Nella bimillenaria storia della Chiesa è successo che venissero proposti a modelli insieme un parroco e il suo chierichetto, un vescovo e il suo vicario, il fondatore di un istituto e i suoi figli spirituali, due fratelli o due sorelle, mamma e figlia, anche marito e moglie.
La diocesi di Genova ha invece e per la prima volta seguito due cause, distinte e separate ma condotte in parallelo, per la beatificazione di due amici, morti nel 1980, a brevissima distanza l’uno dell’altro. Si tratta di un avvenimento quantomai significativo, quasi una legittimazione dell’amicizia spirituale come possibile via alla santità.
L’adolescenza e i primi anni della giovinezza di Alberto Michelotti, nato a Genova il 14 agosto 1958, si srotolano tutti all’ombra del campanile di San Bartolomeo di Staglieno: animatore dell’Azione Cattolica Ragazzi, catechista, impegnato in parrocchia in mille modi.
La svolta significativa della sua vita arriva però grazie al nuovo parroco, don Mario Terrile, in una sintonia spirituale e in uno stimolo reciproco che fa bene ad entrambi. È lui ad avvicinarlo al Movimento dei Focolari, soprattutto con la Mariapoli (ovvero un grande raduno) del 1977, durante la quale “Dio amore” entra nella vita di Alberto così prepotentemente da sconvolgerla. Questo e non altro deve amare, vivere e testimoniare nella normalità degli atti quotidiani di ragazzo entusiasta, innamorato della vita, brillante negli studi di ingegneria.
Ha la stoffa del leader e la utilizza per tessere rapporti duraturi con gli amici, soprattutto i giovani della sua unità Gen (Generazione Nuova, ossia la sezione giovanile dei Focolari), ma anche con i tanti diseredati che va a scovare nei carrugi della sua Genova.
Vive d’Eucaristia e la Comunione quotidiana diventa il suo irrinunciabile appuntamento quotidiano, anche a costo di autentici equilibrismi tra lo studio, gli impegni di carità e le varie riunioni di cui è l’anima e il fulcro.
Nel suo cammino di ricerca dell’amore autentico scopre la purezza come strumento per raggiungere la vera libertà e condivide questo ideale con gli amici, in particolare con Carlo Grisolia, fatto della sua stessa pasta, anche se da lui molto diverso, per interessi, potenzalità e carismi.
Tanto ad Alberto piace la montagna, quanto a Carlo piace leggere, suonare e scrivere poesie; tanto il primo è razionale e “matematico”, quanto il secondo è poetico e sensibile. Ad unirli soltanto la passione per Dio-amore e il desiderio di vivere con intensità e portare agli altri l’ideale evangelico del mondo unito.
Tra i due si stabilisce un invidiabile sodalizio spirituale, nel comune sforzo di “tenere Gesù in mezzo”, al punto che ciascuno conosce dell’altro difficoltà, lotte, fallimenti, conquiste, diventando reciproco sostegno nel comune cammino verso la santità.
Per cementare l’unità tra loro, scrive bigliettini vergati di corsa, magari su carta di fortuna, lasciati in buca o sotto il tergicristallo dell’automobile, se non vere e proprie lettere quando Carlo va a fare il servizio militare nella Marina: «Carlo, aiutami sempre a vivere la mia libertà», «Tieniti attaccato alla Madonna, pensa a lei», oppure «Se ce la facciamo, possiamo darci appuntamento tutti i giorni nell’Eucaristia».
La vita di Alberto si chiude sulle montagne cuneesi, il 18 agosto 1980, durante un’ascensione sul massiccio dell'Argentera, in una rovinosa caduta sul canalone ghiacciato della Lourousa. Carlo non partecipa ai suoi funerali e non solo perché sta facendo il militare: proprio il 19 agosto, una visita medica gli diagnostica un cancro, dei più maligni e galoppanti. Muore il 29 settembre, quaranta giorni dopo l’amico.
«È sempre un bel gioco quello di vivere l’Attimo Presente», aveva scritto Carlo agli amici Gen dal suo primo ricovero ospedaliero. A giudicare da come speditamente stanno procedendo le loro cause, le cui fasi diocesane sono state aperte e concluse negli stessi giorni, dal 25 settembre 2008 all’8 ottobre 2021 (essendo Alberto morto nel territorio della diocesi di Asti, per lui è stato necessario il trasferimento di competenza del Tribunale ecclesiastico), sembra proprio che entrambi l’abbiano vissuto pienamente e per davvero.
