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Eugenio Biamonti Giovane laico

Testimoni

Bordighera, Imperia, 31 marzo 1913 – Voghera, Pavia, 2 febbraio 1939


Ad Asti ci sono numerose persone che lo ricordano ancora: «Lo chiamavano il Pier Giorgio Frassati della nostra città. Un giovane indimenticabile!»
Si chiamava Eugenio Biamonti ed era nato il 31 marzo 1913 a Bordighera, da genitori ricchi di fede, in un nido, a dir poco, di bambagia.
Riceve un’educazione cristiana che penetra in lui come la luce in un cristallo.
Ancora piccolo, sperimenta che cos’è la sofferenza: prima il papà richiamato alle armi durante la prima guerra mondiale, poi la «spagnola» che lo porta sull’orlo della tomba, da cui guarisce per miracolo. Solo in casa, bambino di pochi anni, se la sbriga ad andare in municipio a ritirare la tessera per i generi alimentari e compiere altre faccende che richiedono giudizio.
Il 5 giugno 1921, la Prima Comunione. Da allora, ogni Domenica, con la mamma, si prepara a ricevere Gesù con il cuore in festa. A scuola si distingue per intelligenza e bontà, ma anche per forza d’animo: mai sotterfugi, né compromessi, sempre un parlar chiaro: «sì, sì - no, no».

Studente anticonformista
Da Bordighera, nel 1922, papà Ercole si trasferisce a Ventimiglia come cassiere alla Banca Commerciale. Eugenio riceve la Cresima e scopre il suo posto di testimone di Gesù. Il suo parroco, don Giovanni Semeria, negli incontri di catechismo e di direzione spirituale, fa di Eugenio un ragazzo capace di impegnarsi in mezzo agli altri con tante iniziative apostoliche.
– Vorrei diventare missionario – dice spesso, crescendo – per far conoscere Gesù a quelli che non lo conoscono ancora.
Sarà missionario nella vita comune in mezzo a giovani e ragazzi che pure hanno bisogno di Gesù e di apostoli che glielo annuncino.
Si avvia a diventare ragioniere, studiando all’Istituto Commerciale di Sanremo. Studia assai e fa lunghe gite in bici, si diverte un mondo sulla barca a vela, ha molti amici. Ma il primo di tutti, quello che gli occupa la vita, è Gesù.
Nella parrocchia di Santa Maria degli Angeli, sotto la guida del Parroco don Conio, appena quattordicenne diventa «Terziario Francescano», affascinato dall’umiltà e dalla povertà del Poverello d’Assisi, e si impegna molto nella «San Vincenzo».
La confessione ora è settimanale, la Messa con la Comunione, quotidiana.
Un giorno bussa alla porta di casa sua una povera donna:
– È qui che abita il piccolo santo?
Risponde la mamma:
– Qui è casa Biamonti, nostro figlio è Eugenio.
– Sì, cerco Eugenio, il nostro santo, il nostro angelo – si spiega la donna – colui che ha fatto di mio marito ubriacone un buon padre di famiglia. Come mai non lo vedo più?
Non lo vedeva più perché Eugenio aveva altri poveri più poveri cui pensare.
Nel luglio 1931, a soli 18 anni, è ragioniere a pieni voti. C’è nella sua classe un ragazzo in difficoltà, orfano di mamma: Eugenio ha studiato per se stesso e per quello e lo porta al diploma, come se fosse un suo fratello di famiglia.
Il suo modello di vita è Pier Giorgio Frassati (ora Beato), scomparso da pochi anni: Eugenio ha letto (e rilegge) la sua biografia scritta dal salesiano don Cojazzi, e se ne riempie il cuore, come tanti giovani del suo tempo. A Frassati, Eugenio rassomiglia in tutto, più dolce di temperamento, ma ardente come lui, anticonformista e ribelle al peccato.
Spesso è pellegrino ai santuari mariani; ama il Rosario, con la fede di un bambino, per chiedere carità e purezza e pure la salute, lui che non ne ha troppa. I suoi genitori comprano casa a La Spezia ed Eugenio trova lavoro come ragioniere alla ditta Uberto.
I primi soldi, davvero suoi, gli permettono di aiutare più largamente i poveri, i bambini soli. Diffonde il Vangelo e libri buoni tra gli amici; partecipa ogni giorno alla Messa, medita la parola di Dio quotidiana. Fa conoscere don Bosco, Domenico Savio e Pier Giorgio tra gli amici, indicandoli come modelli di santità e di azione in mezzo alla società.

Apostolo sul lavoro
In azienda, nonostante la giovane età, è competentissimo e spesso tocca a lui dirimere questioni tra i dipendenti. Un giorno un collega – poco più di un ragazzo – è licenziato per un grave errore commesso. Il poveretto va a piangere da Eugenio, il quale gli risponde:
– Ci penserò io!
Il ragazzo rientra subito in ditta, mentre il ragioniere gli diventa premuroso di amicizia e di consigli. I colleghi gli vogliono assai bene.
Una sera tarda a rientrare in casa. Appena torna si spiega:
– Ho incontrato alcune ragazze che conosciamo... Erano in pericolo... Sicuro della grazia di Dio in me, le ho strappate dalla strada!
Una si sposerà regolarmente, l’altra vivrà come una monaca nel mondo.
– Mamma, – chiede Eugenio – aiutami ad essere puro. Prega per me la Madonna.
Nel 1937, a Roma, vince il concorso come ragioniere in Prefettura: destinazione Asti.
Raggiunge la nuova sede di lavoro nel gennaio 1938.
Il santuario diocesano della Madonna «Porta del Paradiso» diventa il suo luogo prediletto di preghiera. La prefettura diventa il luogo della sua testimonianza cristiana e del suo apostolato. Il prefetto lo stima; i colleghi si domandano che cos’abbia di diverso questo giovane così distinto.
Da La Spezia arrivano i suoi genitori e si sistemano in Via Aliberti a pochi passi dalla prefettura (di allora). Lui è contento di tutto, del lavoro, dei colleghi, della gente che incontra.
Frequenta la parrocchia di San Martino: gioca con i ragazzi dell’Oratorio, aiuta i poveri, va spesso in montagna a sciare con i nuovi amici che si è fatto.
Quelli che lo vedono passare per andare a Messa, ogni giorno, hanno l’impressione di essere sfiorati da un angelo (l’ho sentito pur io raccontare).
Ma Eugenio deperisce. Oltre al mal di stomaco, ha una profonda lesione polmonare. Il 4 novembre 1938 va a salutare Gesù Eucaristico a San Martino e i buoni Padre Barnabiti della Parrocchia. Poi parte per Arco nel Trentino, dove i suoi sperano di guarirlo. Nella casa di cura, si fa amico di tutti e aiuta i compagni più sofferenti Ma non guarisce:
– Mamma – confida – non piangere, presto vedrò Dio: è da anni che attendo questo giorno.
Nel viaggio di ritorno ad Asti, Eugenio Biamonti si spegne a Voghera il 2 febbraio 1939. Non ha ancora compiuto 26 anni. Un giovane di questo mondo – come tanti – ma santo perché è vissuto di Gesù: modello di vita oggi.


Autore:
Paolo Risso

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Aggiunto/modificato il 2007-10-16

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