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Paul Claudel

Testimoni

Villeneuve-sur-Fère-en-Tardenois, Francia, 6 agosto 1868 - Parigi, 23 febbraio 1955

Scrittore, politico, un nome celebre nel mondo, ma con la sete intima di Verità. La sera di Natale 1886 sarà la Verità stessa, Gesù Cristo, a bussare al suo cuore. Impossibile ormai non credere: comprende che «chi crede è felice di una felicità immensa».



A Villeneuve-sur-Fère-en-Tardenois (Francia), da famiglia religiosamente indifferente, il 6 agosto 1868, nacque Paul Claudel, il quale a contatto con la natura bella e vergine, crebbe sentendosene parte viva tra “creature sorelle” da lui assai amate. Predilige il cielo, la luna, le stelle, il sole, la campagna, i fiori, gli alberi che lo incantano: tutto osserva e di tutto prova stupore e fascino.
Ancora fanciullo, è già poeta e scandisce con ammirazione: «Il mondo esiste! Io esisto. Essere: è una cosa bella, è una cosa gioiosa!». Ma l’ambiente familiare, scolastico, sociale, culturale e politico, intorno agli anni ’80 del XIX secolo in Francia spegne l’anelito prepotente alla scoperta della Realtà e del significato più profondo dell’uomo e del mondo.

Da Rénan a Gesù

Trasferitasi la sua famiglia a Parigi nel 1881, il giovane Paul frequenta con profitto e onore il liceo “Louis-le-Grand”. Ha sete dell’Essere, ma di questo Essere non gli dicono nulla le filosofie e le mode letterarie del suo tempo: positivismo, naturalismo, parnassianesimo. Solo il simbolismo lo persuade per un certo tempo, appunto perché al di là delle cose che appaiono, vede una realtà interiore profonda, immersa nel Mistero. Ma neppure il simbolismo gli dà alcuna certezza, mentre lui ha fame e sete di Verità assoluta.
Al liceo, si distingue talmente per intelligenza e successo che si merita le onorificenze più alte, quelle che si danno solo agli studenti migliori. A lui, Paul, un giorno gliela consegna lo spretato e tristemente famoso autore di una Vita di Gesù, Ernest Rénan, negatore e bestemmiatore di Cristo. Ma giunge il Natale 1886, con l’esperienza sconvolgente della grazia che rinnova e santifica.
Paul ha 18 anni e in quella sera di Natale entra a Notre-Dame per puro dilettantismo letterario. È un esteta, non un asceta, tanto meno un estatico. Nella Cattedrale di Parigi, i pueri cantores si apprestano a cantare il Magnificat dei Vespri. Sull’altare parato a festa e inondato di luci c’è il Bambino Gesù, Luce del mondo, giovinezza eterna di Dio, venuto a ringiovanire il mondo decrepito per il peccato. Luce e vita, dono di giovinezza e di gioia si riversano dal Bambino Gesù sulla folla che prega, come nessun altro uomo saprebbe donare.
«Chi crede – pensa Claudel – è felice di una felicità immensa. È lo specchio della felicità stessa di Dio. Gli altri, compresi i simbolisti, non sono felici. Dunque la fede rende giovani e felici, questo è segno che è vera». «Allora – continua lo Scrittore – accadde in me l’avvenimento straordinario e misterioso, che avrebbe dominato tutta la mia vita. A un tratto, mi sentii toccare il cuore e io credetti. Credetti con tal forza di adesione, con tale sollevamento di tutto il mio essere, con una così profonda convinzione, con una certezza così esente da ogni dubbio possibile, che in seguito tutti i libri, tutti i ragionamenti, tutte le peripezie di una vita agitatissima, non scossero né intaccarono mai la mia fede».
Al colmo della gioia, scrive ancora di sé: «Fu una rivelazione improvvisa e ineffabile; fu la rivelazione netta e tagliente dell’innocenza purissima e dell’eterna infanzia di Dio. Felici quelli che credono! Se fosse vero! Sì, è vero, Dio esiste, è là, è Qualcuno, un Essere personale come me! Egli mi ama e mi chiama per nome».
Lacrime e singhiozzi accolgono questa folgorante rivelazione. I piccoli cantori continuano a cantare a Notre-Dame. Ora sono arrivati all’“Adeste fideles... venite, venite a Betlemme”. Con gli altri che già credono da sempre, il giovane Claudel si alza dalla sua incredulità e va con lo spirito dal piccolo Gesù, «il Figlio di Dio venuto sulla terra a ringiovanire il mondo».
Quattro anni dopo, nel 1890, dopo aver infranto la corazza dell’incredulità che le stolte filosofie del secolo gli avevano messo addosso, egli entra ufficialmente nella Chiesa Cattolica. Vinto per intero da Gesù, l’Uomo-Dio, innalza a Lui il suo cantico di adorazione e di lode: «Tu mi hai vinto, mio Bene-Amato Gesù! Tu mi hai tolto di mano le armi a una a una, e ora non ho più difesa alcuna; ed ecco che sono uno davanti a Te, mio divino Amico! Invano sono fuggito: ovunque ho trovato la tua Legge: arrendermi occorre infine! Ammettere bisogna l’Ospite in me: cuore gemente, sottostare occorre al Signore, a Qualcuno che sia in me, più me stesso che me».
Della sua conversione, egli scriverà cinque relazioni. Nell’ultima (1940) confesserà: «Conoscevo la storia di Gesù solo per mezzo di Rénan, fidandomi di questo impostore, mentre ignoravo persino che Lui si era detto Figlio di Dio. Ma ogni riga del Vangelo smentiva con maestosa semplicità le impudenti affermazioni di Rénan, l’apostata, e mi spalancava gli occhi. È vero, – lo confesso con il centurione – sì, Gesù è il Figlio di Dio. Era a me, Paul, che Gesù si rivolgeva e mi prometteva il suo amore. Ma nello stesso tempo, se non lo seguivo, mi lasciava la dannazione eterna come unica alternativa. Non avevo bisogno che mi spiegasse che cosa è l’inferno: l’inferno è dovunque non c’è Gesù Cristo! Che cosa poteva ancora importarmi del mondo, davanti a Gesù, quest’Uomo nuovo e prodigioso che mi era svelato?».