Autore: Gianpiero Pettiti
Alberto nasce a Genova il 14 agosto 1958 da Silvio Michelotti (deceduto nell’ottobre 1981) e da Albertina Vinciprova. Fin da piccolo rimane affascinato dalla figura del nonno materno, insignito di medaglia d’oro per un atto di eroismo. E’ da questo suo background che hanno origine i valori della lealtà e della dedizione di sé, tenace e generosa.
In parrocchia
Nell’adolescenza egli si impegna nella parrocchia di San Bartolomeo di Staglieno, sia frequentando l’Azione Cattolica Ragazzi, sia insegnando catechismo. Qui il rapporto col suo parroco, d. Mario Terrile, si fa significativo. Alberto così racconta in una registrazione: “E' la prima persona che mi fa discorsi molto chiari: "Alberto, davanti a te ci sono tanti specchi, continui a guardarci dentro e perdi del tempo: spaccali". Questa persona mi parla di Dio. Ma la vita non cambia. Domenica sera, torno a casa dopo essere stato con gli stessi amici di sempre; non è successo niente di diverso, che giornata stupida! Una frase dell'Apocalisse mi batte nella testa: "...Perché non sei né caldo né freddo ho cominciato a vomitarti".
L'ideale Gen
Nell’agosto 1977 un gruppetto della parrocchia partecipa ad una Mariapoli, meeting del Movimento dei Focolari; lì Alberto entra in contatto in particolare col gruppo giovanile, i Gen. “E' in questo periodo che conosco il movimento GEN. Da loro sento parlare di Dio Amore. Un Dio che parla a me, ad Alberto, mi chiama alla sua rivoluzione che fa a pugni col mio quieto vivere. Da solo? No, è impossibile; con altri, con i GEN, posso farcela”.
Con i Gen inizia l’operazione “Morire per la propria gente”:
“Un giorno entro in un vecchio locale vicino al porto di Genova, la Stella Maris, ritrovo di marinai di colore, sbandati perché col contratto d’imbarco scaduto: non hanno nulla da mangiare, da vestire. Lì da alcuni mesi i GEN stanno aiutando un sacerdote solo in questa situazione disperata di promozione umana. Appena entro, l'odore di quelle stanze è per me una fucilata. Il primo istinto è quello di scappare; non posso credere che così vicino, nella mia città, possano esistere situazioni come questa. Un ragazzo del Ghana mi domanda qualcosa; non conosco la lingua. Insieme agli altri ragazzi gen ci mettiamo a cercare un paio di pantaloni che gli vadano bene. A sera torno a casa: forse è la prima volta che sono felice. Ora so da dove arriva questa gioia”.
Leader
Per le sue doti umane diventa un “leader” per gli altri giovani, che si meravigliano di trovare tanta maturità ed equilibrio spirituale in un coetaneo: Alberto con la sua forte personalità ed i suoi esempi sa trasmettere a tutti gioia ed entusiasmo per una vita permeata dall’ideale di Dio-Amore.
“Per caso conosco Giorgio: è un ragazzo di vent'anni; è all'ospedale per una grave forma di leucemia. Decido di andare a fargli visita. Tutte le sere passate con lui sono fatte di cose semplici: magari un giorno si parla di sport e fumetti e il giorno dopo non so cosa dire; la febbre sale e la "flebo" sembra interminabile. Però ogni volta che esco dall'ospedale, la stessa sensazione: sono stanco ma sono certo che la giornata non è stata sprecata. Dopo alcune settimane Giorgio muore: ecco, la sua esistenza in poco tempo finisce: penso che anch'io non posso più perdere tempo.
