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Santi Giacomo Kyuhei Gorobioye Tomonaga e Michele Kurobioye Martiri

17 agosto

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† Nagasaki, Giappone, 17 agosto 1633

Martirologio Romano: A Nagasaki in Giappone, santi martiri Giacomo Kyuhei Gorobioye Tomonaga, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, e Michele Kurobioye, condannati a morte per Cristo sotto il comandante supremo Tokugawa Yemitsu.


I santi DOMENICO IBÁÑEZ, GIACOMO KYUSHEI TOMONAGA, Domenicani, LORENZO RUIZ, laico, e 14 compagni formano un gruppo di martiri in Giappone del 1633-1637 a Nagasaki dopo quello dei 205 martiri di Omura-Nagasaki del 1617-1632, beatificati da Pio IX nel 1867.
Il gruppo dei beatificati da Papa Giovanni Paolo II, il 18 febbraio 1981 a Manila, è composto di 13 Domenicani e di 3 laici. Ma per comprendere meglio la situazione della Chiesa in Giappone a quel tempo dobbiamo rintracciare alcuni aspetti storici.
Nella storia ecclesiastica del Giappone si distinguono tre date importanti: 1549, 1600 e 1640. Nel 1549, San Francesco Saverio arrivò in Giappone; nel 1600, lo Shogun (capo militare) Tokugawa Yeyasu inaugurò la dinastia legata al suo nome; nel 1640, il Giappone chiuse le sue porte al mondo occidentale, isolandosi per due secoli. Dal 1549 al 1614, in un clima relativamente favorevole, San Francesco Saverio, al quale subentrarono i suoi confratelli Gesuiti e più tardi Francescani, Domenicani e Agostiniani, costruì una comunità cristiana fiorente. Nel 1600, in Giappone erano già più di 300.000 cristiani, tra i quali diversi membri delle classi influenti. A differenza delle Filippine, però, il cristianesimo giapponese nella prima metà del secolo XVII, sparì quasi completamente, sommerso da una violenta persecuzione. Questa coincise con gli anni più gloriosi dello shogunado, un regime frutto di vari fattori di ordine religioso, politico e sociale.
Da tempi immemorabili la religione originaria del Giappone era lo Shintoismo, basato sul culto degli spiriti legati alle forze della natura e sul concetto dell'imperatore come discendente dalla Dea solare Amaterasu, come simbolo visibile e permanente. Quando nel secolo VI entrarono dalla Cina il Buddismo ed il Confucianesimo, mettendo profonde radici, lo Shintoismo e il prestigio dell'imperatore decaddero in modo considerevole. Il risultato di questo declino fu il feudalismo, mentre al¬l'imperatore rimaneva solo un ruolo di carattere morale e religioso. Il potere effettivo passò ad un dittatore della classe guerriera, chiamato Shogun che, a sua volta, vide la sua autorità diluirsi tra diversi signori feudali chiamati daimyò, padroni assoluti dei loro vasti territori. Al loro servizio stavano i samurai e, al livello sociale inferiore, i poveri, privi di diritti umani: contadini, artigiani, commercianti ed operai. I daimyò si dedicarono spesso alla guerra tra di loro.
Tale situazione ebbe curiosamente dei vantaggi per l'evangelizzazione al¬l'arrivo di San Francesco Saverio e degli altri missionari. Espulsi da un feudo, i cristiani potevano fuggire in un'altro. Nell'ultimo quarto del secolo XVI due Shogun aprirono la strada per un movimento di unificazione, Oda Nobunga (1568 – 1582), nemico dei buddisti e simpatizzante per il cristianesimo, e poi Toyotomi Hideyoshi (1582 – 1598). In modo quasi inspiegabile quest'ultimo divenne persecutore del cristianesimo e ordinò l'esecuzione dei 26 Protomartiri di Nagasaki (S. Paolo Miki e compagni). Alla morte dello Shogun Hideyoshi, il cristianesimo pote respirare di nuovo tra speranze e timori.
La vittoria di Sekigahara, nel 1600, diede il potere e lo shogunado a Toku¬gawa Yeyasu (1600 – 1616), al quale successero il figlio Hidetada (1616 – 1622) e il nipote Yemitsu (1622 – 1651), e poi una lunga serie di discendenti fino al 1868. Yeyasu conseguì l'unificazione nazionale e diede al paese una solida struttura legale ed amministrativa. Il Giappone iniziava ad essere governato da un'autorità centrale senza eliminare la relativa autonomia feudale dei daimyò. La politica dei Tokugawa mostrò per questo sempre una certa diffidenza riguardo alla lealtà dei daimyò, sottomessi ma mai del tutto domati. Tale sospetto aumentava con la presenza di commercianti spagnoli e di religiosi cattolici, accusati dagli olandesi di essere la punta avanzata della conquista e dell'insurrezione. Cosa in realtà mai avvenuta.
Nel 1614 Yeyasu, giudicando la fede di tutti i suoi sudditi sulla base del buddismo e attorniandosi poi di ministri gelosamente confuciani, emise l'editto di persecuzione generale. Hidetada e Yemitsu intensificavano l'avversione al cristianesimo, come dimostra la cruenta persecuzione, in particolare nei riguardi dei martiri della presente Canonizzazione, la prima, insieme al primo Santo delle Filippine, Lorenzo Ruiz.
Prima di presentare le biografie di questi martiri immolati nel periodo 1633 – 1637, dobbiamo rispondere alla questione del ritardo nella beatificazione. La risposta è semplice. Le inchieste processuali tenute nel giro immediato dei fatti con due processi ordinari a Manila e a Macao (1636 – 1637) sul martirio di nove sacerdoti domenicani andarono smarrite 30 anni dopo e furono ritrovate solo all'inizio del secolo XX in copia autentica negli archivi domenicani di Manila. Arricchiti con ampia documentazione di tutto il gruppo, resero possibile la ripresa della causa, preparando nel 1977 – 1978 la « Posizione » storica sul martirio, che venne pubblicata nel 1979 e posta alla base degli esami storico-¬teologici della Congregazione dei Santi tra i1 30 ottobre 1979 ed il 1° luglio 1980.

