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Serva di Dio Maria Luigia Angelica Clarac Fondatrice

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Auch, Francia, 17 aprile 1817 - Moncalieri, Torino, 21 giugno 1887

Madre Maria Luigia Angelica Clarac, già Figlia della Carità si San Vincenzo de Paoli, è nata ad Auch (Francia) il 17 aprile 1817 e tornata a Dio in Moncallieri (To) il 21 giugno 1887. Il 3 maggio 1871, attraverso un provvidenziale e misterioso disegno di Dio, la Madre Clarac lasciava la sua Congregazione e, nella sofferenza del distacco, dava origine ad una nuova famiglia religiosa: le Suore di Carità di Santa Maria. Luogo di nascita dell’istituto è la città di Torino, in via S. Pio V, dove, accanto alla cappella dedicata alla Madonna venerata col titolo: "Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù", riposano le spoglie mortali della fondatrice, di cui è in corso la causa di canonizzazione.


Solo la fede può aiutare un’anima consacrata a Dio ad affrontare lunghi e dolorosi contrasti con i propri superiori, vescovo compreso. Nella storia della Chiesa i casi non mancano e pare proprio che le prove nascano per far meglio conoscere le virtù di alcuni personaggi. Nell’Ottocento piemontese, nel proliferare di fondatori e di congregazioni religiose, emerge, in tal senso, Madre Clarac.
Marie Louise Angélique nacque ad Auch, in Guascogna, nel sud della Francia, il 6 aprile 1817, terza di cinque figli di una famiglia borghese e benestante, attenta alle necessità del prossimo. Molto amata in famiglia, ricevette dalla madre un carattere forte e un’istruzione severa. Era una ragazzina quando, nel 1820, la sua famiglia si trasferì a Parigi per frequentare l’alta aristocrazia. Per dieci anni vissero nella capitale, fino a quando la caduta di Carlo X li fece scappare dalla città in abiti contadini. Ricordando quegli anni dirà: “tutto è fumo e vanità sulla terra”, “appoggiamoci su Dio solo, che non ci mancherà in eterno”. In quello stesso anno, il 1830, la Madonna apparve a S. Caterina Labourè nella Casa Madre delle Figlie della Carità di Rue du Bac in cui, appena undici anni dopo, la giovane avrebbe fatto la sua vestizione.
I Clarac tornarono ad Auch e Luigia, per ricevere un’adeguata istruzione, entrò nel collegio delle Orsoline. Furono quattro anni importanti cui posero fine i genitori preoccupati dalle inclinazioni “troppo religiose” della ragazza che proseguì gli studi in casa. I due genitori erano però ottimi cristiani e all’istruzione dei figli affiancarono le visite ai malati dell’ospizio delle Figlie della Carità di S. Vincenzo. Lì Luigia sentì la chiamata alla vita religiosa che con gran timore manifestò in famiglia. Il diniego fu assoluto e dovette attendere quattro anni per fare, finalmente, il suo ingresso in congregazione, prima nella comunità locale, poi nella Casa Madre di Parigi. Chiese lei il trasferimento perché, lontana dalla famiglia, poteva assimilare totalmente lo spirito di S. Vincenzo. Dopo solo sei mesi, il 12 maggio 1842, vestì l’abito. La famiglia, dapprima reticente, sarà un valido sostegno lungo tutta la sua vita caritatevole. Dopo un’esperienza di cinque anni a St. Etienne, come insegnante, che le costerà non poca fatica per l’irrequietezza dei ragazzi che le furono affidati, volle andare in missione. Nel 1848 partì per l’Algeria, addetta ad un orfanotrofio. Il clima e la fatica misero però a dura prova la sua resistenza fisica (si ammalò di idropisia) e dopo tre anni dovette tornare in patria. Rimessasi in salute fu destinata a Torino, la capitale del Regno Sabaudo. Sarà la sua seconda patria.
Nel capoluogo piemontese le Figlie della Carità erano giunte nel 1833, per iniziativa di Re Carlo Alberto che donò loro il convento di S. Salvario, nel pressi della stazione ferroviaria. Il merito era del Beato Marcantonio Durando, superiore locale dei Vincenziani. Suor Clarac, dopo alcuni mesi, venne incaricata dell’apertura di un centro presso la parrocchia di S. Massimo in cui si distribuiva la minestra ai poveri ed erano state aperte alcune classi scolastiche per combattere l’analfabetismo. La giovane suora si imbatté però in molte orfane abbandonate e le accolse in casa a costo di scontrarsi con la propria superiora. In breve tempo i locali divennero insufficienti e si trovò un nuovo sito in cui accogliere anche alcuni malati. Nel 1856, quando fu approvata una legge che impediva l’insegnamento in mancanza di titoli, Suor Clarac aprì un laboratorio di cucito e ricamo e l’attività tornò a vantaggio delle operaie che avevano così un po’ di denaro da destinare alle famiglie. Madre Clarac costruì un fabbricato per ospitare i bambini mentre, per la stima che si era conquistata, ebbe l’incarico di capeggiare una missione in Sardegna. Fu provvidenziale perché nell’isola conobbe una nobile coppia, i Serra di Santa Maria, che le affidarono la loro bambina di cinque anni, Odile. Quella bambina divenne suora, le succederà nel governo del futuro istituto e sarà fondamentale per il suo sviluppo. Morta in concetto di santità, ne è in corso il processo di beatificazione.
