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San Luigi Versiglia Vescovo salesiano, martire

25 febbraio

Oliva Gessi, Pavia, 5 giugno 1873 – Li Thau Tseui, Cina, 25 febbraio 1930

Luigi Versiglia, nato a Oliva Gessi (Pavia) il 5 giugno 1873, a dodici anni entrò nell’oratorio di Valdocco dove conobbe Don Bosco. Ordinato sacerdote (1895), dopo essere stato Direttore e maestro dei novizi a Genzano di Roma, nel 1906 guidò la prima spedizione missionaria salesiana in Cina. Nel 1918 i Salesiani ricevettero dal Vicario apostolico di Canton la missione di Shiu Chow. Don Luigi Versiglia ne fu nominato Vicario Apostolico e il 9 gennaio 1921 fu consacrato Vescovo. Fu un vero pastore, tutto dedito al suo gregge. Diede al Vicariato una solida struttura con un seminario, case di formazione, progettando egli stesso varie residenze e ricoveri per anziani e bisognosi. Curò con convinzione la formazione dei catechisti. Il 18 maggio del 1929 mons. Versiglia ordinò sacerdote il chierico salesiano Callisto Caravario. Il 25 febbraio 1930 i due missionari viaggiavano in barca per una visita pastorale alla missione di Linchow. Al momento dell’Angelus una banda di pirati bolscevichi li intercettò, esigendo un salvacondotto o il pagamento di un’ammenda elevata. Durante le trattative, i comunisti salirono a bordo e, trovando tre giovani catechiste, vollero portarle con loro. I due missionari si interposero eroicamente e furono attaccati col calcio delle armi da fuoco e con bastonate, fino a quando non caddero feriti. Mons. Versiglia e don Caravario furono legati, mentre i pirati saccheggiavano i loro beni e bruciavano libri e breviari. Uno dei banditi, strappando i crocifissi che una catechista aveva in mano, gridò: “Perché ami queste croci? Noi non le tolleriamo, le odiamo con tutta l’anima, non le vogliamo in alcun modo e ci opponiamo a loro tanto quanto possiamo!”. Le giovani poterono vedere i missionari confessarsi a bassa voce l’un l’altro, prima di essere fucilati in un vicino bosco di bambù. Così i due calici sognati da Don Bosco furono elevati al Cielo! San Giovanni Paolo II il 15 maggio 1983 li ha beatificati, per poi proclamarli santi il 1° ottobre 2000, insieme ad altri 118 martiri cattolici in terra cinese. La Famiglia Salesiana celebra la loro comune memoria liturgica il 13 novembre. La Chiesa tutta li celebra il 9 luglio come "Santi Agostino Zhao Rong e 119 compagni. Il Martirologio Romano ricorda mons. Versiglia e don Caravario il 25 febbraio, anniversario della nascita al Cielo.

 

Emblema: Bastone pastorale, palma, calice

Martirologio Romano: Sulle rive del fiume Beijang vicino alla città di Shaoguan nella provincia del Guandong in Cina, santi martiri Luigi Versiglia, vescovo, e Callisto Caravario, sacerdote della Società Salesiana, che subirono il martirio per aver dato assistenza cristiana alle anime loro affidate.


Il 1° ottobre del 2000, papa Giovanni Paolo II ha solennemente canonizzato ben 120 martiri in Cina, di cui sei vescovi, un buon numero di sacerdoti missionari di vari Ordini religiosi, alcune suore e un sostanzioso numero di fedeli cinesi.