Cattolico, tomista e politico

A renderlo saldo nella fede, gli servono in modo decisivo i Pensieri di Pascal, con la sua forte apologetica, le Elevazioni sui Misteri e le Meditazioni sul Vangelo di J. B. Bossuet, la Divina Commedia di Dante Alighieri, e gli ammirevoli “racconti” di Caterina Emmerich. Non può essere fideista e accettare di credere come per un salto nel buio e allora trova le ragioni fondamentali per credere nella Metafisica di Aristotele e nella Summa di san Tommaso d’Aquino. Tutto il suo pensiero avrà un fondo tomista.
Dirà ancora Claudel: «Ma il grande libro che era aperto davanti a me e in cui studiai le mie lezioni fu la Chiesa. Sia lodata eternamente questa Madre maestosa sulle cui ginocchia ho imparato tutto! Passavo tutte le domeniche a Notre-Dame e il più spesso possibile anche durante la settimana ci andavo. In quel periodo ignoravo il Cattolicesimo quanto il buddismo, mentre il dramma sacro del Santo Sacrificio della Messa si dispiegava davanti a me con una magnificenza che superava ogni mia immaginazione... Era la più profonda e la più grandiosa poesia; erano i gesti più augusti che mai siano stati affidati a uomini. Mi era possibile saziarmi davanti alla celebrazione della Messa. Davanti alla sublimità della Liturgia cattolica, i più inebrianti accenti di Sofocle e di Pindaro, di tutti i lirici greci, mi sembravano insipidi. Tutto questo mi riempiva di gioia, di pentimento per il passato, di adorazione».
Finalmente nel dicembre 1890, Paul Claudel si confessa da un giovane sacerdote, don Ménard, e ritrova la pace nella Verità del Cattolicesimo. Il 25 dicembre 1890, Solennità di Natale, riceve la sua seconda prima Comunione a Notre-Dame, là dove Gesù Bambino gli era venuto incontro la prima volta: «Il Dio Bambino che ci rende giovani».
Intanto ha frequentato la Facoltà di Diritto e la scuola superiore di Scienze politiche coronando gli studi con prestigiose lauree. Nel 1892 vince il concorso presso il Ministero degli Esteri e inizia la sua brillante carriera diplomatica. D’ora in poi, sarà console e ambasciatore di Francia per più di 40 anni all’estero, in Cina, in Giappone, negli Stati Uniti, in Germania, in Ungheria, in Italia, in Brasile, in Danimarca e in Belgio.
Nel medesimo tempo, produce un’opera letteraria estremamente viva e ricca. In essa, la parte principale è rappresentata da composizioni teatrali, ma non manca la poesia. Dal 1890, quando pubblicò la sua prima opera Testa d’Oro, al 1849, quando elaborò l’edizione definitiva di L’annuncio a Maria, più di trenta opere sono uscite dalla sua mente fervida e feconda.
Nel 1835 si ritira a vita privata. Nel 1846 è chiamato a far parte dell’Academie française.

