Nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo di Cellio, amena località montana della bassa Valsesia, sono venerate le reliquie di San Cirillo, presunto martire romano divenuto compatrono del paese. Il Ravelli, storico valsesiano degli anni venti del novecento, afferma che esso giunse nella località valsesiana come dono del conte Giuseppe Gere su interessamento di padre Michelangelo, un religioso cappuccino originario del posto, ma tali indicazioni risultano soltanto parzialmente esatte, infatti, da un confronto con i documenti esistenti presso l’archivio parrocchiale, in cui non compare mai la figura del frate cappuccino, la vicenda può essere ricostruita diversamente e con più esattezza. Il conte Giuseppe Leopoldo Gera di Milano donò i resti di Cirillo a don Giovanni Antonio Rosario, uno dei due sacerdoti del paese, egli li aveva ottenuti da monsignor Giuseppe Cesare Aquilano, prefetto della Sacrestia Apostolica, che ne autenticò la provenienza dal cimitero di Ciriaca il 2 settembre 1675. Il 23 marzo dell’anno seguente 1676 presso la curia di Novara, venne compiuto il riconoscimento del contenuto della cassetta giunta da Roma, alla presenza del vicario generale don Leonardo Sirturo e dei canonici penitenzieri don Giuseppe Carelli e don Giorgio Bussi, convocati in qualità di testimoni. Un ultima ricognizione venne eseguita il 26 luglio successivo nella chiesa parrocchiale di Cellio, davanti al parroco di Castagnola don Carlo Antonio Giuliani, allora vicario foraneo di Valduggia, al viceparroco di Arlezze don Giovanni Antonio Milone, al cappellano di Tairano don Giacomo Galloni e a quello di Valmonfredo don Francesco Resegotti. Della composizione delle ossa nell’urna venne incaricato padre Marco da Lomazzo, religioso cappuccino, unico personaggio di tale ordine che compare nelle fonti d’archivio. Anche per quanto riguarda la data del trasporto del corpo santo da Roma esistono delle discordanze: non è esatta quella del 1680, riportata nell’opera del Lana, storico valsesiano dell’ottocento, l’arrivo avvenne già nel 1676, come riferito sia dal Ravelli, che stranamente differisce dal Lana, sia dal Manni. Inoltre, il resoconto della visita pastorale del vescovo Visconti, compiuta il 18 ottobre di quell’anno, testimonia che già vi era nella chiesa la reliquia: è riportata, infatti, l’indicazione di far indorare la cornice dell’altare di San Cirillo. Una tale specifica dedicazione non può essere giustificata se non già dalla presenza del corpo santo, che viene ulteriormente confermata l’anno successivo in un inventario. La sistemazione della reliquia risulta essere da subito quella attuale nell’omonima cappella, all’interno di un altare che presenta una ricca ancona di legno dorato e dipinto, organizzata i due spazi: quello inferiore, in cui è collocata l’urna che custodisce il corpo di Cirillo e quello superiore con una tela che ne rappresenta il presunto martirio. Manca una diretta documentazione circa gli autori dell’opera, tuttavia, almeno per l’esecuzione degli intagli lignei, è possibile indicare il nome di Giovanni Giacomo Fantino, il cui lavoro è documentato per l’altare di San Bonifacio nella parrocchiale di Zuccaro che presenta molte analogie, sia strutturali sia decorative, con questo di Cirillo di poco anteriore. Nel 1677 i resti di quello che è creduto il sangue versato dal presunto martire vengono sistemati in un reliquiario di legno, poi sostituito nel 1741 con quello di rame argentato che ancora si può vedere; l’urna originale è stata sostituita nel 1904 con quella attuale, eseguita però sul modello della precedente, riutilizzandone anche i fregi in argento ed i vetri. Recentemente, nel 1995, grazie alla sensibilità del parroco locale, il cranio di Cirillo è stato ricoperto da un’artistica maschera in argento, opera della scuola artistica milanese “Beato Angelico”, in tale occasione si è anche provveduto alla pulizia dell’abito da soldato romano che riveste il resto del corpo santo. Circa l’identificazione delle reliquie di Cirillo è stato compiuto un errore agiografico molto grave, segno di una superficiale indagine delle fonti, sia documentarie sia iconografiche: in uno studio recente avente per oggetto la chiesa parrocchiale di Cellio, esse vengono attribuite addirittura all’omonimo santo vescovo e patriarca di Alessandria d’Egitto (370 – 444), del quale vengono anche riportate delle note biografiche. E’ impossibile determinare su quali basi si sia potuta formulare una simile ipotesi, tanto originale quanto errata, nessuna fonte, infatti, riporta indicazioni che potrebbero contribuire ad avvalorarla. Nei documenti relativi, il corpo santo viene detto appartenere piuttosto al San Cirillo di cui si fa memoria nel martirologio al 28 ottobre. Anche questa indicazione non può essere accettata senza riserve: riguardo a questo personaggio, ucciso con la vergine Anastasia per averle offerto dell’acqua da bere durante il suo martirio, si posseggono solamente fonti leggendarie, di cui è impossibile verificare l’autenticità, inoltre mancano indicazioni che possano collegare la sua eventuale sepoltura con il cimitero del Verano. Attualmente, nella catacomba di Ciriaca, cui si accede dal chiostro del convento annesso alla basilica di San Lorenzo, è murata, tra le tante, anche una lastra che reca inciso il nome di Cirillo, impossibile però determinare se fosse quella che chiudeva il loculo del corpo santo in questione, definito di nome proprio nell’autentica che accompagnò il suo trasporto fino a Cellio. Sulla base dell’identificazione di cui si è detto, la festa in onore di Cirillo venne fissata all’ultima domenica di ottobre, come ancora avviene; tale celebrazione riveste maggior importanza ogni cinque anni, quando l’urna viene portata in processione per le vie del paese. Trasporti eccezionali delle reliquie sono stati compiuti anche il 12 agosto 1945 in ringraziamento per la fine della guerra e, precedentemente, nel 1905 per inaugurare il rifacimento dell’urna; di quest’ultimo avvenimento sono testimonianza due lapidi conservate nella chiesa: in una sono state riportate le parole della prima strofa dell’inno latino dedicato ai martiri, nell’altra si garantisce al “santo” che Cellio gli tributerà gli onori non ricevuti a Roma: DIVO CIRILLO – VICTORI INCLITO – QUOS CAPITOLIUM RENUIT – CELLIUM AGIT TRIUMPHOS. La devozione nei confronti del compatrono della comunità celliese è testimoniata anche dalla frequenza dei nomi Cirillo e Cirilla, che fino a tutto l’ottocento venivano imposti ai nati del luogo.
Autore: Damiano Pomi
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