Al nome dei Malatesta, il pensiero corre subito alla Romagna e a Rimini, la città che dal XII secolo fu la signoria di questa celebre e potente famiglia, insieme con gran parte della Marca d'Ancona. Ma il nome dei Malatesta, Signori di Rimini, non evoca di solito ricordi di santità o di perfezione spirituale. Evoca piuttosto echi di successi guerreschi e mondani, spesso privi di scrupoli, conditi di superbia e di crudeltà, di ambizione e di sopraffazione. Anche il più celebre membro della famiglia, Sigismondo Pandolfo, uno dei più valenti condottieri del '400, ebbe una vita estremamente turbinosa e non certo esemplare dal punto di vista morale e spirituale. Se ne riscattò soltanto in parte con il suo tenace amore per Isotta degli Atti e per il suo mecenatismo verso uomini d'afte e di cultura, di cui è testimonianza, a Rimini, lo splendido Tempio Malatestiano, costruito da Leon Battista Alberti architetto, e decorato da Agostino di Duccio scultore e da Piero della Francesca pittore. Può sorprendere, dunque, trovare il cognome dei Malatesta portato da un Santo, o meglio da un Beato, il Beato Roberto. Non si tratta di un caso di omonimia, ma proprio del figlio del Signore di Rimini, nato a Brescia nel 1411 e vissuto - brevissimamente - nella città adriatica che avrebbe visto poco dopo i fasti e i nefasti di Sigismondo Pandolfo. Nella storia politica della famiglia Malatesta, la vita di Roberto trascorse quasi senza peso. Era un giovane delicato, di salute e di anima, al quale, sedicenne, venne data in sposa, contro la sua volontà, ma per precisi criteri dinastici, la giovane Margherita d'Este, nata nella famiglia dei Signori di Ferrara. 1 due giovanissimi sposi vissero insieme castamente e santamente, quasi isolati, nella corazza della loro virtù, da quello che era, di regola, l'ambiente frivolo e superbo delle grandi famiglie signorili dei tem-po. Roberto era terziario francescano, e del Terzo Ordine osservò la Regola con una fedeltà e una costanza degna di un vero asceta. Si fece ammirare e amare per pietà e carità, soprattutto nei confronti degli infermi, e addirittura dei lebbrosi. Morì, forse di contagio, quando aveva soltanto ventitré anni. A Rimini lasciò commosso rimpianto, ma sembrò che il ricordo di quel giovane fragile e schivo dovesse presto scomparire, nell'ombra gettata da altri personaggi ben più imponenti e di imprese ben più clamorose. Così invece non fu, se la memoria di Roberto Malatesta, venerato come Beato, è sopravvissuta tenace fino ai nostri giorni, proprio grazie ai delicati meriti del giovane signore di Rimini, il quale aggiunse al nome ammirato e temuto dei Malatesta il profumo della difficile santità.
Fonte:
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Archivio Parrocchia
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