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Sant' Aristide Marciano Apologista

31 agosto

Etimologia: Aristide = il migliore (degli uomini), ottimo, dal greco

Martirologio Romano: Ad Atene, sant’Aristide filosofo, che, insigne per fede e sapienza, indirizzò all’imperatore Adriano degli scritti sulla religione cristiana.


Noto dalle notizie tramandate da Eùsebio e da s. Gerolamo, Aristide fiorì sotto l'impero di Adriano e di Antonino Pio (138-161). La lettura delle Sacre Scritture lo portò al Cristianesimo, nel quale continuò a professare la filosofia, riscuotendo l'ammirazione di molti per la sua eloquenza. Ingiuste sollevazioni popolari contro i cristiani lo spinsero a scrivere, contemporaneamente a Quadrato, una Apologia, intessuta di dottrine filosofiche, indirizzata all'imperatore Adriano, come risulta dalla prima inscriptio siriaca e dalla inscrittio del frammentario testo armeno. Ad Aristide si offrì l'opportunità di presentare il suo scritto all'imperatore, probabilmente quando questi, attraversando la Grecia, svernò ad Atene e si fece iniziare ai misteri eleusini. Tale circostanza dovette eccitare il fanatismo religioso dei pagani, i quali infuriarono maggiormente contro i cristiani. Per reprimere questo sconsigliato impeto si adoperò Aristide, la cui opera indusse Adriano a scrivere al proconsole dell'Asia, Minucio Fundano, per porre termine alle angherie a cui erano sottoposti i cristiani ed impedire che essi fossero denunciati e condannati senza formali e fondate accuse. Alcuni critici vogliono riportare ad una età più recente la presentazione dell'Apologia, ritenendone destinatario Antonino Pio, che è menzionato nella seconda inscriptio siriaca. Ma a tale cronologia si oppone sia la testimonianza della prima inscriptio siriaca e dell'inscriptio armena che il tono arcaico dell'Apologia, i cui accenni alle classiche accuse contro i cristiani, ampiamente trattate nelle apologie posteriori, suppongono un ambiente diverso. Inoltre nelle inscrittiones non si menziona il nome di Marco Aurelio, associato all'impero nel 147; quindi l'Apologia deve essere anteriore a tale data. Le circostanze descritte da Eusebio ed alcuni accenni a catastrofi avvenute nell'impero, presenti nell'Apologia, non consentono di collocare lo scritto durante l'impero di Antonino Pio.
L'Apologia di Aristide ebbe una singolare vicenda. Fu conosciuta da Eusebio e da Gerolamo e fu ricordata da quegli scrittori che dipesero da tali fonti. Essa non fu citata da nessuno scrittore cristiano antico. Il Ceillier secondo cui alcuni monaci si vantaváno di avere ancora tale Apologia nella Biblioteca del monastero di Medelli a dieci miglia da Atene. Nel 1878 i Mechitaristi di Venezia scoprirono un frammento armeno dell'Apologia, seguiti poi nel ritrovamento dello stesso testo, sempre in armeno, dal Conybeare e dall'Eemin. Una scoperta più fortunata toccò a J. Rendell Harris che nel 1889 rinvenne nella Biblioteca del monastero di S. Caterina del Sinai un codice siriaco contenente la traduzione dell'Apologia. In base a questo documento, J. A. Robinson individuò il testo greco inserito, con adattamenti, nel romanzo greco di Barlaam e Ioasaph, attribuito a s. Giovanni Damasceno. Infine nel 1922 e nel 1923 furono scoperti dei frammenti greci su papiri, notevoli per la conoscenza del testo primitivo dell'opera.
L'Apologia è stata divisa in 17 brevi capitoli. Dopo un proemio sulla conoscenza, esistenza, natura ed attributi divini (cap. 1), vi è l'esposizione dell'origine delle quattro principali religioni (cap. 2) che sono trattate nei capitoli seguenti: la religione dei barbari (caldei, secondo il testo greco) capp. 3-7; quella dei greci (ed egiziani), capp. 8-12 (13); quella dei giudei, cap. 14, e quella dei cristiani, capp. 15-17. In realtà, la trattazione è l'esposizione del contrasto che vi è tra la religione dei greci e la religione dei cristiani; e quindi si comprende facilmente l'intonazione morale che viene data all'opera. Interessante è soprattutto l'esposizione della primitiva vita cristiana, che si svolge nell'esercizio dei precetti del Signore, che i fedeli portano scolpiti nei loro cuori. E' messa in evidenza l'assiduità nella preghiera per gli amici e per i nemici, per i vivi e per i defunti; la carità verso tutti, I'opera di assistenza per i viandanti e per i condannati per il nome di Cristo; la cura per la conversione dei pagani; la santità della vita domestica; la purezza dei costumi. Questi argomenti sono trattati con devota mestizia, che non toglie la gioia del cuore nell'attesa della seconda venuta di Cristo, ehe, secondo i meriti, premierà i buoni e punirà i cattivi. Notevoli sono pure due brevi accenni, che possono riferirsi al battesimo ed alla penitenza. Questa è l'unica opera completa che sia pervenuta degli scritti di A. Si conservano brevi frammenti di discorsi, editi dai Mechitaristi. Null'altro si conosce sugli scritti o sulla persona dell'apologeta. La tradizione vuole che egli morisse martire. Di ciò si conserva me moria in vari martirologi. Il Vetus Romarrum e i martirologi di Beda, Usuardo e Baronio, ne celebrano la memoria al 31 ag.; il Vetus Romanum, Adone e Usuardo lo ricordano anche al 3 ottobre.


Autore:
Costantino Vona


Fonte:
Bibliotheca Sanctorum

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Aggiunto/modificato il 2001-02-01

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