Adriano l'ho conosciuto all'uscita di una chiesa che chiedeva l'elemosina. E' una di quelle persone che molte volte facevo finta di non conoscere. Ma questa volta non me la sento di dire che ho fretta. "Non ho soldi, cerco da mesi un lavoro" sono le prime cose che mi dice. Gli metto in mano quello che ho; ma il problema non può essere risolto così. Comincia a parlarmi, mi investe di preoccupazioni, di porte in faccia, di delusioni, di dolore. Lo ascolto: "Adriano, non ho la soluzione in tasca" - gli rispondo - " ma possiamo cercare insieme il lavoro". Un giorno siamo insieme da un direttore. "Forse sì, qualcosa, fra due mesi", una risposta uguale a tante altre: quanti uffici, telefonate, speranze, dubbi, "facciate"! Adriano un giorno mi dice che forse l'avrebbe fatta finita se non mi avesse conosciuto: per lui la nostra amicizia è diventata la cosa più importante.
Giacomo: lui è comunista da lunga data. L'amicizia con lui però non è mai intaccata dalle idee completamente opposte. Ma una sera è veramente a terra. "Alberto, vieni a casa mia a bere qualcosa". Il caffè è solo una scusa. "Tutto mi sta crollando intorno - mi dice - l'idea della ‘comune’ con gli amici... si sono tutti tirati indietro e sono rimasto solo con un sacco di debiti... e poi a sposarmi non ci credo; il lavoro, lo studio...non ce la faccio più!... Troppi compromessi: ogni giorno devi venderti per tirare avanti!". E' tardi e continuo ad ascoltarlo. Ad un certo punto mi dice: "Ora capisco la bellezza e la grandezza di avere una fede, un ideale grande come hai tu, in cui credere!". "Giacomo - gli dico - questa sera la nostra amicizia si è fatta più spessa, possiamo ancora girare pagina!".
Studente
Alberto dimostra la solidità del suo carattere già nel periodo delle scuole medie, ma è negli studi liceali che riporta ottimi risultati, in particolare nelle materie scientifiche, ricevendo premi e riconoscimenti. Quindi si iscrive alla facoltà di ingegneria dove frequenta le lezioni e agli esami passa da un successo all’altro. Tutto ciò senza però inorgoglirsi dimostrando una sincera umiltà, perché egli attribuisce a Dio il fatto di aver ricevuto il talento di una intelligenza eccezionale, per cui si sente in dovere di condividerlo con gli altri, aiutandoli concretamente negli studi e riuscendo a trasmettere l’influsso positivo della sua umanità.
“Frequento ingegneria: un ambiente dove fortissima è la selezione. Ognuno pensa per sé ed i rapporti che si costruiscono sono fatti solo di argomenti di studio. Forse le amicizie più belle sono con gli studenti stranieri (i meno inseriti in quell'ambiente). Tra pochi giorni è Natale; ultime ore di lezione. Un'idea: corro a prendere dei bigliettini d'auguri. Poi li nascondo in mezzo ai quaderni di tutti i compagni di corso. Durante la lezione uno per volta si girano, mi sorridono. Uno di loro: "Alberto, è il regalo più bello, perché non me lo sarei mai aspettato!".
Una sera, tornando a casa in autobus, mi sentivo stanco, ma una frase di San Giovanni ha illuminato quel momento: "Siamo passati dalla morte alla vita perché abbiamo amato i fratelli". Ho avvertito in fondo al cuore che solo se credevo a questa logica potevo mettere anch'io il mio mattone per la costruzione del Mondo Unito".
E’ ancora Alberto a confidare:“Lentamente la mia vita sta cambiando: c'è "Qualcuno" che entra sempre più nella mia giornata, è Gesù. Certi giorni corro per tutta la città, in qualche chiesa c'è l'ultima messa della giornata: lì posso incontrarmi con "Lui" nell'Eucarestia; per riuscirci esco prima dall'università, salto da un autobus all'altro; ad un tratto penso: "Alberto, un mese fa queste cose non le avresti fatte per nessuno, nemmeno per la tua ragazza".
Ecco, questi suoi esempi andranno a costituire quella che viene definita “l’eredità silenziosa di Alberto”.
L'unità Gen
I gen sono costituiti a gruppi, spesso a conformazione territoriale, nei quali vogliono mettere in pratica il messaggio di Gesù, in particolare quella frase:’Dove due o più sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro’ .
Dal settembre ’79 Alberto viene nominato responsabile del gruppo Gen della Valbisagno: Paolo G., Paolo M., Pierluigi B., Giorgio B. e Carlo Grisolia.
