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Venerabile Silvio Dissegna Fanciullo

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Moncalieri, Torino, 1 luglio 1967 - Poirino, Torino, 24 settembre 1979

Silvio Dissegna nasce a Moncalieri, in provincia e diocesi di Torino, il 1° luglio 1967, primogenito di Ottavio Dissegna e Gabriella Martignon. È vivace, intelligente e ubbidiente. All’inizio del 1978 comincia ad avere dolori alla gamba sinistra: sono i primi sintomi di un tumore osseo. Cercando di capire la ragione delle sue sofferenze, s’impegna a offrirle per il Papa, per la conversione dei peccatori, per i missionari e per molte altre ragioni. Trova sostegno nella preghiera, specie nella recita del Rosario, anche di notte e quando i suoi dolori si fanno più intensi. Muore in casa sua, a Poirino, alle 21:20 del 24 settembre 1979. Il 7 novembre 2014 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui Silvio, i cui resti mortali riposano dal 23 novembre 2019 nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Poirino, è stato dichiarato Venerabile.



La sua storia è presto raccontata, tanto è breve e tanto è luminosa, come un raggio di sole.
Nato a Moncalieri (Torino) il 1° luglio 1967, Silvio Dissegna vive la sua fanciullezza cristiana nella sua bella casa, con i suoi genitori e il fratello minore Carlo, a Poirino, nell’ondulata pianura di Torino.
Dal giorno della sua Prima Comunione, il 7 settembre 1975, ricevuta per un piccolo privilegio, nella cappellina di famiglia, dedicata a San Pio X, Silvio vive un intenso rapporto con Gesù nella preghiera personale, nella partecipazione alla Messa con la Comunione ogni settimana, con la fedeltà ai suoi piccoli doveri di ragazzo, con una bontà dolce e splendente verso tutti.
A undici anni, nella primavera del 1978, si ammala. Il bollettino medico non lascia speranza: cancro alle ossa. Ma lui non si dispera, né si arrende. Vive la sua lunga e dolorosa Via Crucis in unione con Gesù, carico della croce e crocifisso, alimentato dalla Comunione eucaristica quotidiana, in continua offerta del suo dolore e della sua vita a Dio Padre, per la salvezza del mondo.
Nelle interminabili ore del dolore, di giorno e di notte, prega senza stancarsi mai, con il Rosario tra le mani, invocando l’intercessione di Maria Santissima, per sé, per i suoi cari, per il mondo intero.
Preparato da questo lungo Rosario a Maria, Silvio Dissegna va incontro a Gesù, amico e Signore, il 24 settembre 1979.
La sua fama di santità dilaga in molti Paesi del mondo. Anche «L’Osservatore Romano» ha illustrato più volte la sua vita singolare, una vera meraviglia di Dio nel nostro tempo.
La sua causa di beatificazione e canonizzazione, iniziata nella diocesi di Torino, è arrivata il 7 novembre 2014 al decreto che sancisce come Silvio sia Venerabile, ovvero abbia esercitato in grado eroico le virtù cristiane.

