La Basilica della Madonna della Ghiara, gloria e decoro di Reggio Emilia, uno fra i più artistici santuari mariani d’Italia, monumento principe del Seicento emiliano, è nato nella fede e devozione del popolo reggiano, riconoscente verso la beata Vergine Maria per gli straordinari e numerosi benefici ricevuti.
Origine del Santuario
L’origine e lo sviluppo del santuario della Madonna della Ghiara è legata alla presenza dei Servi di Maria a Reggio Emilia.
Chiamati dalla comunità reggiana, si stabilirono nel 1313 nella città e costruirono il convento e la chiesa dedicata alla SS.ma Annunziata nella zona ovest denominata “Ghiara” o Giarra”, perché località ghiaiosa, essendo l’antico letto del fiume Crostolo deviato verso il 1226 all’esterno delle mura cittadine.
Nel 1517 venne costruita una seconda e più ampia chiesa situata longitudinalmente al corso Ghiara e dedicata alla Natività di Nostro Signore. Sul muro di cinta dell’orto dei frati, al “ Canton dei Servi”, dietro l’abside della suddetta chiesa venne affrescato, in un’ampia nicchia, un’immagine della Madonna con Bambino che venne oggetto di venerazione dei reggiani e forestieri e ornata di molti ex voto.
La nuova immagine miracolosa
Col passare degli anni l’affresco della Madonna del “ Canton dei Servi” era così corroso dalle intemperie da risultare illeggibile. Il sig Ludovico Pratissoli, di concerto con i frati della comunità, commissionò al pittore novellarese Lelio Orsi ( 1511-1587) un nuovo disegno nel 1569. La nuova proposta non ricopiò il prototipo precedente, ma risultò una originale creazione dell’artista ( ora conservata nel Museo della Ghiara). Quattro anni più tardi venne incaricato il pittore reggiano Giovanni Bianchi, detto Bertone, di riportare in affresco il bozzetto di Lelio Orsi. E’ questa l’immagine venerata della Madonna della Ghiara.
E’ raffigurata la Madre di Dio, seduta in un paesaggio austero e spoglio, con le mani giunte ed il volto implorante, in atto di adorazione del bambino Gesù . Una scritta nella cornice del dipinto commenta “ Quem genuit adoravit” ( Adorò colui che generò).
La centralità della Madonna nell’arco a tutto sesto della nicchia indica il ruolo di Maria quale madre di tutti gli uomini, regina di Misericordia che adora ed intercede presso il Figlio Primogenito a favore di tutti glia altri suoi figli. La risposta alla preghiera della Madre verso cui guarda con intenso affetto, Gesù la dimostra con il gesto della mano destra benedicente verso di noi per parteciparci la pienezza della sua Resurrezione.
La nuova ed artistica immagine richiamò un crescente numero di fedeli e fu necessario costruirvi una piccola cappella ricavata all’interno dell’orto dei frati.
Il primo miracolo - 29 aprile 1596
Un giovane di circa 15 anni di nome Marchino, nativo di una frazione tra Ramiseto e Castelnuovo Monti, orfano da bambino, sordomuto e privo di lingua dalla nascita, si recò, nelle prime ore del 29 aprile 1596 all’oratorio della Vergine appena aperto da 23 giorni e, pregando mentalmente con quella fede che fa violenza al cielo la madre degli orfani e salute degli infermi, sentì scorrere per la vita un caldo sudore ed esclamò per tre volte “ Gesù-Maria” e, prodigiosamente guarito, riacquistò l’udito, gli spuntò dalle radici ed in un momento crebbe la lingua, gli fu concessa la parola e la conoscenza dei nomi di tutte le cose.