I martiri testimoniarono con il loro sangue la fedeltà a Cristo e alla sua religione, in varie epoche e in vari luoghi dell’immenso Impero asiatico, a partire dal 1648 e fino al XX secolo.
Fra loro vi sono due componenti della grande Famiglia Salesiana, mons. Luigi Versiglia e padre Callisto Caravario, che insieme furono uccisi dalla furia di bande di briganti, contrari ai missionari.
In questa scheda parliamo solo del vescovo Versiglia, per padre Caravario (1903-1930), esiste una scheda propria.
Luigi Versiglia nacque il 5 giugno 1873 a Oliva Gessi (Pavia); a 12 anni venne mandato a Torino a studiare da don Bosco, il quale in un fugace incontro nel 1887, gli disse: “Vieni a trovarmi ho qualcosa da dirti”, purtroppo la successiva malattia e la morte del santo, impedì quel colloquio, ma l’adolescente Luigi ne rimase comunque conquistato.
A 16 anni emise i voti religiosi diventando un Salesiano; dopo aver completato gli studi superiori, frequentò la Facoltà di Filosofia all’Università Gregoriana di Roma, trascorrendo le ore libere fra i giovani; fu ordinato sacerdote ad appena 22 anni nel 1895.
Ma già nell’anno successivo fu nominato direttore e maestro dei novizi nella Casa di Genzano di Roma, carica che tenne per dieci anni, dimostrandosi un accorto e adeguato formatore di futuri sacerdoti.
Ma la sua aspirazione fin dalla giovinezza, erano le Missioni e quindi diventò a 33 anni il capogruppo dei primi salesiani, che nel 1906 partirono per la Cina.
Esplicò il suo apostolato a Macao dove stabilì la ‘Casa madre’ dei salesiani, facendola diventare un centro di fede per tutti i cattolici della città; venne chiamato ‘padre degli orfani’.
Aprì la missione di Shiu Chow nella regione del Kwangtung nel sud della Cina, della quale nel 1920 è nominato e consacrato primo vescovo e Vicario Apostolico.
Fu un vero pastore tutto dedito al suo gregge e pur tra tante difficoltà, in quei tempi di gravi tensioni sociali e politiche, che investirono anche le Missioni cattoliche, egli diede al Vicariato una solida struttura con un seminario, case di formazione, residenze, orfanotrofio, scuole, ricoveri per anziani, moltiplicando le opere catechistiche.
Si dimostrò più un padre che uomo di autorità, dando l’esempio del lavoro e della carità, sempre conforme alla valutazione delle reali forze dei confratelli.
Intanto la situazione politica in Cina non era tranquilla, la nuova Repubblica Cinese nata il 10 ottobre 1911, con il generale Chang Kai-shek, aveva riportato all’unità la Cina, sconfiggendo nel 1927 i ‘signori della guerra’ che tiranneggiavano varie regioni.
Ma la pesante infiltrazione comunista nella nazione e nell’esercito, sostenuta da Stalin, aveva persuaso il generale ad appoggiarsi alla destra e a dichiarare fuori legge i comunisti (aprile 1927), per questo la guerra civile era ricominciata.
La provincia di Shiu-Chow posta tra il Nord e il Sud era luogo di passaggio o di sosta dei vari gruppi combattenti fra loro e quindi erano usuali, furti, incendi, violenze, delitti, sequestri.
Era pure difficile distinguere in queste bande che saccheggiavano, i soldati sbandati, i mercenari, i killer prezzolati, i pirati che approfittavano del caos.
In quei tristi tempi anche gli stranieri rischiavano la vita e venivano classificati con disprezzo “diavoli bianchi”; i missionari erano in genere amati dalla gente più povera e le Missioni diventavano il rifugio nei momenti di saccheggio, ma i più temibili erano i pirati, che non avevano riguardo per nessuno e i soldati comunisti, per i quali la distruzione del Cristianesimo era un loro programma.
Per questo negli spostamenti necessari per le attività missionarie nei vari e sparsi villaggi, i catechisti e le catechiste, le maestre e le ragazze, non si mettevano in viaggio se non accompagnate dai missionari; d’altronde per il pericolo incombente sulle vie di terra e sui fiumi, anche il vescovo Luigi Versiglia non aveva potuto fino allora visitare i cristiani della piccola missione di Lin-Chow composta da due scuolette e duecento fedeli, nella devastata città di 40mila abitanti, turbata dalla guerra civile.
Ma verso la fine di gennaio 1930 si convinse che bisognava partire, senza aspettare più che le vie fossero sicure, affidandosi alla volontà di Dio; ai primi di febbraio giunse al centro salesiano di Shiu-Chow il giovane missionario don Callisto Caravario di 26 anni, responsabile della missione di Lin-Chow, per accompagnare il Vicario Versiglia nel viaggio.
