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Venerabile Anne Marie Madeleine Delbrêl Laica

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Mussidan, Francia, 24 ottobre 1904 - Ivry-sur-Seine, Francia, 13 ottobre 1964

Madeleine Delbrêl (nome completo Anne Marie Madeleine) nacque a Mussidan, in Dordogna (Francia), il 24 ottobre 1904. Trasferitasi a Parigi, insieme alla sua famiglia, crebbe in un clima che la fece dichiarare, a diciassette anni, di essere atea, benché a dodici anni avesse ricevuto con grande fervore la sua Prima Comunione. L’ingresso del suo amico Jean Maydieu tra i padri Domenicani fu per lei un duro colpo, che la portò ad interrogarsi sul senso della vita e sulla possibilità dell’esistenza di Dio, fino all’incontro abbagliante con Lui nel marzo 1924. Dapprima fu capo-scout, poi, nel 1933, andò a vivere insieme a due compagne a Ivry-sur-Seine, cittadina caratterizzata dalla presenza di numerose fabbriche e dall’influenza del marxismo. La sua presenza e il suo impegno furono elogiati dall’amministrazione comunale, che approvò, nel 1939, la sua assunzione nei servizi di assistenza sociale della città. Morì a Ivry-sur-Seine il 13 ottobre 1964, a 60 anni non ancora compiuti. Il 12 maggio 1993 è stato concesso dalla Santa Sede il nulla osta per l’avvio della sua causa di beatificazione, la cui fase diocesana si è svolta nella diocesi di Créteil dal settembre 1993 all’ottobre 1994. Il 26 gennaio 2018 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui Madeleine Delbrêl, la cui tomba si trova nel cimitero municipale di Ivry, è stata dichiarata Venerabile.



La vita difficile della “banlieue”
I frequenti disordini che avvengono nella “banlieue” di Parigi sono la spia di un disagio sociale, di una mancata integrazione, di una miseria economica, di un’emarginazione stridente al confronto con i quartieri più ricchi della capitale francese. A ben vedere, affondano le radici in tempi più lontani.
Vedendo quelle immagini di guerriglia urbana, il pensiero va indietro nel tempo, agli anni Trenta del 1900, quando nella periferia parigina cominciò ad operare una piccola e forte donna, che aveva votato la sua vita al sollievo morale e sociale della gente che l’abitava.

I primi anni
Si chiamava Madeleine Delbrêl ed era nata il 24 ottobre 1904 a Mussidan in Dordogna, una regione interna della Francia Sudoccidentale, fra il Massiccio Centrale e il fiume Garonne.
Pur essendo stata educata da genitori cattolici, durante l’adolescenza, Madeleine si avvicinò alla cultura positivista. Quel pensiero filosofico è contrario a ogni forma di metafisica, quindi di religione. Secondo i suoi teorici, il metodo delle scienze naturali è l’unico valido per la conoscenza della realtà e deve essere applicato anche allo studio della formazione psichica e sociale dell’uomo.

A 17 anni scrive: «Dio è morto!».
A 17 anni, Madeleine si dichiarava atea e scriveva nel suo radicale ateismo: «Dio è morto! Viva la morte!». Tutto si era accentuato quando suo padre, ferroviere, era stato nominato capo delle stazioni parigine della linea di Sceaux, a Denfert-Rochereau: la famiglia Delbrêl si era trasferita così a Parigi.
La ragazza fu orientata a dedicarsi all’arte e alla letteratura, per cui era molto portata: a ventidue anni, infatti, vinse il premio annuale di poesia Sully-Prudhomme dell’Académie Française per giovani poeti.
Ma il Signore agisce per vie a volte incomprensibili per raggiungere il cuore delle persone e attirarle a sé. Sarà lì, nella febbrile e vivace vita parigina, che Madeleine l’incontrerà e cambierà vita, abbracciando con passione totale la causa dei poveri, degli emarginati, degli indifesi.

La conversione
Sarà lei stessa a raccontare che il momento del cambiamento fu un vero «incontro abbagliante». Avvenne dopo che un carissimo amico che lei frequentava da tempo, Jean Maydieu, decise di farsi religioso ed entrò nell’Ordine dei Domenicani.
Questa decisione aveva provocato in Madeleine una profonda crisi: aveva cominciato ad interrogarsi sul senso profondo dell’esistenza. Il positivismo le sembrò la risposta meno adatta alla sua inquietudine: lasciava aperti troppi interrogativi. Cominciò a pregare fino all’incontro con Dio nel marzo 1924.

