo il suo nome di battesimo, nacque a Montecalvo Irpino (AV) il 29 settembre 1710, sesto degli undici figli di Girolamo Pirrotti e di donna Orsola Bozzuti; il padre era dottore in legge e la condizione della famiglia era di ceto nobile; ancora oggi sul portone d’ingresso dell’antico palazzo nobiliare, accanto allo scudo di famiglia, si legge: “Virtus et honor in domo Pirrotti semper”.
Giunto ai 16 anni Domenico, vincendo le resistenze dei genitori, che cullavano per lui sogni di carriera sociale, e dopo tante lagrime e preghiere rivolte al Signore, per essere illuminato nella sua scelta e dopo essersi consigliato con il suo confessore, fuggì dalla casa paterna e andò a Benevento, dal superiore del Collegio degli Scolopi di quella città, per essere ammesso in prova per divenire loro religioso.
Al padre scrisse poi una commovente lettera per spiegargli la sua risoluzione, attuata solo per adempiere alla chiamata di Dio, che sentiva in sé e quindi gli chiedeva di perdonarlo e impartirgli la sua benedizione.
Il 2 febbraio 1727 vestì l’abito religioso degli Scolopi, nel Noviziato di S. Maria di Caravaggio in Napoli e alla fine del primo anno di noviziato, ottenuta la dispensa del secondo anno di prova, il 25 marzo 1728 fece la professione solenne con i voti di povertà, castità, obbedienza e quello di istruire la gioventù secondo la Regola dell’Ordine, nel contempo cambiò il nome in Pompilio Maria.
Da Napoli fu poi inviato a Chieti per continuare gli studi di filosofia, ma ammalatosi e nella speranza che il cambio di clima avesse potuto giovargli, fu trasferito a Melfi (Potenza) dove proseguì con successo gli studi sacri e profani, nel 1733 con la fama di teologo e non ancora sacerdote, andò a Turi (Bari), dando inizio all’insegnamento delle lettere e a quello di educatore della gioventù.
Da lì l’anno successivo sempre come insegnante di lettere, lo troviamo a Francavilla Fontana (Lecce); il 20 marzo 1734 venne ordinato sacerdote dall’arcivescovo di Brindisi, Andrea Maddalena, dopo di ciò avvertì il bisogno di allargare il proprio cuore e il campo del suo apostolato e con l’esplicito permesso dei Superiori prese a predicare e confessare in molte regioni d’Italia.
Dal 1736 e per tre anni fu a Brindisi, da lì nel 1739 passò ad Ortona a Mare e nel 1742 a Lanciano in Abruzzo, tutte zone che furono campo particolare e fecondo del suo lavoro che vide unire l’attività scolastica a quella dell’apostolato, catechizzando le popolazioni dei dintorni, a predicare Quaresime ed esercizi spirituali a studenti e religiosi, fu tale ed abbondante il suo lavoro da meritarsi il titolo di ‘Apostolo degli Abruzzi’.
Per ottenere la conversione dei peccatori e grazie da Dio, si rivolgeva con fervide preghiere alla Madonna, il cui nome di Maria o di “Mamma bella” era la giaculatoria che amava di più, la ripeteva spesso esortando anche gli altri a farlo.
Il Signore gli diede doni straordinari, che avvalorarono la sua opera sacerdotale, nel 1746 quando si trovava a Lanciano, fece suonare a distesa le campane alle due di notte e alla gente accorsa allarmata, disse di mettersi a pregare con fervore la Madonna, per aver salva la vita da un terremoto imminente, infatti Lanciano fu risparmiata dal sisma, mentre altre località abruzzesi, subirono ingenti danni.
Anche nella terribile carestia del 1765, il suo intervento fu determinante per la cittadina di Campi Salentina, dove risiedeva, che riuscì a superarla senza danni, ancora oggi in questa città, ogni anno nel giorno della sua festa, vengono distribuiti cesti di pane benedetto, in ricordo della sua protezione.
I tempi in cui visse ed operò padre Pompilio Maria Pirrotti, erano duri per la vita e la pietà cristiana; filosofie e politiche, favorivano l’affermarsi di un regalismo esoso e anticlericale, mentre le fredde idee giansenistiche allontanavano i fedeli dai sacramenti, in particolare dall’Eucaristia, ironizzando sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù e della Madonna; che invece per padre Pompilio costituivano fin dalla fanciullezza, il fulcro della sua vita e ora della sua infiammata predicazione e della sua saggia direzione spirituale.
Da ciò scaturirono, denunce ed accuse e il suo brusco allontanamento da Lanciano nel 1747, iniziando così quel lungo periodo di sofferenze morali, che durò fino alla sua morte.
