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> Home > Sezione Venerabili > Venerabile Giovanni Battista Danei (Giovanni Battista di S. Michele Arcangelo) Condividi su Facebook Twitter

Venerabile Giovanni Battista Danei (Giovanni Battista di S. Michele Arcangelo)

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Ovada (Alessandria), 4 aprile 1695 - Vetralla (Viterbo), 30 agosto 1765


Com’è spesso accaduto, quando fra due fratelli ve n’è uno circonfuso dalla luce della santità, o del carisma di fondatore di importanti opere sociali o di Famiglie religiose, l’altro fratello pur vivendo al suo fianco, supportandolo nelle necessità e nell’attività, finisce per vivere nell’ombra o al massimo di luce riflessa.
E la cosa si prolunga spesso anche dopo la morte di entrambi, quando il fratello principale magari è diventato Santo o Beato, mentre l’altro, pur con i suoi grandi meriti, è rimasto ancora un gradino più giù, in attesa di un riconoscimento ufficiale delle sue indiscusse virtù e della sua opera silenziosa.
Così è stato per il venerabile Giovanni Battista Danei, fratello del fondatore dei Passionisti, san Paolo della Croce (Paolo Francesco Danei; Ovada, 3-1-1694 – Roma, 18-10-1775); visse all’ombra del grande e santo fratello, qualcuno non lo chiamava neppure per nome, limitandosi a ricordarlo come “il fratello di san Paolo della Croce”.
Come il fratello Paolo, Giovanni Battista Danei nacque ad Ovada (Alessandria) il 4 aprile 1695, quindi era di poco più di un anno più giovane. Quasi un presagio della futura vita contemplativa, la madre durante la gravidanza, ebbe il particolare dono di un’intensa e continua preghiera.
Giovanni Battista compì i primi studi ad Ovada, Cremolino, Campo Ligure e forse a Genova; era un adolescente quando insieme a Paolo caddero nel fiume Tanaro, rischiando di affogare e venendo miracolosamente salvati dalla Madonna.
Trascorse l’adolescenza e la giovinezza nella penitenza e nella preghiera, dormiva su nude tavole, si alzava la notte per pregare, il suo nutrimento era povero e frugale, viaggiava scalzo indossando un ruvido e scomodo vestito; la sua preghiera, sempre in ginocchio, durava oltre tre ore.
I genitori dovettero intervenire per attenuare questa esagerata sete di penitenza; con il fratello Paolo era “un cuor solo ed un’anima sola”, sempre inseparabile nella penitenza e nella preghiera, tanto che è difficile dire chi dei due fosse più fervoroso e penitente.
Quando Paolo Danei verso il 1720, si recò da solo dal papa per chiedere l’approvazione della congregazione che intendeva fondare, Giovanni Battista che voleva seguirlo ad ogni costo, se ne dispiacque e gli disse profeticamente: “Va’ pure ma non potrai stare, né avere pace senza di me”.
E così avvenne, Paolo compì un viaggio inutile e cadde in preda a profonda tristezza senza trovare un po’ di serenità; si ricordò allora delle parole del fratello e riannodato lo stretto rapporto di collaborazione, ritrovò la pace interiore.
Giovanni Battista Danei, vestì il 28 novembre 1721, l’abito di eremita come Paolo, che prese a seguire come un’ombra nelle sue varie peregrinazioni; insieme si ritirarono nel romitorio di Santo Stefano a Castellazzo Bormida (AL), conducendo vita eremitica e orante; da lì nel 1722 passarono nell’abbandonato romitorio dell’Annunziata sull’Argentario, promontorio presso Orbetello, dove rimasero per sei mesi circa.
Continuò a seguirlo in altri luoghi, Gaeta, Itri, Castellazzo, Napoli, Foggia, Troia, Roma, sempre alla ricerca di attuare quello che entrambi sentivano nel cuore.
Nel maggio 1725 ottennero da papa Benedetto XIII, una prima approvazione a voce per l’istituzione di una nuova Congregazione di sacerdoti e religiosi, che con i simboli della Passione di Cristo, si dedicassero alle missioni popolari.
Furono poi chiamati nel 1726, dal cardinale Corradini a prestare assistenza spirituale nell’ospedale di San Gallicano a Roma; e il 7 giugno 1727 furono entrambi ordinati sacerdoti nella Basilica di S. Pietro in Vaticano, dallo stesso papa Benedetto XIII.
Restarono a Roma un anno e mezzo, dedicandosi completamente agli ammalati, sempre disponibili e caritatevoli; ma in cuor loro avvertivano che non era quella la loro strada e così nel febbraio 1728 ritornarono sul Monte Argentario nel romitorio di S. Antonio e con il titolo di ‘missionari apostolici’, si dedicarono fruttuosamente alle missioni popolari.
E mentre i due fratelli conducevano una vita tra disagi estremi in quel tugurio esposto ad ogni inconveniente, dediti alla preghiera, alla penitenza, allo studio e alla predicazione, Giovanni Battista dirigeva i lavori di costruzione della prima Casa religiosa della Congregazione dei Passionisti sul Monte Argentario, che fu inaugurata nel settembre del 1737.