La notizia del prodigio si sparse per tutta la città dove Marchino era conosciuto perché garzone presso il sig Sebastiano beccaio della vicinia di S.Prospero ; numerosi devoti e confraternite accorsero dalla città e dalla regione a venerare la prodigiosa immagina. Il Vescovo di Reggio, mons. Claudio Rangone, istituì una commissione per esaminare i fatti con teologi, medici e giuristi ed inviò le conclusioni al Papa Clemente VIII che, in data 22 luglio 1596, approvò il miracolo e permise la venerazione pubblica della miracolosa immagine ed i pellegrinaggi.
Il nuovo tempio
Il 6 giugno 1597, presenti i duchi estensi, il Vescovo di Reggio pone la prima pietra del nuovo Tempio della Madonna della Ghiara. Il progetto è dell’architetto ferrarese Alessandro balbo ( op 1597 –m 1617), eseguito dall’architetto reggiano Francesco Pacchioni ( 1560-1634), coadiuvato per la costruzione della cupola da Cosimo Pugliani (Siena op 1599-1618).
L’inaugurazione del nuovo Tempio e la solenne Traslazione della venerata Immagine dall’antica cappelletta alla nuova sontuosa sede ebbe luogo il 12 maggio 1619, con fastose solennità.
L’arte nella Basilica della B.V. della Ghiara
La Basilica della B.V. della Ghiara è il monumento che riassume tutta la grande pittura del primo Seicento emiliano nella sua ancora intatta integrità.
Alla grandiosa decorazione pittorica parteciparono una élite di artisti emiliani della prima metà del Seicento ( 1614-1648) : Ludovico Carracci, Gian Francesco Barbieri detto il Guercino, Lionello Spada, Alessandro Tiarini, Luca Ferrari, Camillo Gavasseti, Carlo Bononi, Pietro Desani, Lorenzo Franchi, Jacopo Palma il Giovane, Carlo veronese, Tommaso Sandrini, Sebastiano Vercellesi, Pietro Armani, Giovanni savi, Francesco Burani, Giulio Cesare e Michele Mattei e Orazio Talami.
Fonte: Basilicaghiara.it
Fivizzano, cittadina della Toscana ai confini della provincia di Massa e Carrara, si adagia su una fertile collina che scende dall’Appennino Tosco-Emiliano sulla strada nazionale per il Passo del Cerreto, verso Reggio Emilia. La sua prima origine risale ad un insediamento ligure-etrusco che sopravvive alle invasioni sannitiche e che in seguito si aggrega ad una colonia romana. Attraverso i secoli ha diverse dominazioni di Principi e Marchesi che ne fanno un feudo importante. Dal 1478 passa sotto il dominio di Firenze che la tiene come residenza estiva; Cosimo I De’ Medici la circonda di solide mura. Passa quindi sotto il governo di Modena fino all’unificazione dell’Italia, quasi baluardo di sicurezza con le sue mura ed i suoi castelli. Oggi è una ridente cittadina di villeggiatura, in parte ricostruita in stile moderno, dopo il tremendo terremoto del 1920 che la devastò. In questa “perla sperduta tra i monti” fiorisce fin dal 1596 una grande devozione alla Madonna radicata nel Santuario della Madonna dell’Adorazione, al quale accorrono le popolazioni della Lunigiana.
Un’umile donna di nome Margherita, detta Caugliana dal paese d’origine del marito, vive la sua vita semplice e ordinaria di mamma di famiglia e di sposa, quando improvvisamente si ammala. Si pensa ad una di quelle solite malattie dalle quali ben presto ci si rimette, ma passano i giorni, le settimane e Margherita non accenna a migliorare. I medici non sanno stabilire la natura dell’infermità; le cure non approdano a nulla. L’ammalata giace immobile nel suo letto senza speranza di poter riacquistare le forze e di potersi rialzare.
La vicenda suscita profonda pietà; ovunque si parla di lei, del suo caso infelice, ed inizia un lungo pellegrinaggio di gente che viene a salutare e confortare la povera inferma. Poi, a poco a poco subentra l’assuefazione e l’indifferenza. La speranza della guarigione si allontana, le visite si fanno sempre meno frequenti. Solo qualche comare del vicinato e qualche conoscente affezionato vengono a tenerle compagnia e a prestarle qualche servizio. Il mondo continua il suo ritmo di vita e Margherita è sempre presente a se stessa, conscia del suo dolore e del suo stato infelice. Dal letto delle sue sofferenze prega e spera.
