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Luigi XVI Re di Francia, martire

Testimoni

Versailles, 23 agosto 1754 - Parigi, 21 gennaio 1793


Esiste un nutrito gruppo di cattolici che restano legati alla devozione nei confronti del sovrano che fu decapitato dai rivoluzionari francesi, compiendo un atto che fu definito da papa Pio VI un vero e proprio martirio del «cristianissimo Re». Così dichiarò il Pontefice, perseguitato da Napoleone Bonaparte, nell’allocuzione Quare lacrymae del 17 giugno 1793: «Non Ci conviene piuttosto esprimere con i gemiti anziché con le parole quell’immenso dolore dell’animo che Vi dobbiamo manifestare, mentre Vi esponiamo quanto è successo a Parigi il 21 gennaio del corrente anno? Spettacolo orrendo di crudeltà e di barbarie! Per la cospirazione di uomini empi è stato condannato a morte il cristianissimo re Luigi XVI e la condanna è stata subito eseguita. […] Non possiamo tuttavia passare sotto silenzio tutte le virtù che risultano dal suo testamento scritto di suo pugno, che svela l’intimo del suo animo, e che è stato poi divulgato dovunque a mezzo stampa. Quanta virtù in lui; quanto zelo e amore per la Religione cattolica! Quale testimonianza di vera pietà verso Dio! Quanto dolore, quanto pentimento per aver dovuto apporre la sua firma sotto gli atti contrari alla disciplina e alla vera Fede della Chiesa! Venendo quasi sommerso sotto le onde di tante avversità ogni giorno sempre più pressanti, poteva ripetere le parole del re d’Inghilterra Giacomo I: “che egli veniva calunniato in tutte le assemblee popolari non perché avesse commesso qualche crimine, ma soltanto perché era il Re; il che era ritenuto il peggiore di tutti i crimini”. […] si è dovuto riscontrare che tali frutti derivavano in Francia dai malvagi libri, come da un albero velenoso. È stato scritto nella Vita dell’infame Voltaire che il genere umano gli doveva essere eternamente grato per essere stato il primo sostenitore della rivoluzione generale, avendo eccitato i popoli a riconoscere le proprie rivendicazioni di libertà e ad usare le proprie forze per abbattere il formidabile bastione del dispotismo, cioè il potere religioso e sacerdotale, sopravvivendo il quale – dicevano – il giogo della tirannide non sarebbe mai stato sconfitto poiché l’una e l’altra autorità sono talmente legate fra loro, che una volta abbattuto l’uno, l’altro doveva necessariamente cadere».
Era il 21 gennaio 1793 quando, alle 6 del mattino, Luigi XVI assistette all’ultima sua Messa; dopodiché ascoltò il decreto della sua condanna, per poi incamminarsi alla pena capitale all’ordine: «Marciamo!».  Consegnò alla scorta il suo testamento e alcuni oggetti, fra cui la fede nuziale perché venisse data alla consorte Maria Antonietta. Salì quindi su una carrozza, lesse le preghiere dei moribondi e invocò la Santissima Trinità. Un Re cattolico che moriva proprio perché tale: nel giorno della sua incoronazione aveva promesso di proteggere la Chiesa proseguendo l’azione iniziata da Clodoveo, battezzato nel 496.
Si legge nel testamento di Luigi XVI: «Muoio nell’unione della nostra Santa Madre la Chiesa Cattolica, Apostolica, e Romana, che ha la sua Podestà per una successione non mai interrotta dopo S. Pietro, a cui Gesù Cristo l’ha confidata». La vettura giunse in Place de la Concorde e il sovrano salì le scale per raggiungere la ghigliottina. Gridò al popolo la sua innocenza, supplicando Dio che il suo sangue non ricadesse sulla Francia e allora fu ordinato di battere i tamburi per coprire la sua voce. Il suo assistente spirituale, Padre Edgeworth, ammirato dalla sua Fede e dal suo comportamento, disse: «Figlio di Saint Louis, sali al cielo!».
