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San Giovanni de Brebeuf Gesuita, martire in Canada

16 marzo

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Condé-sur-Vire (Bayeux), Francia, 25 marzo 1593 – Canada, 16 marzo 1649

Nel Seicento i paesi europei interessati al vastissimo territorio a nord degli attuali Stati Uniti erano l’Inghilterra e la Francia. Fu un colono francese, Samuel de Champlain, a fondare la città di Québec nel 1608 e a dominare per alcuni decenni la scena canadese. Per il commercio delle pellicce, Chamblain aprì le ostilità contro gli indiani irochesi, che divennero i principali nemici della Francia, mentre si alleò con le tribù degli uroni, degli atapaskans e degli algonchini. A queste ultime tribù si rivolsero i primi missionari francesi del Canada. Giovanni di Brébeuf nacque nel 1593 nella diocesi di Bayeux in Francia. Fattosi gesuita, nel 1625 si imbarcò con un gruppetto di confratelli per il Canada.

 

Nell’immenso territorio il padre si fece notare per dedizione e coraggio. In particolare visse tre anni con gli uroni, studiandone usi e costumi e scrivendo nella loro lingua un catechismo, importante anche come unica testimonianza di una lingua presto scomparsa. Durante la guerra anglo-francese del 1627-29, padre Brébeuf fu costretto a tornare in patria, ma non appena la colonia venne restituita con un trattato di pace ai francesi ritornò tra i suoi uroni. A questo punto i suoi tenaci tentativi cominciarono a dare dei frutti significativi. Gli irochesi, tuttavia, armati dagli olandesi, ruppero il trattato di pace e diedero il via ad una serie di attacchi. In una spedizione del 1649, dopo aver compiuto una strage, presero un gran numero di prigionieri, tra i quali padre Brébeuf, torturato e messo a morte in maniera particolarmente crudele. Egli fa parte del gruppo di gesuiti conosciuti con il nome di martiri canadesi.

Martirologio Romano: Nel territorio degli Uroni in Canada, passione di san Giovanni di Brébeuf, sacerdote della Compagnia di Gesù, che, mandato dalla Francia in missione presso gli Uroni, dopo aver compiuto molte fatiche, morì per Cristo sotto le crudelissime torture di alcuni pagani del luogo. La sua memoria insieme a quella dei suoi compagni si celebra il 19 ottobre.

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Se nel colonizzare il Nuovo Mondo, come veniva chiamato il Continente Americano, si attivarono più o meno con interessi politici, economici e di sfruttamento coloniale, Inglesi, Francesi, Spagnoli, cioè le grandi Potenze dell’epoca, vi furono di pari passo, altri uomini appartenenti a Congregazioni religiose di antica fondazione, oppure che si costituirono negli anni successivi, che portarono la luce del Vangelo ed i principi cristiani, alle popolazioni locali.
Quindi essi costituirono l’altra faccia della colonizzazione, non portarono guerra, violenza, sfruttamento, ma solidarietà umana e spirituale, aiuti sanitari, istruzione, accoglienza per i più disagiati e deboli, che non mancano mai in ogni angolo della Terra.
E nell’America Settentrionale e precisamente in Canada, al confine con gli Stati Uniti, arrivarono come seconda generazione di Missionari, i padri Gesuiti ed i Francescani. Fra i Gesuiti vi fu un gruppo di otto sacerdoti e fratelli coadiutori, che a gruppetti o singolarmente, si spinsero nelle inesplorate e vastissime terre americane, tra immense foreste e laghi grandi come mari.
Il loro apostolato si svolse primariamente fra i “pellerossa” della zona; compito non facile, visto il loro carattere sospettoso e mutevole; i primi successi relativi, si ebbero con la tribù più vicina degli Uroni; i Gesuiti usarono il metodo di farsi “selvaggi fra i selvaggi”, cioè adottare e adattarsi agli usi e costumi locali, avvicinandosi alla mentalità degli Indiani, cercando di comprendere le loro debolezze, riti, superstizioni.
Ma dopo il 1640, la tribù degli Uroni fu attaccata ferocemente da quella degli Irochesi, per natura più combattivi e crudeli, più intelligenti e perspicaci e dotati di veloci cavalli; la guerra tribale fu violenta, portando allo sterminio quasi totale degli Uroni e annullando così l’opera dei missionari.
E nel contesto di questa guerra fra Uroni ed Irochesi, persero la vita gli otto martiri gesuiti, che in varie date testimoniarono con il loro sangue la fede in Cristo, suscitando negli stessi Irochesi, una tale ammirazione di fronte al loro coraggio, nell’affrontare le crudeli e raffinate sevizie, che usavano per torturare i loro nemici, da giungere a divorare il cuore di alcuni di loro, per poterne secondo le loro credenze, assimilare la forza d’animo ed il coraggio.
E come si diceva degli antichi martiri cristiani: “Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”, così il loro sacrificio non fu inutile, perché nei decenni successivi, la colonia cattolica riprese vigore e si affermò saldamente in quei vasti Paesi.
I martiri furono beatificati il 21 giugno 1925, dal grande ‘Papa delle Missioni’ Pio XI e dallo stesso pontefice canonizzati il 29 giugno 1930. Citiamo i loro nomi:
Sacerdoti Carlo Daniel († 1648), Giovanni De Brébeuf, Gabriele Lalemant, Carlo Garnier, Natale Chabanel († tutti nel 1649); fratello coadiutore Renato Goupil († 1642), sacerdote Isacco Jogues e il fratello coadiutore Giovanni de la Lande († 1647). Ricorrenza liturgica per tutti al 19 ottobre.

