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Santa Maria Chiara (Clelia Nanetti) Vergine e martire

9 luglio

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Pontelagolungo, Rovigo, 9 gennaio 1872 – Taiyuan, Cina, 9 luglio 1900

Clelia Nanetti nacque il 9 gennaio 1872 a Pontelagolungo in provincia di Rovigo e diocesi di Adria-Rovigo. Dall’adolescenza si sentì attratta dalla vita consacrata, ma solo a vent’anni appena compiuti entrò tra le Francescane Missionarie di Maria, indirizzata da suo fratello padre Barnaba, francescano. Il 10 aprile 1892 vestì l’abito religioso e prese il nome di suor Maria Chiara. Lo stesso giorno in cui emise i voti perpetui, il 13 novembre 1898, madre Maria della Passione, fondatrice e superiora generale (beatificata nel 2002) le comunicò che avrebbe fatto parte del gruppo di sette suore, che, con la guida di madre Maria Ermellina di Gesù, sarebbero partite per la missione dello Shanxi, in Cina. Per un anno e due mesi prestò servizio come lavandaia e cuoca per i frati della missione e per l’orfanotrofio femminile gestito dalle suore. Il 5 luglio 1900, durante la rivolta dei “Boxers”, contrari agli occidentali e alla religione cristiana, le sette suore furono imprigionate insieme ad altri cristiani, sia cattolici (religiosi e laici) sia protestanti, seppure in due zone diverse della stessa prigione. Il 9 luglio furono condotte nel cortile del palazzo del viceré dello Shanxi: lì assistettero alla decapitazione dei loro compagni e furono le ultime a piegare il collo sotto le lame dei loro carnefici. Suor Maria Chiara aveva ventott’anni. Lei e le altre suore, insieme ai loro compagni di martirio, sono state beatificate il 24 novembre 1946 da papa Pio XII e canonizzate da san Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000.

Martirologio Romano: Nella città di Taiyuan nella provincia dello Shanxi sempre in Cina, passione dei santi Gregorio Grassi e Francesco Fogolla, vescovi dell’Ordine dei Frati Minori, e ventiquattro compagni, martiri, che durante la persecuzione dei seguaci della setta dei Boxer furono uccisi in odio al nome di Cristo.


I primi anni
Clelia Nanetti nacque il 9 gennaio 1872 a Pontelagolungo in provincia di Rovigo e diocesi di Adria-Rovigo, sulla riva del fiume Po, in una casa denominata “il Palazzone”. I suoi genitori, Narciso Nanetti e Pellegrina Rossi, erano modesti proprietari terrieri. Prima di lei erano nati altri due fratelli.
La vicinanza della parrocchia di Santa Maria Maddalena favorì le sue pratiche religiose. La sua devozione, unitamente ad una viva intelligenza, le permise di ricevere la Prima Comunione e la Cresima già a sei anni, cosa eccezionale per l’epoca.

Vocazione religiosa
Clelia provava disgusto profondo per la vanità e per le cose del mondo; e già verso i dodici anni sentiva l’attrazione per la vita consacrata. Suo fratello Barnaba, francescano, le consigliava di farsi suora, ma lei fu indecisa per vari anni: escludeva infatti le suore di clausura e quelle ospedaliere.
Dopo un incontro con le suore Stimmatine a Ferrara, accettò il consiglio del fratello, che aveva parlato della sua vocazione al Ministro Generale dei Frati Minori. Così Clelia si trasferì a Roma il 24 gennaio 1892. Alla stazione l’accolsero due suore Francescane Missionarie di Maria, che la condussero nella Casa generalizia.

Tra le Francescane Missionarie di Maria
Benché di carattere alquanto selvaggio ed altero, aveva anche però molte belle doti, fra cui la lealtà, rettitudine di mente e serenità di giudizio. Il 10 aprile 1892 vestì l’abito religioso e prese il nome di suor Maria Chiara, in onore della prima discepola di san Francesco d’Assisi.
Compì il noviziato a Les Châtelets, in Francia, dove c’era una vasta attività agricola e di allevamento di animali. Suor Maria Chiara fu contentissima di vivere lì, benché fosse veramente pesante il lavoro per delle giovani ragazze, perché le ricordava la terra d’Italia.
Tuttavia, il clima della Bretagna non le giovava, anzi, ebbe un inizio di malattia cardiaca. Per questa ragione, dopo due anni fu trasferita a Vanves, fuori Parigi, dove guarì completamente.
Dopo un corso effettuato in Belgio, nel 1895 ebbe l’incarico di guardarobiera, che richiedeva una delicatezza particolare. Le suore, lei compresa, possedevano allora un solo abito religioso di ricambio, che si teneva per un mese, per cui si creava qualche problema quando occorreva sostituirlo per lavarlo.

