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Padre Lorenzo Sales Missionario della Consolata

Testimoni

Sommariva Bosco, Cuneo, 13 aprile 1889 - San Mauro Torinese, Torino, 28 febbraio 1972


In un prato, a Rivoli, un giorno di primavera. Un noto sacerdote di Torino sta parlando a un gruppo di giovani - aspiranti missionari - seduti attorno a lui. Capita per caso un bambino di quattro anni. Il sacerdote lo chiama e gli dice: “Passa davanti a questi giovani e poi mi dirai chi tra loro salverà più anime”. Il piccolo, assai divertito, li passa in rassegna e tace. Ma ecco, si ferma davanti a uno, lo fissa e gli domanda: “Come ti chiami?”. Il giovane risponde: “Lorenzo”. Il bimbo si rivolge al sacerdote e afferma sicuro: “È questo qui!”. Lorenzo arrossisce, ma il sacerdote, il Canonico Giuseppe Allamano - superiore e fondatore dei Missionari della Consolata - lo avvolge del suo sguardo che già vede il futuro. Forse è solo un gioco, ma l’aveva organizzato un santo.

Piccolo e caldo
Era nato, Lorenzo Sales, a Sommariva Bosco (Cuneo) il 13 aprile 1889, settimo degli undici figli di papà Gabriele (panettiere, dello stesso ceppo di S. Francesco di Sales, disceso dalI’Alta Savoia), e di mamma Margherita Leone. Sembrava un “chicco di pepe”, tanto era piccolo e vivace. O meglio, “un fiammifero”, tanto saprà accendersi. Ebbe dolce e forte educazione cristiana dalla mamma e da don Betrone, un vecchio prete, suo vicino di casa, che gli passava spesso stampa missionaria. Un giorno, papà Gabriele portò Lorenzino al Santuario della Consolata a Torino: “Mi sentii inondato - scriverà in seguito - da tanta soavità che non so spiegarmi. Ne fui commosso profondamente. Era la Madonna che posava su di me il suo sguardo”. Maria lo chiamava a consacrarsi a Gesù. Il 15 ottobre 1900, undici anni, entrò in Seminario a Bra. Facile a scaldarsi per tutto ciò che è grande e buono, si innamorò perdutamente di Gesù: tutti gli altri amori dell’età si scioglievano come neve al sole. L’8 settembre 1905, vestì l’abito da prete, seccatissimo quando qualcuno gli disse: ‘Sei proprio un bel pretino”, perché lui si sentiva grande - nonostante la statura - e già pensava “in grande”. A 17 anni però, ricordandosi delle letture missionarie con il vecchio prete della sua infanzia e dei suoi desideri di andare lontano a convertire i mori, lo disse al rettore il quale, a sua volta, lo disse al suo amico Can. Allamano, che aveva fondato a Torino un Istituto di Missionari. Lorenzo scrisse al Canonico, il quale, a stretto giro di posta, gli rispose: “Se vuoi essere perfetto, vieni”. Il 7 ottobre 1907, già entrava nella casa dell’Allamano dove si sentì amato e compreso fino al più profondo. Iniziò il noviziato appassionatamente. L’Allamano prese a seguirlo di persona, a dirigerlo, a “lanciarlo”. Parlava alla buona, il sant’uomo, ma Lorenzo sentiva che era colmo di luce, e di amore a Cristo e alle anime. Il 21 novembre 1908, offriva a Dio i santi voti. Benché solo di 19 anni, fu incaricato di insegnar latino ai ragazzi del “Piccolo Seminario”. Era uno spasso stargli assieme: intelligente, colto, buono e allegrissimo. Intanto studiava teologia, brillante nel profitto ed eloquente nella parola, un po’ troppo facile a scaldarsi quando qualcuno lo intralciava. Ci penserà il Canonico a renderlo più mite e a indirizzare il suo calore verso un santo zelo per Gesù e per la Chiesa. Il 23 dicembre 1911, il Card. Richelmy, Arcivescovo di Torino stendeva le mani sul suo capo: “il fiammifero” diventava sacerdote di Cristo, Padre Lorenzo Sale;, dei Missionari della Consolata.