Dopo diciotto anni di questa infermità e solitudine, giunge alle orecchie di Margherita la notizia che a Reggio Emilia, in una località deserta, chiamata “La Ghiara”, si venera un’Immagine della Madonna che dispensa grazie e favori straordinari. La fiducia dell’inferma si rianima; è certa che la Madonna farà anche a lei la grazia. Da quel momento si rianima e cresce in lei la fiducia.
In questo stato d’animo, un giorno sente chiedere permesso e vede aprirsi la porta; è Nicola Vaseschi, vicino di casa ed amico, che dovendosi recare per affari a Reggio, è passato a chiedere, per cortesia più che per convinzione, se Margherita abbia bisogno di qualche cosa. L’inferma vede in questa visita l’ispirazione del cielo, e subito risponde: «Di una gran cosa, che vi recherà poco fastidio. Portatemi un’Immagine della Madonna della Ghiara». Non dice altro, ma si raccomanda che Nicola non se ne dimentichi, e vive nella speranza. «Vi pare, Margherita! – risponde Nicola – Fate conto di avere già l’Immagine con voi».
Qualche giorno dopo, precisamente il 5 maggio 1596, Vaseschi ritorna, e Margherita per prima cosa gli chiede: «E l’Immagine?». Dall’ansia dell’inferma, il povero uomo comprende la gravità della sua dimenticanza, e confuso, a testa bassa risponde con un fil di voce «Margherita, mi sono dimenticato!». L’inferma che nell’impeto del desiderio, alla vista di Vaseschi si è leggermente sollevata, ricade sui cuscini, gli occhi le si riempiono di lacrime e, con un gesto di invocazione, volge lo sguardo al cielo. Meraviglia! Alla trave del soffitto è appesa un’Immagine della Madonna, piuttosto grande: l’Immagine tanto desiderata. È la Madonna della Ghiara, dolce e soave nell’atto di adorare il Figlio, con graziosi fiorellini ai suoi piedi.
Margherita lancia un grido e sente una vitalità nuova nelle sue membra; d’un tratto le è ritornata l’elasticità dei movimenti. Si fa portare le vesti, si precipita dal letto ed in ginocchio, con le braccia protese verso l’Immagine, esclama: «Sono guarita, sono guarita!». Le lacrime sgorgano abbondanti dai suoi occhi. Dopo diciotto anni di immobilità e di malattia, ora è fuori dal letto, sana e in forze, davanti all’Immagine miracolosamente apparsa. Anche per lei si ripete il miracolo di Marchino, il ragazzo muto, che all’apparizione della Madonna della Ghiara, a pochi chilometri di distanza, sei giorni prima, il 29 aprile di quell’anno, ha riavuto la parola.
La notizia si diffonde in un baleno e la gente accorre. In quella umile stanza, testimone per tanti anni dei dolori della povera inferma, ora guarita, inizia la prima fervida venerazione di quell’Immagine, che giunge fino ai giorni nostri.
La Madonna chiamata dagli abitanti di Fivizzano «Madonna di Reggio» è liturgicamente venerata sotto il titolo di «Madonna dell’Adorazione», per l’atteggiamento di adorazione con il quale Maria si rivolge al Figlio. La devozione popolare è molto diffusa e sentita; ogni casa possiede la sua Immagine, posta sui frontoni e nelle camere, e fino a questa generazione le spose hanno portato incisa nell’anello matrimoniale l’Immagine della «Madonna dell’Adorazione».
Le feste principali sono il 29 aprile (anniversario del primo miracolo: guarigione del sordomuto Marchino nel 1596) e l'8 settembre (sagra della Giareda).
Autore: Don Mario Morra sdb
|