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San Sosso (Sossio, Sosio) di Miseno Martire

23 settembre

Miseno, 205 - Pozzuoli, 19 settembre 305

Martirologio Romano: A Capo Miseno in Campania, san Sossio, diacono e martire, che, come riferisce il papa san Simmaco, desiderando sottrarre il suo vescovo alla morte, trovò invece inseme a lui la morte, ottenendo a ugual prezzo ugual gloria.


San Sosio nacque a Miseno nel 205 d.C., secondo quanto riportato dal martirologio del Venerabile Beda.
Esistono differenti versioni circa il vero nome del santo, tra Sosio, Sossio e Sosso. Tra gli studiosi è prevalente l'opinione che si tratti di un nome di origine latina, Sosius, nome di una gens romana. Le parole Sossus e Sossius dovrebbero essere una derivazione osca, con la caratteristica doppia "s" sibilante.
Fu uno dei più ardenti animatori di gruppi dei primi cristiani. Giovanni Diacono lo definì "uomo nel quale si erano affollati tutti i carismi della Grazia"; a dimostrare la fama di santità di cui godeva ancora in vita basti ricordare che prelati illustri sentivano il bisogno di venire a Miseno a conferire col serafico Diacono. Papa Simmaco ce lo mostra zelantissimo fino al sacrificio, e fu talmente ripieno di Spirito Santo che il suo consiglio fu richiesto anche dal grande vescovo nolano San Gennaro. Durante una di queste visite, nel 304, San Gennaro, celebrando la Santa Messa della terza domenica di Pasqua, vide apparire sul capo di Sosio, mentre questi leggeva il Vangelo, una fiamma simile a quella discesa sulla fronte degli Apostoli il giorno della Pentecoste. San Gennaro, rivelata agli astanti la visione, abbracciò il giovane profetizzandone il prossimo glorioso martirio.
La persecuzione avviata l'anno prima da Diocleziano era nel frattempo giunta al suo culmine e Miseno, sede della flotta pretoria imperiale, era un luogo estremamente pericoloso per i cristiani: non per questo San Sosio limitò la sua opera, proseguendo con fervore nella predicazione della parola di Cristo contro i falsi idoli. Tradito da delatori, fu condotto in carcere a Pozzuoli e torturato affinchè abiurasse la sua Fede. Lo stesso san Gennaro, che pur non ignorava il pericolo cui si esponeva, si recò a fargli visita in carcere e in quell'occasione fu imprigionato anch'egli, insieme a Desiderio e Festo. Tutti furono destinati ad essere dati in pasto alle belve nell'Anfiteatro di Pozzuoli, ma una serie di eventi miracolosi non consentì di eseguire la condanna: condotto dunque alla Solfatara, San Sosio fu decapitato insieme ai suoi compagni il 19 settembre del 305.
Il suo corpo fu traslato a Miseno il 23 settembre dello stesso anno, che fu fissato come giorno della sua festa. La distruzione di Miseno da parte dei Saraceni provocò la migrazione della popolazione verso l'interno, con la successiva fondazione di Frattamaggiore: qui i misenati portarono con loro il culto del Santo, facendone il Patrono della città.
I Benedettini, che ai principi del X secolo ne ritrovarono le spoglie fra le rovine della chiesa misenate, ne custodirono il corpo a Napoli, presso il convento di San Severino, preservandolo dalle scorrerie dei Saraceni: grazie a loro se ne diffuse il culto in Campania, nel Lazio e persino in Africa.
Nel 1807, in seguito alla soppressione del convento ad opera di Napoleone, le spoglie del Santo insieme a quelle dell'Apostolo del Norico San Severino, che per tanti secoli avevano riposato accanto nel convento dei Benedettini, furono traslate nella Chiesa madre di Frattamaggiore, dove ancora oggi sono oggetto dell'amore e della venerazione di tutti.
Il santo è particolarmente venerato anche a Castro dei Volsci (Frosinone). Il popolo lo invoca efficacemente contro i mali delle ossa.


Autore:
Franco Zullo

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Aggiunto/modificato il 2002-09-13

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