Missionaria in Cina
Il 13 novembre 1898 emise i voti perpetui. Nello stesso giorno, la madre fondatrice le comunicò che avrebbe fatto parte del gruppo di sette suore, che, con la guida di madre Maria Ermellina di Gesù, sarebbero partite per la missione dello Shanxi, in Cina. Anche suo fratello padre Barnaba era missionario lì, quindi avrebbe potuto rivederlo.
Il 12 marzo 1899 s’imbarcò insieme alle consorelle e a dieci frati, con a capo monsignor Francesco Fogolla: era stato lui a richiedere la presenza delle Francescane Missionarie di Maria. Arrivò a Taiyuan il 4 maggio 1899. Trovò ad attenderla padre Barnaba per un breve saluto: da allora, non si rividero più.
Alla “Casa di San Pasquale”, questo era il titolo della Missione, ebbe il compito del bucato dei padri e della chiesa, della cucina e del refettorio delle orfane. Trascorse quindi un anno e due mesi, poi la bufera della persecuzione si approssimò anche a loro.

La rivolta dei “Boxers”
Il 23 aprile 1900, infatti, fece il suo ingresso a Taiyuan il viceré dello Shanxi, Yu-Hsien. Era già noto per il favore dato ai membri della Società di Giustizia e di Concordia, divenuti noti in Occidente come i “Boxers”, autori di molte stragi contro le missioni cattoliche.
Infatti, dopo due mesi dal suo arrivo, essi comparvero a Taiyuan. Cominciarono a diffondere tra il popolo varie accuse contro i cristiani: li definivano nemici della patria, avvelenatori di pozzi, seviziatori di bambini, causa della siccità e della conseguente carestia. Lo stesso viceré, con un proclama affisso per le strade, dichiarava: «Il fetore dei cristiani è arrivato fino al cielo, per questo non cade più né pioggia né neve».
Il vescovo monsignor Gregorio Grassi esortò le suore a indossare abiti cinesi, per tentare di salvarsi. Suor Maria Chiara superò con la sua voce quella della superiora dicendo: «Fuggire? Oh no, siamo venute per dare la vita per Gesù, se occorre».
Fu incaricata di accompagnare le orfanelle fuori dalla città, per raggiungere un altro paese cristiano. Tuttavia, la porta della città era stata bloccata e dovettero tornare indietro. Suor Maria Chiara si riunì alle consorelle, ma i soldati del viceré portarono via con la forza le bambine.

Il martirio delle sette suore e dei loro compagni
Il 5 luglio le suore, insieme ai frati, ai seminaristi e ai domestici, furono invitate dal viceré a lasciare le loro case per un’abitazione più sicura chiamata “Albergo della pace celeste”. Di fatto, era un luogo di prigionia: i cattolici vennero rinchiusi in un padiglione, i protestanti in un altro.
Verso le quattro del pomeriggio del 9 luglio 1900, gli uomini del viceré fecero irruzione nel padiglione dei protestanti, uccidendoli. A quel punto, l’anziano vescovo monsignor Gregorio Grassi invitò tutti a prepararsi alla morte e diede l’ultima assoluzione.
I “Boxers” giunsero anche da loro e li condussero al palazzo del viceré, dove vennero condannati a morte. Condotti nell’ampio cortile, subirono l’esecuzione a colpi di sciabola e di arma da fuoco. Le sette Francescane Missionarie di Maria furono le ultime: dopo aver assistito alla carneficina, cantarono il “Te Deum” abbracciandosi; infine, porsero il collo alle spade.
È verosimile che suor Maria Chiara, che era alta di statura e aveva ventott’anni, sia stata presa per prima. Forse i cinesi, vedendola più alta di tutte, dovettero credere che fosse il capo del gruppo. In un certo senso, fu un atto coerente col desiderio, che in tutta la vita l’aveva accompagnata, di essere sempre pronta a fare le cose per prima.

Nella gloria dei martiri
Suor Maria Chiara e le altre sei suore furono beatificate il 24 novembre 1946 da papa Pio XII, insieme ai loro compagni di martirio: due vescovi, due sacerdoti e un fratello laico dell’Ordine dei Frati Minori Osservanti (missionari) e quattordici laici (cinesi), undici dei quali membri del Terz’Ordine francescano.
Della stessa causa, quindi beatificati nella stessa occasione, facevano parte anche padre Cesidio Giacomantonio, dei Frati Minori, ucciso il 4 luglio 1900 a Hangzhou, più monsignor Antonino Fantosati e padre Giuseppe Maria Gambaro, morti tre giorni dopo.  La memoria liturgica di tutto il gruppo fu fissata al 9 luglio, giorno della loro nascita al Cielo.
A poco più di cent’anni dal loro martirio, il Papa san Giovanni Paolo II ha autorizzato la fusione delle cause di vari Beati martiri in Cina, inclusi monsignor Gregorio Grassi e i suoi venticinque compagni, in una sola: il decreto relativo porta la data dell’11 gennaio 2000. Dopo la firma del decreto “de signis”, avvenuta undici giorni dopo, il 22 gennaio, lo stesso Pontefice li ha iscritti fra i Santi il 1° ottobre successivo.


Autore:
Antonio Borrelli ed Emilia Flochini

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Aggiunto/modificato il 2018-07-08

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