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Beato Ottone di Frisinga Vescovo

22 settembre

† 1158

Religioso cistercense che non smise mai di usare l'abito monacale, anche dopo essere stato eletto vescovo di Freising in Germania. Adottò la riforma gregoriana.

Martirologio Romano: Nel monastero cistercense di Morimond in Francia, transito del beato Ottone, vescovo di Frisinga, che morì nell’abito monastico che mai aveva deposto durante il suo episcopato.


Quinto di diciotto fratelli, Ottone nacque a Neuburg, nei pressi di Vienna, verso il 1111-12, da san Leopoldo III di Babenberg, marchese d’Austria, e da Agnese, figlia dell’imperatore Enrico IV di Franconia; appartenente alla più alta aristocrazia dell’impero, Ottone era anche fratello uterino di Corrado III e zio di Federico I Barbarossa, in virtù del primo matrimonio di sua madre. Avviato alla carriera ecclesiastica, fu fatto dal padre, ancor fanciullo, priore del monastero di Klosterneuburg da lui stesso fondato nel 1114, e quindi inviato, nel 1128, a studiare teologia, filosofia e lettere a Parigi, massimo centro allora della vita culturale europea, dove ebbe come maestri, tra gli altri, Abelardo ed Ugo di san Vittore. Terminati i suoi studi, entrò sul finire del 1132, o all’inizio dell’anno seguente, nel monastero cistercense di Morimond in Borgogna, di cui divenne abate nel gennaio del 1138 e che lasciò qualche mese più tardi, allorché fu posto, come persona di sua fiducia, dal fratellastro Corrado III sulla cattedra episcopale di Frisinga.
Come vescovo, Ottone dette continue prove di zelo apostolico, procedendo secondo lo spirito della riforma gregoriana al rinnovamento spirituale, culturale ed economico della sua diocesi, che seppe amministrare peraltro con grande saggezza, prudenza ed energia, dimostrando in tal modo non comuni capacità di governo.
Incaricato, nel 1145, di un’ambasceria presso Eugenio III, ebbe modo di conoscere l’Italia e di rendersi conto della situazione politica del paese; quindi, accogliendo l’invito di san Bernardo, Ottone si recò in Palestina con la seconda crociata (1147-48), che doveva concludersi tanto disastrosamente, e nel 1154-55 accompagnò, in veste di consigliere, Federico Barbarossa nella sua spedizione in Italia, adoperandosi attivamente ad appianare i contrasti tra l’imperatore ed il papa Adriano IV.
Sulla fine dell’estate del 1158, mentre era in viaggio verso Citeaux, dove intendeva partecipare al capitolo generale del suo Ordine, indetto per il 14 settembre, Ottone fu costretto a fermarsi — gravi infirmiate pressus — nell’antica abbazia di Morimond, che non aveva più rivisto dai lontani tempi della sua prima vocazione religiosa, e là, il 22 seguente,
«in habitu monachali quem nunquam in episcopatu deposuerat, omnibus fratribus coram positis et eiulato maximo perstrepentibus, felicissime in Domino obiit», come narra il suo affezionato discepolo e continuatore Rahevino, al quale si debbono le poche notizie pervenuteci sulla biografia di Ottone, contenute nel commosso elogio funebre da quegli inserito nel IV libro dei Gesta Friderici.
Storico acuto e penetrante, Ottone di Frisinga occupa un posto di vero rilievo nella vita intellettuale del secolo XII e resta altresì uno dei più validi rappresentanti della storiografia dell’età di mezzo per merito della sua Chronica o Historia de duabus civitatibus nella quale il concetto medievale della storia trova — come da alcuni è stato giustamente rilevato — la sua espressione più tipica. L’opera scritta su domanda del suo amico Isingrim, monaco in Augusta e successivamente abate di Ottobeuren, è di netta ispirazione agostiniana, ed espone in una prospettiva teologica e filosofica la storia universale dalla creazione del mondo sino al 1146; non c’è giunta nella sua redazione originaria, ma nella forma rimaneggiata ed ampliata impressale dallo stesso Ottone allorché decise di offrirla al nipote Federico I nel 1157.
Nell’altra sua opera storica, Gesta Friderici imperatoris, scritta dietro richiesta medesima dell’imperatore, Ottone narra le imprese del Barbarossa dal 1156 al 1158; continuata da Rahevino sino al 1160, essa è di particolare interesse per la storia d’Italia, offrendo un quadro esatto, anche se non sempre imparziale, degli avvenimenti politici italiani, specie per quanto riguarda i comuni, avvenimenti di cui il vescovo di Frisinga era stato spettatore diretto.
Salvo una Epistula ad Wibaldum, scritta nel 1152 ed in cui tratta di questioni esegetiche, nulla più ci rimane di Ottone e quant’altro viene a lui attribuito o non gli appartiene affatto, o non sono che estratti della Chronica o dei Gesta, come, per esempio, il Fragmentum de Hildebrando papa e l'Historia austriaca.
Sepolto presso l’altare maggiore della chiesa abbaziale di Morimond, il grande vescovo di Frisinga, «ad cuius tumulum miracula fiunt, que Deus per suum dilectum operatur», come attesta Corrado Sacrista nel suo Liber traditionum Frisingensium non tardò ad essere fatto segno di pubblica venerazione, e, quantunque il suo nome manchi nei più antichi calendari cistercensi, Ottaziano di Frisinga è comunemente chiamato beato da quasi tutti gli scrittori dell'Ordine, venendo peraltro inserito dai Bollandisti tra i praetermissi del 22 settembre, giorno fissato per la sua commemorazione.
 


Autore:
Niccolò del Re


Fonte:
Bibliotheca Sanctorum

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Aggiunto/modificato il 2018-10-18

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