Si prende subito a cuore ciascuno di loro, della loro vita intessuta di successi e fallimenti, gioie e dolori. E’ come un capocordata che con attenzione, tenacia ed entusiasmo vuole aiutare i suoi a superare ogni ostacolo In particolare per i Gen è scegliere di mettere Dio al primo posto nella propria vita, in modo da instaurare con ciascuno quel rapporto di amore reciproco che permette di sentire la presenza di Gesù in mezzo.
Non essendo ancora l’epoca dei telefoni cellulari Alberto si affida ad una comunicazione con loro tramite i più disparati tipi di biglietti, come questo lasciato in tarda serata sul tergicristallo dell’auto del ricevente:
Ciao Pilli , ore 23.20 del 16/4/80
abbiamo pensato di festeggiare questo tuo 25-esimo compleanno facendo un blitz a casa tua, ma abbiamo fatto tardi alla riunione organizzativa per il GenFest! Quanti compleanni ancora nella vita?...
... E se un giorno ci venisse il desiderio di voltarci indietro....ricorda: “Un uomo costruì la sua casa sulla roccia, passarono i venti e le tempeste ma la casa restò ritta sotto il sole…”
Auguri Pilli, nella tensione a costruire le fondamenta di quella “nostra” casa = Gesù in mezzo a noi, che abiteremo poi per sempre.
Ti vogliamo bene Paolo Alberto Giorgio
O quest’altra:
“Ciao Tony, Comincio un problema di Meccanica Razionale. Per te, Tony, per la situazione difficile di ieri sera, per il tuo sì a Gesù Abbandonato. Okay?
Teniamo Gesù in mezzo!”
O questa x Paolo M. che è in un momento di difficoltà e di stanchezza all’università:
Ciao Paolo,
erano le 18,45 e non sapevo cosa fare. Poi…Paolo! Si, certo! andiamo a trovarlo ma… e sì, ci vuole qualcosa… Cerca, quello, no costa troppo, e poi… no, forse non gli piace.
Ecco! Qualcosa che “dolcifichi” il suo studio: e così…
Tanto lo sappiamo che la vita non è solo cioccolatini.
Ma che domani il tuo esame sia come un…cioccolatino che si sfascia e si mangia.
Augurissimi Paolo, per domani, per la tua vita
Ti voglio bene Ciao Alberto
A Carlo Grisolia
Nel gruppetto Gen della ValBisagno c’è anche Carlo Grisolia. Il 29/12/79 Alberto così gli scrive, in occasione del suo compleanno:
“…e sono 19!Volevo proprio regalarti uno spartito di musica. Solo che quelli di musica come piace a te in Italia non esistono, così ho trovato questo di Dylan. Forse perché Dylan non l’ho mai sentito suonare da te quando invece uno che conosce le sue canzoni fa sempre colpo. (…)
intanto è l’occasione per gli auguri del nuovo anno. Probabilmente x te sarà l’anno
del militare … Forse nuove difficoltà, nuove gioie. Un po’ come la giornata di oggi cominciata con un sereno fantastico e ora, alle 16, trasformatasi in un grigio invernale con tutto più addormentato. Ma intanto sappiamo che dietro queste nuvole c’è il sole. Però, si, ecco il sole sta tramontando ed è uscito dalle nubi!
Ciao Carlo, auguri, per tutto, per ogni giorno Alberto
Alberto sa ascoltare, comprendere, condividere, immedesimarsi:
“Ciao Carlo,
sono in questa splendida chiesa di S. Siro. Sono solo e sul tetto di legno sento picchiare dolce la pioggia. E' un momento tutto particolare, bellissimo. Quasi non vorrei andarmene più.
Sono passato di qui per mettergli nel Suo Cuore tutte le infinite cose che io non so fare, che magari rovino soltanto. Tra le tante, in questi giorni ci sei tu, la Cinzia. Quasi sento nella mia carne, nel mio cuore tutto il momento delicato che stai attraversando, che sto attraversando.
In questo silenzio così bello mi sta rispondendo che non ci possiamo fermare, amare, amare tutti, spaccarci il cuore per fare uscire il vero amore, quello nato dal dolore.
So, conosco, le mie, le tue debolezze, forse oggi stesso cadremo con la purezza, ma Lui mi chiede, ti chiede di continuare ad amare.
Giorni fa, no ieri sera, una ragazza mi ha fatto capire che se volevo potevo andare a letto con lei.