“La vittima che salva”

Il 1° maggio 1936, Paul Claudel, ormai settantenne, noto in Francia e nel mondo intero, agli umili che hanno pure viste le sue rappresentazioni teatrali, e ai potenti con i quali ha trattato, in una conferenza alla Lega delle Donne Cattoliche francesi di Saint-Pierre de Chaillot, espone la sua visione della vita e del mondo, che proviamo a riassumere.
Noi viviamo e ci muoviamo in un mondo reale uno e molteplice a un tempo, fatto come un organismo, un concerto di strumenti musicali in cui ogni membro e ogni strumento sono ciò che sono, non soltanto per sé, ma in rapporto con tutti gli altri. Questa realtà visibile, organica in sé, dice rapporto a un’altra Realtà invisibile, profonda, spirituale, che pone le sue radici in Dio.
Grandi leggi morali segnano a ogni uomo – come il direttore d’orchestra a ogni suonatore – il cammino della propria vocazione in mezzo ai cammini convergenti e incrociati degli altri destini, perché una suprema Legge di amore si realizzi universalmente nel mondo. Ma l’uomo, fin dall’inizio della sua storia, ha voluto dirigere l’orchestra al posto del “Direttore” che è Dio. Ne è venuto lo sconquasso dell’armonia suprema, è penetrata la vecchiaia e la putrescenza del mondo, a causa dell’uomo superbo e peccatore con la colpa d’origine e le sue colpe personali.
Ma il Figlio di Dio recupera l’ordine con la sua Incarnazione nel mondo e con il suo Sacrificio sulla croce. Così Gesù elargisce la sua Vita divina al suo Corpo Mistico che è la Chiesa. La Chiesa, a sua volta, essendo il prolungamento di Gesù nel mondo, apre le sue braccia alle genti per riversare in esse la vita divina del suo Capo, Gesù Cristo. Ne risulta una ineffabile comunione mistica di Dio con quell’umanità che l’accetta, nel Mistero di Gesù e della Chiesa.
Rimane però un dramma: finché l’uomo non comprende di essere chiamato a questa comunione con Dio in Cristo – o lo rifiuta – sarà sempre inquieto e tragicamente deluso. La tragedia dell’uomo contemporaneo senza Dio e senza Cristo, che finisce nella disperazione, come il giovane Paul Claudel prima del Natale 1886.
Ecco allora le anime-vittime, le quali, offrendosi a Dio in olocausto con Gesù Crocifisso, possono trarre chi è senza Dio da questa disperante situazione pagando di persona per loro un prezzo abbondante di riscatto e di redenzione. Così come ha fatto la dolce e forte Violaine nella storia struggente di L’annuncio a Maria, che invito a leggere: «Forse che il fine della vita è vivere? Forse che i figli di Dio resteranno con fermi piedi su questa miserabile terra? Non vivere, ma morire e non digrossare la croce, ma salirvi e dare in letizia ciò che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la giovinezza eterna! [...]. Che vale il mondo rispetto alla vita? E che vale la vita se non per essere donata? E perché tormentarsi quando è così semplice obbedire?».
Con questo spirito, Paul Claudel, novantenne, ma rifatto nuovo come un bambino dal nostro amabilissimo Gesù che rende sempre giovani, andò incontro a Dio, a Parigi, il 23 febbraio 1955. Se nel XX secolo, uno scrittore, un convertito aveva avuto così grande influenza sulle anime, questi era stato proprio lui, che in una sua nota aveva confidato, avviandosi al tramonto su questa terra: «Jésus, par moi aussi, il a semé, / Jésus a fait naître des épis dorées: / maintenant Jésus vient à moissonner le blé». Gesù, anche per mezzo mio, ha seminato: Gesù ha fatto nascere delle spighe dorate: ora Gesù viene a mietere il grano.


Autore:
Paolo Risso

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Aggiunto/modificato il 2014-03-25

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