L’esplosione del Vangelo
Si dedicò subito ad approfondire seriamente la sua giovane fede in un’appassionata riscoperta di Dio. Con i consigli di padre Jacques Lorenzo, vicario parrocchiale della chiesa di San Domenico (che sarà poi la sua guida spirituale), sentì esplodere in lei la passione per una vita di semplice Vangelo.
Perciò, mentre in un primo momento aveva pensato di farsi carmelitana, ma era stata trattenuta dal bisogno di seguire suo padre rimasto cieco, poco alla volta comprese di dover restare nel mondo per vocazione.
Utilizzando l’innata fantasia, l’amore per la natura e l’etica sociale, divenne un’efficiente caposcout. Fu per lei una iniezione di freschezza e semplicità: accanto ai giovani ritrovò la passione per la vita semplice, la solidarietà verso gli indifesi, il contatto con la natura.

A Ivry-sur-Seine, la città delle 300 fabbriche
Tuttavia, l’esperienza fra gli scout non esauriva il suo desiderio d’impegnarsi alla luce del Vangelo. Nel 1933, a 29 anni, dopo aver studiato come assistente sociale, si spostò a Ivry-sur-Seine all’estrema periferia sud di Parigi, insieme a due compagne capiscout, Suzanne ed Hélène, per vivere nel quotidiano l’esperienza del Vangelo.
Non poteva scegliere luogo più bisognoso di una parola religiosa e di speranza. Ivry-sur-Seine, dove restò per più di 30 anni, fino alla morte, era chiamata “la città delle 300 fabbriche”: era un crogiuolo di tensioni, rivendicazioni salariali, lotte operaie, scontri sociali e ideologici. Era anche il laboratorio del marxismo e del comunismo francese: i ritmi esasperanti di lavoro, lo sfruttamento operaio e le ripetute ingiustizie, suscitavano la rabbia collettiva e l’intolleranza.

Il Vangelo nel quotidiano
Madeleine, vivendo a fianco della gente nella quotidiana lotta per vivere, poté rendersi conto che in quel luogo di fatica ed emarginazione, mancava la voce del Vangelo: i cattolici non erano presenti e i preti erano chiusi nelle loro canoniche. Era un vuoto pesante, che lei pensò di dover riempire portando fra quella gente, spesso disperata, la speranza di Cristo.
Cominciò a percorrere le strade della periferia, mescolandosi fra la gente, entrando nei caffè affollati, nelle osterie e nelle sale d’attesa del metro, dove erano rifugiati i più disgraziati. Li avvicinava, li ascoltava, si caricava dei loro problemi, offrendo loro la consolazione e la speranza dell’amore cristiano.
Con un profondo senso di azione umanitaria, associata al suo spirito contemplativo, viveva l’amore di Dio tra la folla parigina. Tramite la difesa dei poveri e degli oppressi, coniugava la lotta per la giustizia sociale e il rispetto della dignità umana, sentendo la necessità di fare tutto il possibile perché nessuno rimanga nella miseria più grande, quella di una vita senza Dio.: «Una volta conosciuta la Parola di Dio – scriveva -  non abbiamo il diritto di non accoglierla; una volta che l'abbiamo accolta, non abbiamo il diritto di impedirle di incarnarsi in noi; una volta che si è incarnata in noi, non abbiamo il diritto di conservarla per noi: da quel momento apparteniamo a coloro che la aspettano»

A disposizione di tutti
La sua presenza, così leale e spontanea, era apprezzata anche da chi non condivideva la sua fede, come il sindaco di Ivry-sur-Seine, George Marrane e il vicesindaco Venise Gosnat. Furono loro che, nel 1939, approvarono la sua assunzione ai servizi di assistenza sociale della città, confermandola ancora per un anno nel 1944.
In quegli anni, nell’ufficio situato nella sede del Municipio di Ivry, per non parlare della sua casa in rue Raspail 11, Madeleine fu sempre presente, accogliendo con la sua profonda umanità chiunque bussasse alla sua porta. L’intensa vita interiore e il suo spirito ascetico e contemplativo, illuminarono e diedero sostanza al suo impegno sociale, ricco della carica rivoluzionaria del cristianesimo, che lei visse con grande autenticità.
Tra i suoi compagni di strada e d’impegno sociale, c’erano anche atei, agnostici e comunisti convinti. Lei, che più di tutti poteva comprenderli per le sue precedenti convinzioni agnostiche, collaborava con tutti senza pregiudizi, contribuendo a stemperare le forti tensioni sociali.

