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San Pelino Vescovo di Brindisi

5 dicembre

Sec. VII

Emblema: Bastone pastorale


L'episcopato di Pelino va inquadrato nella temperie culturale del settimo secolo, negli anni che immediatamente precedono la distruzione longobarda di Brindisi del 674. Tale nuovo riferimento cronologico, più attendibile rispetto a quello tradizionale che colloca l'episcopato peliniano nel IV secolo, rende piena comprensione della biografia del santo.
Pelino, monaco basiliano formatosi in Durazzo, si trasferisce in Brindisi, in uno coi siri Gorgonio e Sebastio e col suo discepolo Ciprio, in quanto non aderente al Tipo ossia all'editto dogmatico voluto dall'imperatore bizantino Costante II nel 648. Durante l'anno successivo il pontefice Martino scomunica gli autori della nuova eresia; il papa deve, per questo, subire l'arresto, la deportazione a Costantinopoli e l'esilio a Cherson in Crimea ove muore fra il 655 e il 656. Ferme opposizioni al Tipo si ebbero anche in oriente; Massimo il Confessore, maggiore fra i teologi graci del periodo, esiliato nella Lazia, è ucciso nel 662.
Pelino, coi suoi compagni, è anch'egli difensore dell'ortodossia e in Brindisi, i cui vescovi venivano confermati da Roma, pensa di trovare un asilo sicuro. Deve tuttavia accorgersi che non è così; il vescovo Aproculus o Proculus pare sulle posizioni concilianti che già erano state proprie del pontefice Onorio I. L'arrivo dei profughi albanesi, su posizioni molto radicali, non consente tuttavia una politica di mediazione. Pelino spinge su posizioni chiare in difesa dell'ortodossia. Proculus, con procedura inconsueta ma che non manca di esempi comparabili, associa allora il nuovo venuto nell'episcopato designandolo quale suo successore. A tal fine è richiesto l'avallo papale; i sinodi avevano infatti costantemente contrastato ogni tentativo dei vescovi di designarsi un successore. Valga per tutti il caso di Felice III (526-30) che nominò suo successore l'arcidiacono Bonifacio la cui ascesa al soglio pontificio, proprio per la modalità occorsa, venne ampiamente contestata. Ancora, nel 531, non passò il tentativo di papa Bonifacio II di proporre quale suo successore il diacono Vigilio. La disposizione con cui Proculus aveva designato il proprio arcidiacono Pelino all'immediata successione aveva dunque bisogno dell'avallo diretto della sede patriarcale romana. Ottenuta la desiderata conferma, seguita la morte di Proculus, il non ancora quarantenne Pelino assume la dignità episcopale; si mostra, in questa veste, fermo e intransigente innanzi ai funzionari imperiali che, infine, lo allontanano dalla cattedra brindisina.
Deportato a Corfinio, viene qui condannato a morte e ucciso probabilmente nel 662, il 5 dicembre, in uno con Sebastio e Gorgonio, bibliotecari ossia archivisti della sede episcopale di Brindisi. Da qui il vasto culto che negli Abruzzi è riservato al santo: patrono della diocesi di Valva - Sulmona, dedicatario della basilica cattedrale di Corfinio e di un piccolo centro abitato nella diocesi dei Marsi.
La vita di san Pelino ha una prima redazione già nel VII secolo, allorché Ciprio, eletto da clero e popolo vescovo di Brindisi, seguita verosimilmente la morte di Costante II nel 668, poté erigere una chiesa in onore del predecessore in cui furono collocate le reliquie di Sebastio e Gorgonio. L'atto sanziona la canonizzazione di Pelino di cui, per l'occasione, sarà stata scritta la vita da proporre come paradigmatica alla popolazione.
Nella basilica Cattedrale di Brindisi gli fu dedicato nel 1771 l'altare che chiude la navata sinistra, ove è rappresentato in una tela dipinta da Oronzo Tiso (1726-1800). La sua memoria, il 5 dicembre, è stata per secoli ampiamente solennizzata considerandosi Pelino principale protettore della città insieme a Leucio.


Fonte:
Sito Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni

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Aggiunto/modificato il 2002-01-22

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