«… Monstra te esse matrem,
sumat per te preces
qui pro nobis natus
tulit esse tuus…»
«… Dimostra d'esser madre
Per te le preci accolga
quei che, per noi nascendo,
sofferse d'esser tuo…»
Un chiaro riferimento alla Divina Maternità di Maria, Madre di Dio, definita nel Concilio di Efeso già dal 431, è contenuto nell’antico inno Ave Maris Stella. Un’invocazione che risale almeno al IX secolo, recitata nell’Ufficio Divino, nell’Ufficio della Beata Vergine e durante I Vespri. Il “ruolo” materno di Maria è certo il più amato dai fedeli e, grazie ad una infinita iconografia, la Vergine di Nazareth entra nel cuore di ogni suo figlio.
Tra queste immagini, spicca per la sua particolarità la Virgo Lactans, la Madonna del Latte. In esse Maria è presentata a seno scoperto, mentre allatta o sta per allattare il Figlio. Coinvolge nell’intimo ogni fedele, esprime l’umanità di Cristo, ma al tempo stesso la sua divinità. È la Madre di Dio, ma anche il modello di tutte le puerpere. Le prime rappresentazioni iconografiche si ritrovano nell'Egitto del VI-VII secolo, poi ebbero diffusione nell'arte bizantina e a seguire in Occidente, a partire dal Trecento, specie grazie alla scuola pittorica toscana e del Nord Europa.
A Torino un’immagine della Madonna del Latte, dallo sguardo molto dolce, accoglie ancora oggi i fedeli che entrano nell’antica Basilica del Corpus Domini, la Chiesa del Miracolo Eucaristico di Torino. Davanti ad essa è sempre accesa qualche candela e così si presentò una domenica sera del settembre 1827. Al suo cospetto si inginocchiò san Giuseppe Benedetto Cottolengo, col cuore a pezzi, dopo aver dato l’estrema unzione ad una giovane mamma che da poco era morta senza assistenza ospedaliera, dinanzi al marito e ai figlioletti, inermi e disperati. Quell’immagine della Madonna non poteva essere più umana e ispiratrice: quella sera nacque la Piccola Casa della Divina Provvidenza, nota familiarmente, in tutto il mondo cattolico, con il solo nome del suo fondatore.
Una statua dello scultore Davide Calandra del 1893 ha immortalato quella scena, che portò alla nascita, in un appartamento preso in affitto nella vicina casa della “volta rossa”, a pochi passi dal Palazzo di Città, “dell’ospedale dei disperati”. Quel quadro era stato donato alla Chiesa del Corpus Domini dal beato Sebastiano Valfrè (1629-1710), che aveva fatto riprodurre un’immagine ancora più antica custodita a Savigliano, che da Torino dista poco più di 60 Km. Il Cottolengo volle, in seguito, che l'infermeria maschile fosse dedicata proprio allo stesso Valfrè, modello dei “Santi della Carità” vissuti a Torino nel XIX secolo.
A Savigliano la devozione a Maria è forte e radicata, come testimoniano le numerose chiese che le sono dedicate. Tra queste un popolare santuario, denominato “della Sanità”, sorge a un paio di chilometri (verso sud-ovest) dalla città. In origine, nel 1613, fu costruito un semplice pilone per volontà di un contadino perché la Madonna aveva difeso prodigiosamente l’onestà della giovane figlia. Fu affrescata l’immagine della "Madonna Bianca" (dal colore del manto) mentre allatta Gesù Bambino, riproduzione di un affresco, databile all'inizio del Trecento, venerato alla Pieve, la chiesa cittadina più antica. Il Santuario della Sanità divenne, nel volgere di pochi anni, meta di devoti pellegrinaggi. Ai lati della Madonna furono dipinti un angelo e una contadina in atto di ringraziamento, con in basso l’iscrizione:“Per gratia ricevuta nell’anno 1613”. Successivamente si costruì la chiesa, poi ingrandita e terminata intorno al 1750. L’immagine, nel 1719, venne posta sull’altare maggiore, con l'eliminazione però delle figure laterali e dell’iscrizione per poter trasportare il pilone. A fianco furono rappresentati in seguito S. Giovanni Battista e S. Francesco d’Assisi.