Giovanni de Brébeuf nacque il 25 marzo 1593 nel castello feudale di Condé-sur-Vire, nella diocesi di Bayeux in Francia; discendente di una antica famiglia, nobile e cavalleresca. Aveva 20 anni quando l’8 novembre 1617, entrò nel Noviziato dei Gesuiti a Rouen e dove il 25 marzo 1622 a 29 anni esatti, fu ordinato sacerdote.
Dopo tre anni, nell’aprile 1625 s’imbarcò con altri missionari gesuiti a Duppe, per il Canada, in quell’epoca colonia francese, raggiungendo Québec il 19 giugno.
In questa immensa terra si fece notare per la sua anima eroica e generosa, tanto è vero che le Suore Orsoline di Québec, lo chiamavano “personificazione della grandezza e del coraggio”.
Per cinque mesi accompagnò gli Indiani Algonchini, attraverso le foreste nevose di quell’inverno e anche se non convertì nessun Indiano, poté apprendere la loro lingua, componendo un dizionario e una grammatica e facendosi comunque amare ed ammirare da loro.
Nel mese di marzo 1626, Giovanni de Brébeuf riuscì ad imbarcarsi su una canoa degli Uroni e con la loro flottiglia risalì il fiume San Lorenzo e da lì poi nel fiume Ottawa, raggiungendo dopo trenta giorni il territorio degli Uroni, dove risedette per tre anni in completa solitudine, sia di territorio, sia di approccio con questo popolo, a cui a stento riuscì a battezzare qualche bimbo in fin di vita.
Riuscì comunque a scrivere nella loro lingua un catechismo, che diventò un saggio raro di quel linguaggio, scomparso con l’annientamento degli Uroni qualche decennio dopo.
Per i noti motivi politici e coloniali, la città di Québec e la colonia francese, passarono agli inglesi e i missionari cattolici, a malincuore dovettero lasciare il Canada e ritornare in Francia.
Dopo il Trattato di San Germano del 29 marzo 1632, con il quale la Francia riebbe il Canada, anche i Gesuiti ripresero le loro missioni; padre Giovanni de Brébeuf ritornò fra gli Uroni a condividere quella desolata esistenza.
Alla fine del 1636 una malattia epidemica scoppiò nel villaggio, sembra proprio nella misera capanna dei missionari (i meno immunizzati naturalmente a tanta sporcizia e mancanza d’igiene), diffondendosi alle capanne vicine e poi all’intero villaggio e a quelli dei dintorni; estendendosi a macchia d’olio, seminando morti in quantità, specie bambini.
I padri Gesuiti, ancora convalescenti, presero ad aiutare tutti, dando prova ed esempio di cristiana carità; nonostante l’avversità degli stregoni, che li ritenevano responsabili dell’epidemia.
In particolare padre Giovanni de Brébeuf, anche quando rivestì la carica di Superiore della Missione, sopportava con ammirevole pazienza e con il sorriso sulle labbra, gli insulti, le offese, le lividure e le ferite, che gli Uroni gli infliggevano, sempre aizzati dagli stregoni; sempre primo a svolgere i compiti più gravosi, ad alzarsi la mattina e accendere il fuoco e l’ultimo a coricarsi.
Dal 1637 i suoi coraggiosi e tenaci tentativi di evangelizzazione cominciarono a dare i primi frutti, al punto che nel 1649, anno in cui morì, gli Uroni battezzati erano settemila.
Il 16 marzo 1649 la Missione fu invasa dalla tribù degli Irochesi, Indiani feroci armati dagli Inglesi, che uccisero una gran quantità di Uroni e facendo altri prigionieri per torturarli, compreso padre de Brébeuf, al quale strapparono le unghie, lo legarono ad un palo, con delle scuri incandescenti legate al collo, che gli bruciarono il dorso e il petto, mentre una cintura di corteccia con pece e resina incendiata, gli cingeva i fianchi.
Era tale l’odio contro il missionario, che gli Irochesi presero a trafiggerlo con aste arroventate, strappandogli brandelli di carne bruciata e divorandola davanti ai suoi occhi. Ancora più infuriati perché il martire invece di gridare dal dolore, continuava a pregare lodando Dio, gli strapparono le labbra e la lingua, gli ruppero le mascelle, ficcandogli in gola tizzoni ardenti; poi finalmente sazi di tanta crudeltà, apersero il petto dell’agonizzante ed eroico martire, gli strapparono il cuore e ne bevvero il sangue, convinti secondo le loro credenze, di assimilare così il suo coraggio.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2004-03-30

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