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Sant' Anna Schaffer Vergine

5 ottobre

Mindelstetten, Germania, 18 febbraio 1882 – 5 ottobre 1925

La storia della beata Anna Schaeffer (1882-1925) è il racconto di come Dio sa trasformare i progetti degli uomini. Mandando all'aria anche quelli che noi gli penseremmo più congeniali. La giovanissima Anna, bavarese, voleva andare missionaria in terre lontane. Di umilissime origini per raccogliere la «dote» allora necessaria per entrare in convento era andata a servizio presso una famiglia benestante. Ma all'improvviso la morte del padre sconvolge la costringe a rimandare quel progetto: ci sono cinque fratelli e sorelle più piccole da aiutare. «Aspetterò che diventino grandi», pensa Anna. Ma un incidente nella lavanderia dove lavora la costringe inferma in un letto. A 21 anni è l'inizio di un vero e proprio Calvario, durissimo da accettare. Ma è anche l'inizio di una serie di illuminazioni. Quel letto, a poco a poco, diventa un punto di riferimento per tante persone che vengono da lei a chiedere consiglio. La missione che pensava di vivere in terre lontane la realizza nella sua stanza. Morirà il 5 ottobre 1925. È stata proclamata beata nel 1999 e santa nel 2012. (Avvenire)

Martirologio Romano: Nel villaggio di Mindelstetten nel territorio di Ratisbona in Germania, beata Anna Schäffer, vergine, che all’età di diciannove anni, mentre prestava servizio come domestica, si ustionò con acqua bollente e, nonostante il progressivo peggioramento delle sue condizioni, visse poi serenamente in povertà e in preghiera, offrendo la croce del suo dolore per la salvezza delle anime.


E' la terza degli otto figli del falegname bavarese Michele Schaeffer e di Teresa Forster. Famiglia di non molte risorse: tutti vivono sui modesti guadagni del padre. Anna riceve l’istruzione elementare nelle scuole di Mindelstettene prende a coltivare un sogno: diventare suora e andare missionaria in terre lontane. Ma occorre un po’ di dote per essere accolta in una congregazione religiosa, e per metterla insieme lei cerca lavoro a Ratisbona (Regensburg). La prende a servizio una famiglia di benestanti, e questo è il primo passo verso l’avverarsi del sogno.
Ma è anche l’ultimo, sebbene Anna non lo sappia ancora. Un anno dopo, infatti, suo padre muore, e lei deve tornare a Mindelstetten per aiutare la famiglia orfana, con cinque fratelli e sorelle più piccoli di lei. Ancora lavoro, dunque, in casa e nelle famiglie del posto. Trascorrono così alcuni anni; i piccoli di casa crescono e forse presto non ci sarà più tanto bisogno di lei: forse potrà ripensare alla missione lontana... Ma il 14 febbraio 1901, a diciannove anni, ecco la disgrazia che fa di lei un’invalida per sempre. Accade nella lavanderia della casa forestale di Stammham, presso Ingolstadt, dove lei lavora: una canna fumaria sta per sfilarsi e cadere, lei si arrampica per rimetterla a posto, ma va a cadere dentro una vasca di acqua calda con lisciva, e ne riporta ustioni dolorosissime alle gambe, fino ai ginocchi. La curano nell’ospedale di Kosching e poi nel centro medico universitario di Erlangen; ma c’è ben poco da fare contro le piaghe che l’azione corrosiva del detergente ha provocato. Anna torna nella sua casa di Mindelstetten dopo mesi di ricovero, e si ritrova invalida per sempre, mentre i suoi sono diventati più poveri di prima.
Una disgrazia dopo l’altra: la famiglia è in rovina, e lei prigioniera dei suoi dolori, resi insopportabili dalla certezza che non hanno rimedio, che non finiranno mai. Tutto questo a 21 anni: una situazione insopportabile, anche per lei così ricca di fede. E infatti non accetta di ritrovarsi così. Si ribella a questo patire senza speranza, lo dice ai suoi, alle amiche, a padre Karl Rieder, il suo parroco.
La conquista della serenità non avviene per illuminazioni improvvise. È una fatica lunga, che porta Anna a convincersi: la sua non è una condanna; è un compito che le affida il Signore al quale si è consacrata: essere “missionaria” così, dal letto e dalle piaghe. Infine, ecco l’accettazione. Non come una resa, ma come atto di volontà: Anna offre le sue sofferenze al Signore. E ne ha molte da offrire: quelle dovute alla disgrazia in lavanderia e poi altre ancora: paralisi totale delle gambe, irrigidimento del midollo spinale, tumore all’intestino... Così piagata, parla dei suoi “sogni”, nei quali le appaiono il Signore e san Francesco.
Consiglia e incoraggia la gente venuta a chiederle aiuto e sostegno. Si scopre magnificamente necessaria, indispensabile, ai sani e ai sicuri: da quel letto è sempre “in servizio”, a voce e anche scrivendo lettere. Non lascia “ultime parole” o raccomandazioni prima di morire. Nel settembre 1925, una caduta dal letto le toglie la voce. Si spegne con un sussurro: «Gesù, io vivo in te». E resta dopo la morte una presenza forte nel suo mondo bavarese. Sepolto dapprima nel cimitero, il corpo verrà poi trasportato nella chiesa parrocchiale di Mindelstetten. Giovanni Paolo II la proclamerà beata nel 1999 ed infine santa con Papa Benedetto XVI il 21 ottobre 2012.


Autore:
Domenico Agasso


Fonte:
Famiglia Cristiana

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Aggiunto/modificato il 2004-10-01

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