Fatti i rifornimenti, sia per il viaggio previsto di otto giorni, sia per i bisogni della piccola missione, all’alba del 24 febbraio ci fu la partenza in treno del gruppo, composto da mons. Versiglia, padre Caravario, due giovani maestri diplomati all’Istituto Don Bosco, uno cristiano l’altro pagano, le loro due sorelle Maria di 21 anni maestra e Paola 16 anni che lasciati gli studi tornava in famiglia, inoltre la catechista Clara di 22 anni.
Dopo una sosta notturna alla Casa Salesiana di Lin-kong-how, s’imbarcarono il 25 febbraio sulla barca che doveva risalire il fiume Pak-kong, fino a Lin-Chow dalla piccola comunità di don Caravario; al gruppo si aggiunse un’anziana catechista che doveva affiancare la più giovane Clara e un ragazzo di 10 anni, che si recava alla scuola di don Caravario.
La grossa barca era condotta da quattro barcaioli e risalendo il fiume verso mezzogiorno, avvistarono sulla riva, dei fuochi ravvivati da una decina di uomini; giunti alla loro altezza essi intimarono alla barca di accostare e fermarsi.
Chiesero ai barcaioli, puntando fucili e pistole, chi trasportavano e saputo che si trattava del vescovo e di un missionario, dissero: “Non potete portare nessuno senza la nostra protezione. I missionari devono pagarci 500 dollari o vi fucileremo tutti”.
Pagare un pedaggio lungo i fiumi, era diventata una triste abitudine, ma 500 dollari era una cifra che nessuno portava in un viaggio.
I missionari allora cercarono di far capire loro che non possedevano tanto denaro, ma i pirati saltarono sulla barca e la esplorarono; scorsero le ragazze rifugiate in quella specie di baracca situata a poppa della barca, allora esclamarono: “Portiamo via le loro mogli!”.
I missionari ribatterono che non erano loro mogli, ma alunne che venivano accompagnate a casa, nel contempo con i loro corpi cercavano di bloccare l’entrata della baracca. I pirati allora minacciarono di dar fuoco alla barca, prendendo fascine di legna da una vicina barca, ma la legna era fresca e non si accendeva subito, nel mentre i missionari riuscivano a soffocare le prime fiamme.
Infuriati i pirati presero dei rami più grossi dalle fascine e bastonarono i due missionari, dopo molti minuti il cinquantasettenne vescovo cadde e dopo qualche minuto anche don Caravario; a questo punto i malviventi si avventarono sulle donne trascinandole sulla riva fra i loro disperati pianti.
Anche i due missionari furono portati a terra, i barcaioli con l’anziana catechista, il ragazzo e i due fratelli delle donne, furono lasciati liberi di proseguire, una volta giunti alla tappa precedente furono avvisati i missionari del luogo e le autorità, che mandarono drappelli di soldati.
Ma intanto sulla riva del fiume si consumava la tragedia, i due salesiani legati si confessarono a vicenda, esortando le tre ragazze ad essere forti nella fede, poi i pirati li fecero incamminare per una stradetta lungo il corso del Shiu-pin, piccolo affluente del Pak-kong, nella zona di Li Thau Tseui; il vescovo Versiglia li implorò: “Io sono vecchio, ammazzatemi pure. Ma lui è giovane risparmiatelo!”.
Le donne mentre venivano spinte verso una pagoda, udirono cinque colpi di fucile e dieci minuti dopo gli esecutori tornarono dicendo: “Sono cose inspiegabili, ne abbiamo visto tanti… tutti temono la morte. Questi due invece sono morti contenti e queste ragazze non desiderano altro che morire…”.
Era il 25 febbraio 1930; le ragazze furono trascinate sulla montagna, restando in balia dei banditi per cinque giorni. Il 2 marzo i soldati raggiunsero il covo dei banditi, i quali dopo un breve scontro a fuoco, fuggirono lasciando libere le ragazze; che divennero preziose e veritiere testimoni del martirio dei due missionari salesiani, che avevano dato la vita per difenderle.
Papa Paolo VI nel 1976 li dichiarò ‘martiri’ e papa Giovanni Paolo II il 15 maggio 1983 li beatificò.


Autore:
Antonio Borrelli


Note:
Per segnalare grazie o favori ricevuti per sua intercessione, oppure per informazioni, rivolgersi al Postulatore Generale della Famiglia Salesiana: [email protected]

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Aggiunto/modificato il 2011-12-29

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