E' lì che capisci la tua libertà, quella che nessuno conosce.
Carlo, aiutami sempre a vivere la mia libertà. [per A. la purezza è ritenuta strumento per raggiungere la vera libertà].
Ciao, sono pronto a dare la vita per te, Alberto”
Questo saluto un po’ inconsueto nasce da quella frase del vangelo: ‘Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici’ (Gv 15,13)
Sarà questa fede incrollabile nella ‘presenza’ continua di Alberto, per quell’amore che unisce cielo e terra, a sostenere Carlo nei 40 gg. di ospedale.
Poi in occasione della partenza di Carlo per il servizio militare (Marzo 1980)
"Ciao Carlo,
ed eccoci arrivati a questa fatidica partenza. Se penso a come siamo fatti di carta velina, in confronto di tutto quello che ci circonda….
Mi verrebbe da dirti un sacco di cose, ma sento che son tutte inutili.
Due cose:
1. Attaccati a Maria. Ti lascio queste litanie. Per me sono splendide (quelle antiche). Pensa a Lei come ad una ragazza dolcissima, ad una madre bellissima, non so, pensa a Lei come all' opposto di ciò che vedrai e sentirai...
2. Le candeline: dovessi cadere in basso, fare le cose più strane, volta pagina, non ci pensare, ci sono da spegnere quelle lì che ti stanno passando davanti.
Se ce la facciamo possiamo darci appuntamento tutti i giorni nell'Eucarestia...
Ti voglio bene Carlin, non ci pensare, abbiamo una mamma troppo bella lassù.
(Quando c'è la luna ricordati di Lei; Lei che è "bella come la luna").
Teniamo fortissimo Gesù in mezzo! Ciao Alberto
Da questa lettera traspare l’insegnamento ricevuto dalla fondatrice del movimento, Chiara LUBICH, che raccomandava di aiutarsi insieme a “farsi santi”.
Il Genfest 80
Un appuntamento importante, per la riuscita del quale Alberto ha profuso tante sue energie, è stato il GenFest1980, un randez-vouz dei Gen di tutto il mondo (in 40.000) allo Stadio Flaminio di Roma:
“Prima del Genfest c’è stata la scoperta della bellezza di vivere questa esistenza così come ho scelto di farla. Intorno, decine e decine di incontri, centinaia di persone invitate, corse in tutta la Liguria, dentro la sensazione di essere strumento di Dio e di vivere a pieno ritmo, in modo eccezionale tutti i miei vent'anni. Era il dono più grande che Gesù potesse farmi: farmi sentire la pienezza, lo spessore, la libertà di questi miei anni. Riuscivo a fare tantissime cose in una giornata, posso dire che dall’inizio di Aprile al 17 Maggio forse non ci sono stati 5 minuti persi. Quanti ‘Per Te, Gesù’…”.
“Il Genfest. Momenti di vette e abissi vertiginosi!!! Ero capo-pullman. Sul pullman è stato un disastro, forse uno dei miei più grossi fallimenti della vita. Quante volte dico che non siamo noi che facciamo le cose ma che è Dio… Quando poi ti trovi dentro, non ci credi al fallimento, vorresti che tutto andasse come hai pensato, come tu vuoi. L’unica cosa che ti resta è Dio. Ancora una volta mi ha ripetuto che non ho scelto il Movimento Gen, gli amici, la parrocchia, ma Lui e Lui Abbandonato. Vette: certi momenti non riuscivo a cantare durante il Genfest perché scoppiavo a piangere dalla gioia. La mattina alla messa dal Papa, non mi veniva da cantare “…il mondo non capirà, è troppo grande da capire il dolore offerto per Amore”. Stavo piangendo”.
“Ecco, la carica più bella è stata è il sentirsi chiamati da Dio, attraverso Chiara, a costruire la civiltà dell’amore, un progetto splendido, e la consapevolezza che non si è soli, vedere come tanti altri in tutto il mondo in lingue diverse hanno lo stesso ideale, con la stessa carica di vita”.
Il 18 agosto 1980 Alberto, durante una ascensione in montagna, cade e muore.
Note:
Per maggiori informazioni: Comitato Alberto e Carlo, Via Palestro 3/3, 16122 Genova - www.albertoecarlo.it
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