Luce nella notte

Chi durante la notte, nei mesi della malattia di Silvio, fosse passato presso la sua casa, avrebbe notato la luce accesa alla finestra della sua stanzetta: era Silvio che quasi ininterrottamente nelle notti insonni sgranava la sua corona, un’Ave Maria dopo l’altra, come in una veglia prolungata sul mondo.
Incredibile ma vero, non voleva alcuno dei suoi cari vicino, nonostante il dolore atroce, perché diceva: «Io devo pregare e soffrire per guadagnare il Paradiso». «Gesù vuole da me molte sofferenze e preghiere». «Io ho molte cose da dire a Gesù e alla Madonna».
In questi giorni, ho potuto avere tra le mani il suo Rosario per alcuni minuti: un’emozione fortissima a far scorrere tra le mie mani quella corona di cinque colori diversi, il Rosario di Silvio, il Rosario missionario, con ogni decina per ciascun continente della terra, un vero abbraccio di preghiera per tutti gli uomini, per tutti i popoli, affinché per l’intercessione di Maria Santissima, abbiano tutti a trovare Gesù, unico Salvatore dell’umanità.
Non ho conosciuto di persona Silvio, anche se avevo sentito parlare di lui e del suo Calvario, quando era ancora in vita, ma con il suo Rosario tra le mani, me lo sono visto davanti: diafano, sempre più trasparente per la croce pesante che portava, reso un’Ostia, lui, del Sacrificio di Gesù che adora Dio ed espia per i peccati di molti.
Piccolo, umile, dolente, eppure sereno e forte, capace di guardare in faccia il dolore e di vincerlo in nome e con la forza del Cristo Crocifisso, che vince il mondo. Pare di vederlo, ancor oggi questo angelo adorante davanti a Dio, credente nel suo eterno amore per noi, vigilante sul mondo in agonia.
Un mondo, allora, come purtroppo ancor oggi, carico di peccati e di angoscia, «sfrenato nella carne e folle nello spirito», come lo definì il Papa san Paolo VI (25 novembre 1970). E lui, Silvio, con il suo Rosario che prega nella notte e intercede per tutti, con la sua corona tra le mani: nella lode e nell’adorazione: «Ave Maria... benedetto il frutto del tuo seno, Gesù», e nella supplica: «Prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte».
A ogni decina il suo momento di silenzio, con la meditazione del Mistero, con il suo sguardo limpido e penetrante, cui era dato di contemplare, già su questa terra, Gesù nella sua venuta, nella sua offerta, nella sua gloria.
Quindi il Padre nostro, le Ave, il Gloria, lentamente, dolcemente, ripetendo: «Gesù, io credo che tu mi vuoi bene... Gesù, io soffro come quando Tu portavi la croce ed eri picchiato... ecco un’altra tappa della mia salita al Calvario, ma poi verrà la crocifissione... Oh, io sarò felice soltanto quando sarò in Paradiso».
E ancora con il cuore aperto al mondo intero, con la dimensione del Cuore di Gesù: «Gesù, mi offro per la Chiesa e per i sacerdoti... Gesù, io mi offro per la conversione degli uomini a Te... Gesù, mi offro per i missionari e per le missioni, perché tutti gli uomini siano fratelli».

A che serve la vita?

Lucido, consapevole, mai ingannato né illuso, nella sua condizione, capace, per la fede, per la presenza di Gesù in lui, ricevuto ogni giorno nell’Eucaristia, di guardare la morte in faccia e di vincerla, nella certezza di andare incontro a Dio, appassionatamente amato e atteso.
Ha soltanto tra le mani il Rosario, eppure non sembra un piccolo conquistatore che va avanti nel mondo e apre la via a Gesù a chissà quanti fratelli? Chi può mai dire quante anime, lui così piccolo, ha condotto a Dio con il suo Rosario?
Roberto Ardigò, un illustre filosofo, ma senza Dio e negatore di Dio, a 92 anni si tagliò la gola, gridando: «A che serve la vita?». Silvio Dissegna a 12 anni appena, ma 12 anni colmi di verità e di amore, rosariante nei suoi giorni brevi, sa dire a tutti noi a cosa serve la vita: a conoscere, amare e servire Dio in questa vita e a goderlo nell’altra, in Paradiso.
È tutto, è la verità, è la religione assoluta, che evidenzia questa piccola vita vissuta come un Rosario vivo, nel gaudio della sua fanciullezza, nel dolore della malattia, nella gloria dell’incontro con Dio, sempre unita a Gesù. È l’offerta di sé con Gesù immolato. È il Paradiso che si apre sulla terra. È la via da seguire, l’unica perché altra e diversa non c’è.
Ho riconsegnato, con un bacio sul piccolo Crocifisso, il Rosario di Silvio ai suoi genitori, Ottavio e Gabriella. Ma credo di aver sentito la voce di Silvio, autorevole come l’innocenza, che quasi comanda davanti a Dio e agli uomini: «Ora, continua tu, con il tuo Rosario. Salva la tua anima e migliaia di anime con il tuo Rosario. Va’: io ti accompagno».