D’accordo con Padre Durando, suor Clarac andò moltiplicando le opere assistenziali alla cui guida vi erano sempre le Figlie o le Dame della Carità. Occorreva ormai un fabbricato indipendente e volle confrontarsi con Don Bosco, che tante volte aveva incontrato per le vie della città. Il santo la incoraggiò e promise il sostegno dei suoi sacerdoti. I salesiani erano infatti presenti nel vicino oratorio di S. Luigi e sempre in zona era in progetto la costruzione di una grande chiesa da dedicare a S. Giovanni Evangelista. Per finanziare l’opera suor Clarac poteva contare sui parenti e sugli amici francesi e al termine dei lavori vi trasferì tutte le sue attività. Tra i salesiani che frequentarono la casa ci furono il futuro Cardinal Cagliero e don Albera, successore di don Bosco. Anche l’arcivescovo Riccardi di Netro veniva spesso a far visita. Nel 1866 si inaugurò la cappella dedicata a Nostra Signora del Sacro Cuore: suor Clarac fu la prima in Italia ad introdurre dalla Francia questa devozione. Le nubi però cominciavano ad addensarsi e presto sarebbe scoppiata la bufera.
La suora finanziava in parte le sue attività e badava più alle necessità dei poveri che ai bilanci. Era considerata un “vulcano inarrestabile”. Il 16 ottobre morì l’arcivescovo Riccardi che tanto la stimava e morì improvvisamente anche la preziosa collaboratrice, nipote del B. Marcantonio Durando, suor Teresa. Inoltre la guerra franco-prussiana causava l’interruzione dei rapporti con i superiori di Parigi mentre il disaccordo con la superiora di Torino, che aveva idee diverse sulla gestione delle opere di suor Clarac, era sempre più forte. La Serva di Dio si consultò con Don Bosco che le consigliò, essendo vacante la sede episcopale, di appellarsi al vescovo di Ivrea, il più anziano del Piemonte. Mons. Moreno le assicurò protezione, non potevano interrompersi le opere intraprese, a costo di staccarsi dalle Figlie della Carità. Nella sua diocesi vi erano già dei precedenti, due comunità si erano rese indipendenti dalle suore di San Salvario: quella di Rivarolo della Madre Verna e quella di Montanaro. Purtroppo alla situazione già tesa si aggiunsero i disaccordi col nuovo arcivescovo, Mons. Gastaldi. Nacquero incomprensioni causate dai due caratteri molto forti e da una situazione socio-politica assai complessa. Il presule chiese a Suor Clarac di deporre l’abito delle Figlie della Carità, uno dei motivi del disaccordo, cosa che la suora non voleva fare. Il famoso velo “a cornetta” era quasi il loro segno distintivo. La Serva di Dio, ormai quasi sola, si vide negata la celebrazione della Messa nella cappella dell’istituto e l’accostamento ai sacramenti. Il vescovo giunse persino ad apostrofarla pubblicamente, la considerava la suora “disubbidiente e superba”. Negli scritti di Suor Clarac relativi a quel periodo leggiamo: “Oh mio Divin Salvatore, se posso procurare la vostra gloria rivestendomi di queste croci, io le accetto tutte, con la più grande gioia”, “Voi vegliate su queste opere! Difendetele, proteggetele sempre! Io le metto nelle vostre mani. Pensateci Voi”. Il 2 agosto 1872 si definì la questione patrimoniale con le Figlie della Carità, per il resto la vicenda arrivò a Roma. Madre Clarac ricorse direttamente a Papa Pio IX. Nonostante i problemi in diocesi, risolto il problema dell’abito, la nuova famiglia religiosa cominciò a ricevere richieste da fuori regione. Il primo a chiamarla fu il vescovo di Ripatransone, nelle Marche, poi fu la volta di Civitavecchia. Nel 1876 la Madre acquistò Villa Maria, nella collina torinese, che sarà in seguito sede del noviziato. In diocesi il clima tornò sereno col nuovo arcivescovo, il Cardinale Alimonda. Si riaprì la cappella e si fondarono nuove case, tra cui quella di Moncalieri. Nel 1886 S. Giovanni Bosco conferì alla Serva di Dio il diploma di cooperatore salesiano.
Madre Luigia aveva “combattuto la buona battaglia” ed era matura per il Cielo. Nel giugno 1887, benché sofferente, volle far visita alle suore di Moncalieri. Il malore fu però mortale. Assistita amorevolmente dalle “sue figlie” e da alcuni sacerdoti, il giorno della Vergine Consolata, patrona della diocesi, si accomiatò dal mondo. Morì all’alba della festa del suo patrono S. Luigi.
Dal cimitero monumentale, nel 1942, le spoglie furono trasferite nella cappella di Nostra Signora del Sacro Cuore, culla dell’istituto, in cui oggi un piccolo museo raccoglie i suoi ricordi. Sei anni dopo, nel 1948, iniziò il processo di beatificazione. La Congregazione delle Suore di Carità di S. Maria, dette “del Buon Consiglio” dal santuario annesso all’attuale Casa Madre, sono oggi presenti oltre che in Italia, anche in terra di missione (Canada, Messico, Argentina, India).


PREGHIERA
Oh Dio, che hai scelto la tua serva
Madre Maria Luigia Angelica Clarac
come strumento fedele del Tuo Amore,
rendi in noi ogni giorno più vivo
lo Spirito di carità che ha animato la sua opera.
E perché possa essere conosciuta e diffusa nella Chiesa
l’esemplare fedeltà della sua vita,
Ti preghiamo umilmente di glorificarla anche qui in terra
e di concederci, per sua intercessione, le grazie che Ti domandiamo.
Per Cristo nostro Signore. Amen.


Per informazioni:
Suore di Carità di S. Maria
Via Curtatone, 17
10131 Torino
tel. 011/6604386


Autore:
Daniele Bolognini

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Aggiunto/modificato il 2007-05-18

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