In Africa nera
Prete a 22 anni, nel gennaio 1912, il Fondatore lo nominò “maestro dei novizi”. Sgomento per tanta responsabilità, sentì dirsi dal “Padre”: “Ci penso io”. Accettò. Fu subito un fratello maggiore: sereno, bonario, gioioso e fermissimo tra i suoi “ragazzi”. Lezioni belle in aula, ma ancora più durante le passeggiate. Diceva e ripeteva spesso: “Il maestro non sono io, è Gesù Eucaristico: andiamo insieme da Lui, ad ascoltarlo, ad adorarlo, a dirgli tutto... Tutto per amore a Lui. È Lui l’Amore!”. L’Allamano vigilava e ne faceva una grande guida per le anime, ora e domani. Ma P. Lorenzo si struggeva dalla voglia di partire per l’Africa dove già c’erano diversi suoi confratelli: “Le anime chiamano. Chi sente il loro grido?”. Il 28 dicembre 1914, con un gruppo di missionari e di suore del suo Istituto (fra cui la giovanissima e “santa” suor Irene Stefani), partì per il Kenya, dove arrivò alla fine del gennaio 1915: Nairobi, Limuru, Nyeri... Per prima cosa, impara la lingua, a dire “Tukumie Jesu Christo” e a rispondere “Ne tumokomie hende ciothe” (sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato). È andato in Africa non a far chiacchiere o qualche genere di animazione, ma a convertire tutti a Lui, unico Salvatore del mondo. Inizia le visite alle famiglie: ascolta e annuncia Gesù, con fiducia, con amore. Quando alza il suo Crocifisso per benedire, ci sono malati che guariscono e indemoniati liberati dal diavolo. Sono numerose le conversioni, proprio come aveva promesso Gesù ai suoi apostoli. Prima che il 1914 finisca, il Fondatore, da Torino, ordina che si apra a Nyeri un seminario per formare preti locali e P. Lorenzo vi è mandato a insegnar latino. Accetta, pensando a formare dall’Africa stessa i futuri preti per l’Africa. Una fatica immane a tradurre quella loro lingua “ineffabile” nelle declinazioni latine e viceversa, ma i seminaristi si legano così a lui da non voler più andare nelle loro famiglie d’origine per non perder la vocazione tra i costumi pagani del loro ambiente e per affrettarsi a diventare preti al più presto. P. Lorenzo insegna loro a far cattolici i loro fratelli, i loro genitori, gli amici. Gesù Cristo li affascina. Lui ne scrive all’Allamano definendoli “Anime candide di seminaristi neri!”. Durante la I guerra mondiale, mentre è scontro terribile anche tra Kenya (per conto dell’Inghilterra) e Tanganika (Germania), P. Lorenzo diventa cappellano nell’inferno atroce degli “ospedali” militari: eroico nel suo ministero, con le suore eroiche come suor Irene Stefani. Impartiscono migliaia di battesimi e riempiono il Paradiso di salvati. Dopo la guerra, diventa educatore dei futuri maestri e catechisti, nelle scuole aperte per la promozione umana e l’evangelizzazione di quella gente. Nel “diario” che annota, c’è qualcosa degli “Atti degli Apostoli”, con opere di insegnamento e conversioni - tantissime conversioni - a Cristo e alla Chiesa Cattolica. Un vero missionario “ad gentes”, non un turista.. Il 27 marzo rientra in Italia: sarà missionario in altro modo, ma sempre con un unico fine: salvare tante, tantissime anime, a Cristo, affinché Egli regni!