Autore: Paolo Risso
 


 
Silvio Dissegna nasce all’ospedale di Moncalieri, in provincia e diocesi di Torino, il 1° luglio 1967. È il primogenito di Ottavio Dissegna, operaio alla Fiat, e di Gabriella Martignon, impiegata.
Trascorre la prima infanzia in un clima sereno, impegnandosi a rendersi utile ai suoi genitori. Ama giocare con gli amici e con Carlo, suo fratello minore. Con lui riceve la Prima Comunione il 7 settembre 1975, presso il pilone votivo dedicato a san Pio X, eretto vicino alla loro casa di Poirino per devozione dei genitori, entrambi di origine veneta come quel Santo pontefice. Il Sacramento ricevuto irrobustisce l’intesa tra Silvio e il Signore Gesù, al quale ha imparato a rivolgersi nella preghiera.
Frequenta le elementari alla scuola «Paolo Gaidino» di Poirino, dove si distingue per l’impegno che mette in ogni cosa. I suoi quaderni sono pieni delle descrizioni della natura, dei giochi, della vita familiare e dei propositi per l’avvenire. In un tema datato 13 marzo 1976, quando è in terza elementare, scrive di voler fare il maestro «perché mi piace insegnare agli altri» e il calciatore come Sergio Gori della Juventus, il suo preferito.
Nel Natale 1977, la mamma gli regala una macchina da scrivere. La prima frase che compone è: «Cara mamma, ti ringrazio di avermi messo al mondo, di avermi dato la vita che è tanto bella! Io ho tanta voglia di vivere…».
Nella primavera del 1978 comincia a lamentarsi di un dolore continuo alla gamba sinistra. Il 10 aprile viene ricoverato all’ospedale di Moncalieri. Un mese dopo, il 13 maggio, arriva la diagnosi: neoplasia ossea al bacino sinistro.
Silvio non ha terminato la quinta elementare e non ha ancora undici anni, ma capisce lo stesso quello che gli è capitato. Cerca di non disperarsi: si affida alla volontà di Dio e alla materna protezione della Madonna.
Il 21 maggio 1978, già in carrozzella, riceve la Cresima nella parrocchia di Santa Maria Maggiore a Poirino, insieme ai suoi compagni di scuola. Mentre le sue condizioni si aggravano e i dolori sono fortissimi, chiede di ricevere ogni giorno Gesù Eucaristico.
Dal giugno 1978 al gennaio 1979 va e torna dall’ospedale «Gustave Roussy» di Parigi, con la speranza di ottenere la guarigione, ma le cure non hanno gli esiti sperati. Comincia a offrire ogni giorno le sue sofferenze per uno scopo: per il Papa, per la Chiesa, per la conversione dei peccatori.
Non si separa mai dalla sua corona del Rosario, che è del tipo con le decine colorate in corrispondenza dei cinque continenti, ovvero il Rosario Missionario. Accoglie tutti con un sorriso, consola i genitori e il fratello, dà coraggio ai medici che si sentono impotenti. Quanti gli si avvicinano, sentono in lui la presenza di Dio.
Nella primavera la malattia avanza: dal marzo 1979 non si alza più dal letto. Il 10 giugno 1979 Silvio perde anche la vista. Anche se a volte si lamenta, paragona quello che prova alle sofferenze di Gesù. Per avere ancora più sostegno, chiede insistentemente la Santa Comunione.
Riceve l’Unzione degli infermi il 24 settembre 1979: lo stesso giorno, alle 21:20, rende l’anima a Dio. Dopo i funerali, la sua salma viene sepolta nel cimitero di Poirino.
Il nulla osta per l’avvio della sua causa di beatificazione e canonizzazione porta la data del 7 marzo 1995. Il processo diocesano, intanto, era stato aperto l’8 febbraio 1995; si è concluso il 26 ottobre 2001. L’8 novembre 2002 gli atti del processo hanno ottenuto la convalida giuridica.
La “Positio super virtutibus”, consegnata nel 2010, è stata esaminata dai Consultori teologi della Congregazione delle Cause dei Santi, che il 5 novembre 2013 hanno dato parere positivo, confermato successivamente dai cardinali e dai vescovi membri della stessa Congregazione il 21 ottobre 2014.
Il 7 novembre 2014, ricevendo in udienza il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui Silvio Dissegna è stato dichiarato Venerabile.
Dal 23 novembre 2019 i suoi resti mortali riposano nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Poirino, la sua parrocchia.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2019-11-26

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