In un’epoca di grande fermento
Visse, approvandola con entusiasmo, pur non nascondendone i limiti e i pericoli, l’esperienza sorta in Francia dei “preti operai”. Nel 1952, si recò a pregare in San Pietro a Roma perché era convinta che a quel movimento mancasse il fondamento della preghiera. Il suo scopo fu duplice: «Per chiedere che la grazia di apostolato che è stata data alla Francia non sia da noi perduta, ma mantenuta nell’unità; per chiedere che questa grazia sia riconosciuta, fortificata dalla Chiesa».
«Non dobbiamo mai consentire – scriveva - che si stabilisca un equivoco sul fatto che Dio, per noi, è il solo bene assoluto e grazie al quale gli altri beni sono buoni perché provengono da Lui. Ma questo Dio, questo bene che diciamo assoluto, non si presenterà come una "ipotesi verosimile" che a condizione di prendere sul serio, come provenienti da Lui, i beni reali che gli uomini desiderano e il male reale che è per gli uomini la privazione di questi beni. Senza riferimento a Dio la nostra testimonianza è una contro-testimonianza; senza bontà realista e smisurata fino alla carità, è come se non ci fosse testimonianza, perché è fuori dalla portata degli occhi, delle orecchie, delle mani, del cuore degli uomini. Nei due casi e in modi opposti, ma equivalenti, ci sarebbe rottura con l'insieme della testimonianza evangelica».

Ambiente ateo, terra di conversione
Dopo qualche anno, il Papa san Giovanni XXIII convocò il Concilio Ecumenico Vaticano II. Nella fase preparatoria, Madeleine venne consultata dal vescovo emerito di Tananarive (Madagascar) sul tema dell’ateismo e dell’evangelizzazione del mondo lontano da Dio.
In quell’occasione, riflettendo sulla sua personale esperienza, Madeleine formulò la convinzione che «un ambiente ateo non è un luogo totalmente malvagio in cui delle tentazioni tendono delle imboscate alla fede, ma una terra di conversione in cui Dio ha previsto delle prove che, scelte da Lui, riconosciute da noi, faranno della nostra fede, proprio là dove deve lottare, la fede sana e vigorosa che Gesù Cristo ci ha donato».   

La morte e la sua eredità spirituale
Morì poco prima di compiere 60 anni, il 13 ottobre 1964, a Ivry-sur-Seine, per una congestione cerebrale e fu sepolta al cimitero comunale di Ivry, dove tutt’ora riposa.
«Ci sembra – scriveva – che la nostra vocazione sia vivere l'amore di Gesù interamente e alla lettera […] consegnandosi completamente mani e piedi al suo amore, perché amandolo perdutamente e lasciandoci amare fino in fondo, i due grandi comandamenti della carità si incarnino in noi e diventino uno».
Riconosciamo qui nient’altro che l’essenziale evangelico. Non meraviglia allora che la sua testimonianza così luminosa e creativa possa risultare illuminante per persone con le vocazioni più diverse. Anche per questo può essere considerata la precorritrice di tante altre belle figure di laici, sacerdoti, religiosi, che nel secolo XX, hanno scelto, specie in Italia e Francia, di vivere sulle strade del mondo, cogliendo la sfida del Vangelo e traducendola nella quotidianità a fianco dei più deboli.

La causa di beatificazione
Il 12 maggio 1993 è stato concesso dalla Santa Sede il nulla osta per la Causa di beatificazione. Gli atti dell’inchiesta diocesana, svolta dal settembre 1993 all’ottobre 1994 presso la diocesi di Créteil, sotto cui cade Ivry-sur-Seine, sono stati convalidati il 4 ottobre 1996. Un’inchiesta suppletiva, domandata dal Relatore della causa, è stata invece condotta dal 2001 al 2002.
La sua “Positio super virtutibus” ha avuto una prima redazione, ma è stata interamente ripresa dallo storico padre Gilles François. Terminata nel 2012 e data alle stampe nel 2015, è stata valutata dai Consultori teologi della Congregazione delle Cause dei Santi il 9 maggio 2017. È seguita la valutazione positiva da parte dei cardinali e dei vescovi del medesimo dicastero, il 16 gennaio 2018.
Il 26 gennaio 2018, ricevendo in udienza il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui Madeleine Delbrêl è stata dichiarata Venerabile.

Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
 




Madeleine Delbrêl, nata nel 1904 in una famiglia cattolica ma poco praticante, a 15 anni è «strettamente atea», a 17 sintetizza il suo ateismo proclamando «Dio è morto… viva la morte», a 20 anni è folgorata da Dio e inizia il suo cammino di conversione.
A questa sua radicale inversione di marcia non è certamente estraneo un gruppo di coetanei credenti con i quali si confronta e, in particolare, un certo Jean Maydieu, amico carissimo cui lei da tempo ha messo gli occhi addosso e che un bel giorno preferisce Dio a lei, decidendo di farsi domenicano.
La vitale, anticonformista ed emancipata ragazza, con la stessa foga con cui ha fatto aperta professione di ateismo, si tuffa in un’appassionata ed instancabile riscoperta del Dio che ha folgorato i suoi 20 anni ed attraversato così impetuosamente la sua vita.
Si “tuffa” nella preghiera, coltiva il desiderio di scoprire ed approfondire il messaggio evangelico, diventa un’efficiente caposcout e, insieme all’amore per la natura, ritrova la passione per la vita semplice e la solidarietà verso gli indifesi.
Si diploma assistente sociale e nel 1933 si trasferisce a Ivry-sur-Seine, all’estrema periferia di Parigi, chiamata “la città delle 300 fabbriche” e che è un crogiuolo di tensioni, rivendicazioni salariali, lotte operaie, scontri sociali ed ideologici.
È in questa realtà che si immerge Madeleine, insieme alle due capiscout che hanno scelto di fare vita comune con lei, animate dal desiderio di installarsi in una semplice vita di famiglia con tutti, in modo da rendere Gesù presente e visibile ai non credenti e ai poveri della città.
Poco alla volta scopre tutte le contraddizioni e le fragilità di quel quartiere, autentica roccaforte del marxismo, in cui non è facile testimoniare il Vangelo, anche perché molti dei proprietari delle 310 fabbriche della città sono cattolici che versano somme ingenti per la costruzione delle due nuove chiese, mentre ignorano deliberatamente la miseria dei 43 mila operai delle loro fabbriche.
In questo clima ostile al cristianesimo, anche la “strada”, il bar, l’ufficio o la fabbrica possono e devono trasformarsi in luoghi in cui Dio può e deve essere annunciato, cominciando col riconoscerlo già presente e all’opera dovunque.
Con la loro “spiritualità delle strade”, Madeleine e compagne proclamano che «la strada», cioè il pezzo di mondo in cui Dio di volta in volta le manda, «è il luogo della santità», come lo è il monastero per le persone consacrate. È la vocazione specifica della «gente qualunque», in un «luogo qualunque», che svolge «un lavoro qualunque», assieme ad altri «uomini qualunque» e che, tuttavia, «si tuffa in Dio» con lo stesso movimento con cui «si immerge nel mondo».
Alla luce del Vangelo, meditato ogni giorno, diventa chiara la distinzione fra l’ideologia marxista e le persone concrete, che meritano attenzione e amore qualunque sia la loro militanza politica. Lottando a fianco dei comunisti in favore dei poveri e della giustizia, scopre la dura realtà in cui vivono molte famiglie di operai, ma anche la generosità di numerosi militanti comunisti, con i quali collabora.
La questione dei rapporti tra cattolici e comunisti non è teorizzata o discussa, ma risolta di schianto in base a un semplicissimo principio: «Dio non ha mai detto: Amerai il prossimo tuo come te stesso, eccetto i comunisti», perciò c’è solo da accogliere l’evidenza: i comunisti sono di fatto “il suo prossimo” più immediato.
Ma accanto a loro testimonia è preoccupata di testimoniare che Dio è il più grande dei beni e che la giustizia senza tenerezza umana è pane raffermo… «Non c’è autentica carità di Dio senza carità fraterna, e non c’è carità fraterna senza bontà».
E questa si manifesta anche con un mazzo di rose rosse, regalato da Madeleine ad una donna, per farsi perdonare di averle consegnato un pacco, da parte della parrocchia, contenente soltanto luridi stracci e non gli indumenti che quella si attendeva. Così per trent’anni fino a che muore improvvisamente, il 13 ottobre 1964.
La diocesi di Créteil, riconoscendo il suo ruolo fondamentale nella spiritualità del Novecento e ritenendola «una delle più grandi mistiche del XX secolo», ha avviato fin dal 1993 il processo per la sua beatificazione.
L’approvazione del decreto con cui, il 26 gennaio 2018, papa Francesco l’ha dichiarata Venerabile, appare la conferma di come Madeleine abbia saputo e sappia farsi compagna di viaggio di chi si interroga seriamente sulle ragioni del credere, di chi sceglie gli ultimi e l’ultimo posto, di chi si consuma amando Cristo nei fratelli.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2018-02-13

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