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San Tito (Anno Sjoerd) Brandsma Sacerdote carmelitano, martire

26 luglio

Oegeklooster, Paesi Bassi, 23 febbraio 1881 – Dachau, Germania, 26 luglio 1942

Anno Sjoerd Brandsma nasce a Oegeklooster presso Bolsward, nei Paesi Bassi, il 23 febbraio 1881. Entrato nell’Ordine Carmelitano col nome di Tito, diviene professore di filosofia, pioniere della stampa cattolica e delle speranze ecumeniche. Nel suo Paese, padre Tito è uno dei primi avversari della dittatura nazista: rifuggendo ogni compromesso, si esprime a chiare lettere contro la persecuzione degli ebrei. La Gestapo lo arresta il 19 gennaio 1942 nel convento di Nimega. Per quanto gravemente ammalato, il 13 giugno viene deportato a Dachau. I tentativi dei confratelli tedeschi di far trasformare la sua condanna in un ergastolo si rivelano fallimentari. In un rapporto inviato a Berlino dalla Gestapo si legge: «Il professor Brandsma deve essere considerato un nemico della causa nazionalsocialista. Si tratta di un uomo molto pericoloso». Ricoverato nell’infermeria del campo, fino all’ultimo prega per i suoi carnefici. Viene ucciso con un’iniezione di acido fenico il 26 luglio 1942. Riconosciuto il suo martirio, è stato beatificato il 3 novembre 1985 da san Giovanni Paolo II e canonizzato da papa Francesco il 15 maggio 2022. I suoi resti mortali sono stati bruciati all’interno del campo di Dachau. Il Martirologio Romano lo ricorda il giorno della sua nascita al cielo, ma nel calendario dell’Ordine Carmelitano la sua memoria ricorre il giorno seguente, il 27 luglio.

Etimologia: Tito = (forse) il difensore, dal latino

Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, beato Tito Brandsma, sacerdote dell’Ordine dei Carmelitani e martire, che, di origine olandese, affrontò serenamente ogni genere di sofferenze e di umiliazioni in nome della difesa della Chiesa e della dignità dell’uomo, offrendo un esempio insigne di carità verso i compagni di detenzione e verso gli stessi carnefici.


Anno Sjoerd Brandsma nasce a Oegeklooster presso Bolsward nei Paesi Bassi, precisamente nella regione della Frisia, il 23 febbraio 1881. La sua salute è così fragile che non gli permette né di lavorare nell’azienda familiare, né (come desidererebbe) di entrare tra i Frati Minori.
Presso di loro comunque si ferma sei anni, dal 1892 al 1898, quando entra nell’Ordine Carmelitano, presso il convento di Boxmeer. Con l’ingresso in noviziato cambia nome in fra Tito, in onore di suo padre. Viene ordinato sacerdote il 17 giugno 1905.
Lo mandano a completare gli studi di filosofia e di teologia alla Gregoriana di Roma e poi lo rivogliono in Olanda a fare il professore, mentre lui comincia a coltivare la passione giornalistica. Anzi, il vescovo di Utrecht finisce per nominarlo anche assistente ecclesiastico dei trenta giornali cattolici del paese.
Lo fa così bene e con tanta passione da diventare un sicuro punto di riferimento, proprio nel momento in cui cominciano ad addensarsi le cupe ombre del nazismo, verso il quale padre Tito non è per nulla tenero e del quale denuncia a gran voce la distorsione ideologica.
I punti di forza del suo insegnamento e della sua predicazione delineano un messaggio estremamente attuale: la persona umana rappresenta un impareggiabile valore, mentre il nazismo va contro la persona; soltanto l’amore cristiano può vincere il neopaganesimo nazista; comunque vadano le cose, Dio avrà l’ultima parola, nelle sue mani noi siamo sicuri; in questo determinato contesto storico dobbiamo trovare nuovi modi per “dire Dio” all’uomo del nostro tempo, perché «i nuovi tempi richiedono nuove forme espressive». E così viene subito “schedato”.
Con l’invasione tedesca dell’Olanda (10 giugno 1940) i nazisti danno inizio alla vera e propria persecuzione degli ebrei ed alla repressione dei cattolici ed è ancora padre Tito che, per incarico dei vescovi, si presenta al comando centrale nazista per vigorosamente protestare. Il 26 gennaio 1941 i vescovi olandesi lanciano la scomunica contro i cattolici che sostengono il nazismo, mentre i tedeschi rispondono con la totale censura sui giornali.
Nel clima di incertezza e di paura che si respira, è normale il disorientamento nelle redazioni delle testate cattoliche, presso ciascuna delle quali si reca padre Tito consegnando personalmente a ciascun direttore una lettera che illustra la posizione della Chiesa olandese nei confronti del nazismo e dell’ideologia che propugna. Missione delicatissima, che padre Tito accetta ben cosciente dei rischi cui va incontro.
Infatti, non appena ritorna da questo suo “tour”, la Gestapo lo va a prelevare nel suo convento di Nimega: è il 9 gennaio 1942.  Nella cella in cui lo rinchiudono ha tempo per pregare, meditare, scrivere anche (almeno nel primo periodo): a padre Tito la solitudine non pesa e il carcere non spegne la sua vena di ottimismo e di sottile umorismo.
Scrivendo ai confratelli comunica di «non aver bisogno di piangere, di mandar sospiri, persino canto un po’ qualche volta, a modo mio e, naturalmente, non troppo forte», però confessa anche loro, candidamente, di «non riuscire a sopportare le notti. Dalle otto di sera fino alle sette del mattino non posso dormire. Così la notte sto sveglio molto tempo».
La salute, già precaria, comincia a farne le spese e il suo indebolimento è tale da costringerlo  nell’infermeria del campo, a fare i conti non certo con le cure mediche dei nazisti, ma con le torture e le sperimentazioni cruente cui i prigionieri sono sottoposti.
Il 26 luglio 1942 un’iniezione di acido fenico lo libera dalla prigionia. All’infermiera che gliela pratica padre Tito regala la sua corona del Rosario: «Anche se non sai pregare, ad ogni grano di’ soltanto: “Prega per noi peccatori”».
È il testamento di un uomo le cui ceneri, insieme a parte dei suoi scritti, sono state disperse al vento, ma la cui testimonianza è così viva, forte e libera da aver portato all’avvio, nel 1952, della sua causa di beatificazione e canonizzazione, la prima riguardante un candidato agli altari ucciso durante il periodo del nazionalsocialismo, per dimostrare che la sua morte è stata determinata dalla volontà di difendere la fede cristiana.
Padre Tito è stato beatificato il 3 novembre 1985 da san Giovanni Paolo II. Il Martirologio Romano lo ricorda il 26 luglio, giorno della sua nascita al Cielo, mentre il calendario liturgico dell’Ordine Carmelitano lo commemora il giorno seguente.
Per la sua beatificazione non è stato necessario considerare un miracolo, essendo stata presa la via della verifica del martirio. Per la canonizzazione, invece, è stata presa in esame la guarigione di un confratello, padre Michael Driscoll, da un melanoma maligno, avvenuta nel 2004 nella diocesi statunitense di Palm Beach.
Il 25 novembre 2021 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del relativo decreto. Lo stesso Pontefice ha presieduto la Messa con il Rito della Canonizzazione sua e di altri nove Beati il 15 maggio 2022, in piazza San Pietro a Roma.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2022-05-17

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