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Beato Carlo Spinola Gesuita, martire

10 settembre

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Secc. XVI-XVII

Nato dalla nobile famiglia genovese degli Spinola, entrò giovane nella Compagnia di Gesù; si recò quindi missionario in Giappone, ove rimase per vent'anni, ricoprendo diverse cariche, compresa quella di procuratore generale di tutta la provincia e quella di vicario generale dell'Episcopato giapponese.
Arrestato in odio alla fede, rimase in carcere per quattro anni e subì il martirio del rogo a Nagasaki il 10 settembre 1622.


Carlo Spinola, figlio di Ottavio dei conti di Tassarolo, nacque nel 1564, non si sa bene se a Genova oppure a Praga, dove il padre era al sevizio di Rodolfo II d’Asburgo. Trascorse la sua giovinezza, ospite dello zio Filippo vescovo di Nola, impegnandosi negli studi classici e nelle pratiche dell’arte cavalleresca.
A 20 anni, saputo del martirio del gesuita Rodolfo Acquaviva in India, entrò in crisi d’identità, che sfociò nella scelta di entrare nella Compagnia di Gesù (21 dicembre 1584). Fece il noviziato a Napoli ed a Lecce, sotto la guida di s. Bernardino Realino, ebbe come compagno di studi s. Luigi Gonzaga, compì gli studi filosofici e teologici venendo ordinato sacerdote nel 1594 a Milano.
Due anni dopo nel 1596, nonostante la contrarietà della famiglia, chiese ed ottenne di partire per le Missioni in Giappone, partì il 10 aprile, ma il viaggio ebbe una sorte avventurosa, una tempesta lo portò sulle coste del Brasile e poi venne imprigionato dagli inglesi che lo trasferirono in Inghilterra.
Ritornato libero a Lisbona, ripartì con un compagno Angelo de Angelis per il Giappone, dove giunse a Nagasaki nel 1602 dopo un viaggio altrettanto tormentato per una grave malattia che lo colpì e dopo aver toccato i porti di Goa e Macao. Per 11 anni, dopo averne impiegato alcuni ad apprendere la lingua locale, operò un intenso apostolato nelle regioni di Arie e Meaco, istituendo una efficace scuola di catechisti e convertendo battezzandoli circa cinquemila giapponesi.
Fu nominato procuratore della provincia gesuitica e poi vicario del padre Provinciale Valentino Carvalho nel 1611. Allo scoppio della persecuzione contro i cristiani del 1614, dovette vivere in clandestinità sotto falso nome, non ubbidendo all’ordine di espulsione e cambiando in continuazione il domicilio per non essere scoperto, espletava la sua missione sacerdotale di notte, girando nelle case dei cristiani, confessando, insegnando e celebrando la Messa; finché dietro una segnalazione fu sorpreso il 14 dicembre 1618, insieme ad un catechista Giovanni Kingocu e ad un altro cristiano Ambrogio Fernándes, nella casa di Domenico Jorge, il quale morirà martire un anno dopo, mentre sua moglie Isabella e suo figlio Ignazio, vennero arrestati ed imprigionati insieme a padre Carlo Spinola e gli altri.
Trascorse quattro lunghissimi anni in una prigione, che chiamarla così era un lusso, in condizioni disumane, insieme ad altre vittime della persecuzione scatenata dallo ‘shogun’ Ieyasu e dai suoi successori; la causa era da ricercarsi nella gelosia dei numerosi bonzi buddisti, che minacciavano la vendetta degli dei locali, negli intrighi dei calvinisti olandesi, del timore di un eccessivo influsso della Spagna e Portogallo di cui i missionari erano ritenuti emissari; si calcola che nel 1614 allo scoppio di questa persecuzione, i cristiani giapponesi fossero diventati circa trecentomila.
Questa persecuzione durò per molti decenni facendo numerosissime vittime fra i missionari europei e fra gli stessi fedeli, la cui comunità venne quasi completamente distrutta.
Ai prigionieri come Carlo Spinola, non venne concessa che una sola coperta e nient’altro, nel carcere di Suzuta, sopra una vetta di montagna, esposti a tutti i venti, dandogli come cibo un po’ di riso e due sardine, giusto per tenerli in vita ma senza soddisfare la fame.
Costretti a restare in un tugurio estremamente sporco, perché costretti a soddisfare i loro bisogni corporali là dentro, in un puzzo insopportabile; impossibilitati a lavarsi i miseri vestiti o di farli asciugare al sole.
Il padre gesuita, nonostante fosse affetto per molto tempo da varie malattie, impossibilitato a curarle, fu di conforto continuo ai suoi compagni di prigionia appartenenti anche ad altri Ordini religiosi, accolse nella Compagnia di Gesù, in quelle condizioni, quattro catechisti giapponesi.
Agli inizi di settembre 1622, fu preso insieme ad altri 23 compagni di prigionia e condotti a Nagasaki, per ordine del governatore Gonrocu, lì uniti ad altri provenienti dalle locali carceri furono messi a morte; il 10 settembre 1622 ne furono arsi vivi sulle colline 22 e altri 30 decapitati.
Carlo Spinola fu bruciato a fuoco lento ma per le sofferenze che già l’avevano debilitato, morì per primo. Già legato al palo intonò il canto di lode a Dio e rivolgendosi ai magistrati giapponesi dichiarò che la sua presenza in Giappone era dettata solo dall’amore di annunciare il Vangelo e da nessun interesse umano; salutò la vedova Isabella e il figlio Ignazio da lui battezzato, che stavano subendo il martirio insieme a lui. Le sue ceneri furono disperse in mare.
Papa Pio IX il 7 luglio 1867 lo beatificò insieme ad altri 204 martiri che rappresentanti delle migliaia di uccisi, avevano dato la vita per Cristo in quella terra lontana.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2002-08-01

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