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Beato Carino Pietro da Balsamo

28 aprile

sec. XIII – † 1293

Carino da Balsamo fu uno degli esecutori materiali del martirio di san Pietro da Verona. Cercando di sfuggire alla giustizia a causa di quell’omicidio, riparò, stanco e ammalato, a Forlì. Per espiare la propria colpa, entrò nell’Ordine domenicano come fratello converso e morì in concetto di santità nel 1293.
I suoi resti mortali, inizialmente sepolti presso la cattedrale di Forlì, dal 1964 sono integralmente conservati nella chiesa parrocchiale di San Martino in Balsamo, nel comune di Cinisello Balsamo, in diocesi di Milano.



Le scarse notizie storiche circa questo personaggio risalgono ai fatti relativi al martirio di san Pietro da Verona. Il 6 aprile Pietro da Balsamo, noto anche col nome di Carino, venne assoldato dall’eretico Giacomo Leclusa, per uccidere fra Pietro da Verona, nominato Inquisitore di Lombardia da papa Gregorio IX. Insieme ad un complice, Alberto Porro da Lentate, si fece ricevere dai domenicani del convento di Como, ma, una volta appreso che il frate sarebbe partito per Milano la mattina del 6 aprile, architettò il suo piano: l’avrebbe aggredito durante il viaggio.
Appostatosi nel bosco Farga, presso Barlassina, Carino mise in atto il suo crimine, ma Albertino fuggì; lungo la strada, incontrò i due frati che avevano accompagnato fra Pietro, rimasti indietro perché si erano trattenuti presso una famiglia amica. Il predicatore morì, col cranio squarciato da un colpo di coltello, detto “falcastro”; sorte analoga incontrò, dopo sei giorni, fra Domenico, che l’accompagnava, in seguito ai colpi inferti da Carino.
Il racconto secondo cui il martire, prima di rendere l’anima a Dio, tracciò col suo sangue, sul terreno, la parola “Credo”, a prima vista può apparire come la sua ultima professione di fede, ma alcuni l’interpretano in un altro modo. Si tratterebbe di un acrostico della frase latina «Carinus Religiosus Erit Domenicani Ordinis», «Carino sarà un religioso dell’Ordine Domenicano».
Al di là di questa suggestiva profezia, se di tale si tratta, sta di fatto che Carino, per sfuggire alla giustizia, si allontanò il più possibile da Milano. Senza denaro, in uno stato di prostrazione fisica e mentale, venne ricoverato nell’ospedale di San Sebastiano a Forlì. I Domenicani, da poco arrivati in quella città, visitavano spesso l’ospedale. Quando il priore della comunità venne a trovare gli ammalati, Carino, che temeva di morire, venne colto dal rimorso e gli rivolse la sua confessione.
Il priore decise di dargli fiducia e, dopo che si fu ripreso, l’accolse in convento. Il capitolo approvò e anche il priore provinciale confermò la sua accoglienza nell’Ordine, come fratello converso. Un valido aiuto gli venne offerto dal beato Giacomo Salomoni da Venezia, che assunse come padre spirituale.
Morì sicuramente a Forlì nel 1293, ma il giorno preciso è ignoto. Fonti agiografiche raccontano che compì la sua confessione generale e, consapevole del suo atto giovanile, chiese di venire seppellito nel terreno riservato ai criminali anziché nel cimitero del priorato. I Domenicani, rispettando le sue ultime volontà, lo seppellirono quindi in terra sconsacrata.
Ma la gente di Forlì, che probabilmente l’aveva conosciuto nei suoi giri di commissioni esterne al convento, si oppose vivamente, a tal punto che i Domenicani traslarono il corpo dal cimitero alla loro sacrestia. Per il popolo non era ancora sufficiente, perciò si decise di collocarlo in una cappella della chiesa del priorato dove, successivamente, vennero collocati i resti dei beati Giacomo Salomoni e Marcolino Amanni.
I tentativi di ufficializzare il culto, rimasto a livello popolare e della comunità domenicana, iniziarono nel 1822. Tuttavia, la morte di papa Pio VII e i problemi politici che agitavano l’Italia del XVII secolo arrestarono la causa. Prima dell’espropriazione del convento da parte del governo unitario italiano, il 19 settembre 1879, i padri misero in salvo i resti dei tre Beati collocandoli nella cattedrale di Forlì.
Il Capitolo generale dell’Ordine domenicano, nel 1910, presentò il Beato Carino in un elenco di dodici nominativi da proporre alla Sacra Congregazione dei Riti per l’approvazione del culto o la beatificazione solenne, ma da allora la sua causa non ha avuto ulteriori sviluppi.
In compenso, la venerazione verso di lui tornò nel luogo da cui tutto era iniziato. Nel 1934, il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, Arcivescovo di Milano (beatificato nel 1996), ottenne il capo e altre reliquie del beato Carino dal capitolo della cattedrale di Forlì. La sera del 28 aprile 1934 avvenne la solenne traslazione, alla presenza dell’Arcivescovo, presso la parrocchia di San Martino in Balsamo, oggi nel comune di Cinisello Balsamo.
Trent’anni dopo, il 4 novembre 1964, il vescovo di Forlì, Paolo Babini, consegnò al parroco di San Martino, don Piero Carcano, il resto del corpo del Beato, con l’approvazione del cardinale arcivescovo di Milano Giovanni Colombo. Le reliquie furono composte in un simulacro, rivestito dell’abito religioso dei Domenicani e realizzato dalla Ditta Rossetti di Milano. Il tutto venne posto in un’urna di metallo e vetri, che venne collocata sotto l’altare della nuova chiesa parrocchiale, sempre dedicata a san Martino.
Dopo oltre cinquant’anni, il simulacro si presentava in condizioni non buone. Di conseguenza, anche in vista di una nuova e più degna collocazione nella chiesa di San Martino, l’attuale parroco, don Enrico Marelli, ha interpellato il competente ufficio della Curia Arcivescovile di Milano per una consulenza specifica.
Lunedì 28 gennaio 2013, gli incaricati hanno proceduto alla ricognizione canonica di quanto contenuto nell’urna. Successivamente si sono compiute le operazioni di consolidamento e catalogazione delle reliquie, che, nuovamente ricomposte, sono state solennemente esposte alla venerazione dei fedeli nell’area dell’altare della chiesa di San Martino, dal 20 maggio al 3 giugno 2013.
Ogni anno la parrocchia di San Martino in Balsamo ricorda solennemente la sua memoria liturgica il 28 aprile, giorno della traslazione in terra ambrosiana delle prime reliquie. Il gran giorno è preparato da una settimana di predicazione e catechesi, detta «Settimana Cariniana», incentrata prevalentemente sul tema del perdono e della misericordia di Dio, quella stessa che Carino, ormai pentito del proprio errore, ricercò fino al termine dei suoi giorni.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2014-10-02

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