Predicatore, scrittore e guida
Vive a Torino, assai vicino alI’Allamano. Nasce la “Crociata missionaria” per tener contatti tra allievi e missionari. P. Lorenzo va in giro per l’Italia a predicare e a sensibilizzare giovani, adulti, parrocchie e seminari al problema missionario. Quando parla, affascina e conquista (non si può dormire, alla sua parola!): tutti lo comprendono, chiaro, ricco di fede e di amore a Cristo. Molti ragazzi diventano missionari “per causa sua”. C’è chi lo ha visto una volta sola intento a pregare, e per questo lascia tutto e parte. Dichiara apertamente: “Mi interessa solo che Gesù sia conosciuto e amato, perché nessuno è salvo senza di Lui!”. Ad Assisi, tra i suoi uditori c’è lo scrittore danese Joergensen, che ne resta sconvolto. All’Università di Bologna, parla a studenti e docenti: impressionatissimi. Dove passa, lascia il segno, non di prolungati sbadigli, come per “l’ecclesialese” d’oggi, ma vocazioni e vocazioni sacerdotali e missionarie. Appena rientra a Torino, si reca dal Fondatore, il Can. Allamano con cui ha sintonia profonda e un intenso scambio di confidenze, come l’apostolo Giovanni sul cuore di Gesù. Dopo la morte del Fondatore, (16 febbraio 1926), P. Sales appare il più indicato a raccoglierne le memorie. Nel 1930, malato grave per tanta attività, fa voto che, se guarirà, scriverà la biografia. Come avviene: con un’opera di 500 pagine pubblicata nel 1936. Continua raccogliendo le Conferenze spirituali (1946) e la Vita spirituale (1963), tradotte subito in diverse lingue. Predica esercizi spirituali al clero, ai monasteri, ai giovani: “Siamo tutti chiamati alla santità per il nostro battesimo, tanto più i consacrati, tanto più i preti che devono essere realmente degli altri-Gesù”. Si dedica alle confessioni e alla direzione spirituale con bontà estrema, con competenza di dottrina, con fermezza. È il suo ministero prediletto, convinto che solo da continua conversione e dall’opera di formazione interiore dei sacerdoti e dei fedeli si giunge alla santità e al vero progresso nella Chiesa. Il resto spesso è soltanto fumo negli occhi. Nel 1934, nel monastero di Borgo Po, a Torino, incontra suor Consolata Betrone, cappuccina trentenne, che ha bisogno di una direzione speciale. Padre Sales la guida alla santità più eroica- il capolavoro della sua direzione spirituale, “la piccolissima (e quanto grande!) santa” sbocciata dal Cuore di Gesù e dalle sue mani. Dopo la sua morte nel 1946, ne scrive la vita e ne raccoglie il messaggio nel libro Il Cuore di Gesù al mondo’ che è ancora oggi un best-seller, mentre suor Consolata è avviata alla gloria degli altari. L’11 ottobre 1947, è destinato alla casa delle Missionarie della Consolata di S. Mauro Torinese, dove resterà sino all’ultimo giorno. Continua a scrivere, a predicare per il mondo, soprattutto a confessare e a dirigere le anime alla santità: è “il confessore e il padre” per eccellenza con una fila incalcolabile di persone alla sua porta, al suo confessionale. Vive e mangia, solo, nella sua celletta di “monaco nel mondo” fa penitenza con il cilicio (glielo troveranno macchiato di sangue), d’inverno ha solo una stufetta per scaldarsi. Celebra la S. Messa e indugia a lungo davanti al Tabernacolo, durante il giorno (e di notte): chi lo vede celebrare o pregare, sperimenta di essere davanti a un uomo di Dio. Anche i piccoli della vicina scuola materna, ne sono impressionati e, guardandolo con gli occhi spalancati, lo salutano “Ciau, Padre Sales!”. È, fino all’ultimo, un trascinatore, nelle assemblee che lo ascoltano, e conquistatore di giovani e di sacerdoti a Cristo e alla causa missionaria, soprattutto con la sua intensa vita interiore: “Il tuo cuore dev’essere di fiamma - dice - come quello di Gesù. Prima sii santo, poi missionario”. A chi gli confida croci insopportabili e doveri pesanti raccomanda: “Ogni volta, pensa che Gesù è li e ti chiama. Rimani in Lui. Questa è la santità”. Alla “Consolata” di Torino trova luce e energie dalla Madonna che l’ha chiamato da bambino e che onora quotidianamente con il Rosario intero. Il 23 dicembre 1971, festeggia i 60 anni di sacerdozio. Confida: “Non ho mai lasciato un sol giorno la Messa, sono vissuto solo per celebrare e vivere il Sacrificio di Gesù sull’altare... Quale gloria!”. Segue un inverno difficile, ma rimane sulla breccia. Il 28 febbraio 1972 celebra ancora la Messa - l’ultima - poi va a letto, mentre l’edema polmonare lo soffoca. Invoca: “Gesù, vieni!”. Riceve Gesù-Viatico per l’eternità. Chiede: “Datemi il mio Crocifisso, quello che mi ha consegnato il Padre, quando sono partito per l’Africa”. Se lo stringe al cuore e non se ne stacca più. Scende la sera: Padre Lorenzo Sales, 82 anni, spesi per Lui, va incontro a Dio. Il “fiammifero” ha incendiato migliaia di fratelli di dedizione a Gesù Cristo, come era solito dire: “Il soldato è un eroe quando combatte, non quando è orizzontale in branda. Il cristiano - il prete - dimostra il suo eroismo, combattendo la battaglia per la fede, in prima linea, ardente, militante...”.


Autore:
Paolo Risso

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Aggiunto/modificato il 2008-06-26

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