In quel periodo si verificarono eventi prodigiosi; la miracolosa scoperta di una sorgente d’acqua, indispensabile per la nuova costruzione; l’apparizione di S. Michele Arcangelo che mise in fuga dei malviventi notturni, saliti sul monte da Orbetello, con l’intento di radere al suolo il convento; Giovanni Battista per gratitudine volle modificare il suo nome, aggiungendovi “di San Michele Arcangelo” e dedicando un altare nella chiesa conventuale al santo arcangelo.
Nell’aprile 1741, ottennero finalmente l’approvazione della Regola ed emisero i voti religiosi; mentre la Congregazione dei Passionisti, cresceva di numero sotto la guida del santo fratello, a Giovanni Battista di S. Michele Arcangelo fu dato nel 1744, l’incarico di superiore della nuova Casa di Vetralla (Viterbo), dove rimarrà per 21 anni fino alla morte, anche come responsabile dell’educazione dei giovani.
Dal 1747 e per tutta la vita fu ininterrottamente Consultore Generale della Congregazione, confessore e direttore spirituale del fratello Paolo; era molto richiesto per gli Esercizi Spirituali, che erano il suo forte, dalle suore e dal clero.
Uomo colto e umile, Giovanni Battista Danei predicava con parole semplici, essenziali, scevre da appesantimenti linguistici, andando subito al cuore dell’argomento; girò l’Italia Centrale nelle missioni popolari, spesso con il fratello, infaticabile e zelante, al termine per evitare congratulazioni di ogni genere, se ne andava quasi di nascosto dalla località, per ritornarsene subito al convento e nell’ombra.
Venerato dalla famiglia Costantini di Tarquinia, la stimolò efficacemente a fondare e sostenere il primo monastero di religiose passioniste, cofondato dalla figlia, la venerabile Maria Crocifissa di Gesù (Faustina Gertrude Costantini; 1713-1787).
Nel luglio 1765 Giovanni Battista cadde gravemente ammalato, sembrava un malessere dell’età avanzata, ma lui assicurò che questa volta sarebbe morto; lo stesso Paolo durante la celebrazione della Messa, ebbe la rivelazione dell’imminente fine del fratello minore, considerato cofondatore dei Passionisti; dormivano in due stanze attigue nel convento di S. Angelo in Vetralla, e pur essendo anch’egli ammalato e affranto per le condizioni di Giovanni Battista, Paolo lo assisteva e confortava.
Gli ultimi giorni furono struggenti per i due fratelli e il 30 agosto 1765 Giovanni Battista entrò in agonia, dopo aver benedetto Paolo e la Congregazione; verso le 22 morì santamente, circondato dalla comunità dei Passionisti ed accompagnato dalle note melodiose del “Salve Regina”, intonato con voce vibrante da Paolo.
I funerali videro la partecipazione di una folla di fedeli, desiderosi di avere ad ogni costo una reliquia del venerato defunto. San Paolo della Croce, lo pianse inconsolabile dicendo: “Sono restato orfano e solo, senza padre; chi mi correggerà? Chi mi avviserà dei miei difetti?”.
Egli in preda a tante difficoltà organizzative e pastoie burocratiche, si sentiva sicuro sapendo che il fratello era immerso nella contemplazione e stava pregando per la Congregazione.
Tra loro c’era perfetta intesa, anche se i caratteri non erano uguali, si completavano a vicenda; espansivo e dinamico Paolo, raccolto e riservato Giovanni Battista; una singolare fraternità di sangue e di spirito, difficile a trovarsi in altre Congregazioni religiose.
Giovanni Battista Danei ebbe il dono delle estasi e delle lagrime; piangeva per i peccati e i mali morali soprattutto degli ecclesiastici; piangeva per la Chiesa, per la quale dirà il fratello Paolo “ha versato catini di lagrime e per il continuo piangere ha le guance solcate… ha come due canaletti alle guance”.
Quel pianto esprimeva la sensibilità del suo cuore; testimoni autorevoli affermarono che la mattina il suo guanciale era inzuppato di lagrime versate nel corso della notte.
Vivere e restare nell’ombra, scivolare sereno ed uscire silenziosamente dalla memoria degli altri, questa la sua grande aspirazione; purtroppo è stato accontentato, per inspiegabili motivi solo molto più tardi si iniziarono i processi per la sua beatificazione, infatti la sua causa fu introdotta solo il 10 dicembre 1930; il fratello Paolo della Croce, morto 10 anni dopo di lui, è stato proclamato santo nel 1867 da papa Pio IX.
Il suo corpo sepolto nel ritiro di S. Angelo in Vetralla, divenne poi introvabile, perché fu nascosto altrove per timore di profanazione da parte dei soldati francesi, che occuparono lo Stato Pontificio nel 1810; l’autore dell’occultamento, portò con sé nella tomba il segreto della nuova sepoltura, e le ricerche successive non hanno dato esito favorevole. È stato dichiarato “venerabile” il 7 agosto 1940 da papa Pio XII.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2006-06-06

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