Trascorse così undici anni e mezzo a Napoli nella Casa di S. Maria di Caravaggio, dedicandosi nell’attigua ed omonima chiesa, nella centrale Piazza Dante, al culto divino, alle confessioni, alla predicazione, all’assistenza degli ammalati e bisognosi nel popoloso rione allora denominato di fuori Porta Reale. Fondò e diresse spiritualmente una Compagnia chiamata della “Carità di Dio” che aveva come fine, la pratica assidua dei Sacramenti, delle virtù cristiane e nel suffragare le anime dei defunti.
Sostenne e difese la pratica della Comunione frequente e quotidiana, che allora era privilegio di pochi e molto regolamentata. L’altra sua grande devozione, fu quella al Sacro Cuore di Gesù, che pur essendo antichissima nella Chiesa, solo nel XVIII secolo, ebbe un forte impulso e fra i promotori vi fu maggiormente attivo padre Pompilio, autore fra l’altro della celebre “Novena al S. Cuore di Gesù”, che scrisse nel 1765 e che fu diffusa rapidamente in tutto il Regno di Napoli.
Ma questa grande spiritualità, la stima dei Superiori, la venerazione del popolo, che lo considerava un santo, non gli risparmiarono l’accusa da parte di un’associazione di preti, detta dei “Cappelloni” a causa del caratteristico copricapo dalla falde all’insù, di essere troppo indulgente nell’assolvere i penitenti ed eccessivamente mite nell’imporre la penitenza; inoltre di essere un uomo turbolento, inquieto, caparbio.
Queste accuse provocarono la sospensione del confessare e predicare, da parte dell’arcivescovo di Napoli, il card. Sersale, il quale prestò fede alle accuse, senza rifletterci tanto. Anche il re Carlo III, attraverso i suoi tribunali, ne decretò l’espulsione dal Regno di Napoli. Per sei anni il padre scolopio emigrò da una casa all’altra dell’Ordine, da Chieti ad Ancona (tre volte), a Lugo di Romagna, Manfredonia, prima di rimettere piede nel Regno, ma posto come a domicilio coatto e controllato con verbali periodici sulla sua condotta.
Il comportamento di padre Pompilio, in questo susseguirsi convulso di vicende è quello di un santo, non una parola di lamento o di recriminazione, contro i provocatori di tanto sconquasso nella sua fervorosa vita; non esce dalla sua bocca o dalla sua penna, che la dichiarazione di fare la volontà di Dio e di ottenere la grazia di soffrire con gioia; a ciò si aggiungono atroci sofferenze fisiche per malattie sorte da tempo e che avanzano inesorabili..
Si giunge al colmo della sofferenza, quando viene nuovamente denunciato al S. Uffizio e di nuovo sospeso dalle sue funzioni sacerdotali. Nella sua Montecalvo Irpino, fondò in questo peregrinare, una Congregazione di pie persone detta del “Sacro Cuore”. Nel 1765 il 15 aprile inizia il lungo viaggio che da Ancona lo porterà all’estremità della Penisola italiana, a Campi Salentina (Lecce) dove giungerà il 12 luglio, dopo aver attraversato tanti paesi che lo avevano visto apostolo infaticabile ed esule innocente, passa anche a salutare i fedeli di Montecalvo a cui lascia un “Addio in Paradiso!”.
Nell’anno che passò a Campi Salentina, dove nel 1631 s. Giuseppe Calasanzio il fondatore, aveva aperta una scuola per i fanciulli poveri, rinnovò le strutture del Collegio, rianimò la Comunità scossa da alcuni disordini, riorganizzò le scuole vigilando sul loro migliore funzionamento, operò prodigi nella carestia prima citata, intensificò la vita religiosa degli abitanti, che riconobbero nella sua opera, lo stesso spirito che oltre un secolo prima aveva fatto richiedere nel loro paese, la presenza dei Padri Scolopi.
Non è inutile ricordare che l’istruzione era riservata ai ‘giovani signori’, e che nella loro aristocratica famiglia esisteva un ‘precettore’ per tale scopo; mentre ai figli del popolo, pensavano solo i Santi o perlomeno i religiosi degli Ordini sorti per questo scopo.
Dopo aver celebrato la Messa della domenica 13 luglio 1766, si mise nel confessionale come al solito e qui accusò un malessere, per cui fu trasportato nella sua cameretta, morì il 15 luglio a 56 anni, mentre si annunciavano i primi Vespri della Madonna del Carmine, adagiato poveramente su una cassa.
Nel 1835 si aprì a Lecce il processo ordinario sulle virtù di padre Pompilio Maria Pirrotti; fu beatificato da papa Leone XIII il 26 gennaio 1890, mentre venne proclamato santo da papa Pio XI il 19 marzo 1934, insieme a s. Giuseppe Benedetto Cottolengo.
La sua salma è custodita e venerata da tanti fedeli nella chiesa santuario dei Padri Scolopi in Campi Salentina; la sua festa liturgica è al 15 luglio.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2003-07-28

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