La Rivoluzione francese non calpestò solo l’autorità secolare, ma anche quella divina. I governi sono mutati da allora, l’uno dopo l’altro, «ma la carta insurrezionale dei diritti umani, ipocrita confisca dei diritti di Dio, è rimasta fino ad oggi, ahimè, intangibile», così ha scritto don Xavier Beauvais FSSPX sulla rivista L’Acampado (n. 177 – gennaio 2022). «Sì, la democrazia francese è nata dal sangue di un re martire. “Il bonario re, disse Léon Daudet, si identificava con il suo paese, la famiglia reale con la famiglia francese; era questa patria, era questa famiglia che volevano sgozzare secondo le famose parole del sinistro Danton pronunciate al processo farsa di Luigi XVI : “Non vogliamo giudicare il re, vogliamo uccidere lui». Una riflessione va fatta: sulla Francia è ricaduto il sangue del Re martire e quello degli altri martiri cattolici perché questa nazione non dorme sonni tranquilli da allora.
Ma occorre pur dire che Luigi XVI non ebbe la forza e la determinazione di reagire al devastante e dilagante pensiero illuminista, che egli stesso peraltro respirò e, dunque, elargì per debolezza e miopia concessioni allo spirito liberalista, che divenne velocemente sempre più vorace. Non bastò certo il successo di Luigi XVI in politica estera, come l’indipendenza dell’America e la rinascita coloniale della Francia, ad accreditarlo ai giacobini: egli rappresentava i valori tradizionali, la soggezione al Dio Uno e Trino, il diritto naturale e il diritto divino, tutte realtà divenute estremamente odiose all’intellighenzia illuminista e alla mentalità dei diritti dei citoyens, quella mentalità  fanatica e assassina che inaugurò in Vandea la stagione dei genocidi dell’età moderna e il cui popolo versò il proprio sangue per l’Altare e per il Trono.
Il tribunale degli uomini non è quello di Nostro Signore e i Suoi testimoni hanno un metodo tutto speciale e non si adirano contro i persecutori, allo stesso modo Luigi XVI manifestò il suo pieno perdono prima del martirio, che lavò in un attimo tutte le sue colpe. Disse testuali parole: «Prego Dio che perdoni la Francia come io perdono lei». Si rimane meravigliati di fronte alla pazienza e forza dei martiri, che non inveiscono e non odiano i loro carnefici e sull’esempio di Cristo sulla Croce perdonano. È Cristo stesso a dare ai martiri il coraggio e la tempra per entrare serenamente nel Regno dei Cieli nonostante la mattanza che si consuma attorno ad essi. Ecco che la danza macabra e demoniaca terrena soccombe e si trasforma nei cantici angelici in Cielo, che vede arricchire le sue schiere di santi.
Tiranni avidi di sangue, che portavano il nome di Marat, Danton, Robespierre… compivano la loro azione abominevole contro la giustizia sia divina che umana, mentre schiere di cattolici perdevano la vita sul patibolo, compreso il loro sovrano, che seppe perdonare, dando esempio di cosa sia l’eroica Carità. Lo stesso suo boia, Charles-Henri Sanson – esecutore materiale di 2.918 decapitazioni negli anni della Rivoluzione – lascia chiara testimonianza di come morì eroicamente Luigi XVI.Una preghiera che veniva recitata nel Palazzo delle Tuileries e poi nella torre del Tempio, dove fu imprigionata la Famiglia reale e dove trovò un’orribile “ospitalità” e morte il piccolo erede al trono, il delfino Luigi Carlo di Borbone, invocava in questi termini la Beata Vergine Maria per il Re: «Cambia i cuori degli empi, riporta la religione al suo primo splendore, regni sovrana» e «Fagli meritare una corona più luminosa e più solida delle corone più belle della terra».


Autore:
Cristina Siccardi


Fonte:
Corrispondenza Romana

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Aggiunto/modificato il 2012-07-20

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