GIACOMO KYUSHEI GOROBIOYE TOMONAGA DI SANTA MARIA, Sacerdote Domenicano

Il santo Giacomo Kyushei nacque di famiglia nobile cristiana nel 1582 in Giappone. Studiò dai Gesuiti e diventò catechista. Nel 1614 partì dal Giappone e andò nelle Filippine, dove divenne terziario francescano. Successivamente fu ammesso all'Ordine Domenicano e ordinato sacerdote nel 1626. Fu mandato a Formosa, dove lavorò per 3 anni, e ritornò a Manila nel 1630. Due anni dopo, nel 1632, partì di nuovo per il Giappone insieme con 10 altri missionari. Appena arrivati a Satzuma (Kyushu), furono denunciati alle autorità, ma riuscirono a scappare ed a iniziare il loro ministero tra i perseguitati. Giacomo fu arrestato di nuovo nel luglio 1633 per la confessione del suo catechista Michele Kurobioye. Il 15 agosto fu sottoposto alle torture della forca e fossa e morì dopo due giorni di agonia. Il suo corpo fu bruciato e le ceneri disperse nel mare. La motivazione della condanna a morte asseriva « per essere religioso e aver propagato la fede evangelica ».

MICHELE KUROBIOYE, Laico Giapponese

Il santo Michele Kurobioye era giapponese e lavorò per alcuni mesi come catechista con P. Giacomo. Verso la fine di giugno 1633 fu imprigionato e torturato per rivelare il nascondiglio dello stesso Padre. Lo rivelò, ma subito se ne pentì e andò al martirio insieme con lui, sopportando le torture della forca e fossa il 15 agosto 1633 e morendo dopo due giorni.

Il 18 febbraio 1981, Papa Giovanni Paolo II ha beatificato i martiri a Manila e, il 18 ottobre 1987, li ha canonizzati.


Autore:
Andreas Resch


Fonte:
I Santi di Johann Paolo II. 1982- 2004

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Aggiunto/modificato il 2012-06-30

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