Ma in città vi sono altre antiche e “prodigiose” immagini mariane: nella Chiesa dell’Assunta, nella chiesetta della Madonnina della Neve, edificata nel 1609, e nella cappella di Regione Suniglia. Nella prima l’affresco della Madonna che allatta, attorniata da angeli, è un'opera quasi certamente del XV secolo, considerato che l'Arciconfraternita dell'Assunta ebbe origine nel 1445 e si stabilì presso l'attuale sede nel 1482. La Confraternita decise di porre sulla facciata a nord del primo oratorio l'antica immagine ritenuta, a partire dal 1483, dispensatrice di grazie. Durante i lavori di ammodernamento dell'attuale chiesa, nel 1715, l'immagine fu trasferita in una cappella interna. Per quanto riguarda invece la cappella di Regione Suniglia, essa sorge poco distante da Villa Galateri, trasformazione seicentesca di un maniero medievale, ed è dedicata a S. Bernardo. Dietro l’altare maggiore un affresco datato 1528 presenta la Madonna “Bianca” della Pieve con ai lati quattro santi.
All’immagine della Madonna del Latte di Savigliano molto si affezionò il beato Sebastiano Valfrè, ma, al momento, non ne conosciamo il motivo. Certo visitò Savigliano, luogo in cui fu fondato un Oratorio nel 1680, ed era in contatto con alcuni suoi abitanti . Un’ipotesi potrebbe derivare dal fatto che il suo primo confratello, quando entrò nell’Oratorio di San Filippo di Torino nel 1651, era proprio un saviglianese: padre Ottaviano Cambiani. Erano solo loro due: l’Oratorio era sorto nel 1649 ed era certamente la comunità religiosa più modesta della città. Che i due si siano posti sotto la particolare protezione della Madonna venerata col bel titolo “della Sanità”? Al momento è solo una supposizione. Una seconda ipotesi potrebbe essere legata all'origine contadina della famiglia del beato: nelle campagne gli agricoltori davano a questo tipo d'immagini una valenza simbolico-taumaturgica, attribuendo alla Vergine grazie e miracoli.
Di fatto padre Valfrè fece riprodurre, almeno tre volte, l’immagine: una per la sua comunità di San Filippo, un’altra la donò alla Basilica del Corpus Domini di Torino, una terza la inviò a Verduno, il suo paese natale. Sarebbe interessante scoprire a chi diede l’incarico di eseguire i quadri. È noto infatti che il Beato ebbe contatti con importanti artisti suoi contemporanei, tra cui Daniele Seyter, primo pittore del duca Vittorio Amedeo II di Savoia.
Nella Chiesa di S. Filippo l’immagine “saviglianese” fu esposta, con tutta probabilità fin dai tempi del Beato, presso un altare laterale, come risulta dalla relazione della visita pastorale del 1728 dell’arcivescovo Arborio di Gattinara . In seguito, erroneamente, si ritenne un quadro appartenuto a san Filippo Neri, con buona probabilità perché fu dotato di una superba cornice seicentesca, attribuita alla bottega Botto di Savigliano, identica a quella in cui fu inserito il quadro del Crocifisso appartenuto sì a San Filippo, giunto a Torino grazie al card. Maurizio di Savoia nel 1652. Tali circostanze, se non sono sufficienti a datare con certezza il quadro della Vergine del Latte (da collocarsi comunque nella seconda metà del Seicento) sono prova della grande considerazione in cui era tenuto. Attualmente il dipinto si trova nella cappella feriale, attigua alla Sacrestia.
Il Beato visse, anche se per un breve periodo, nella casa annessa alla Chiesa del Miracolo Eucaristico del 1453. L’11 dicembre 1653, nel palazzo dell’arcivescovo Bergera, i procuratori della Città, titolari della basilica, stipularono un accordo con il preposito dei filippini, Carlo Bonifacio Buronzo, e Sebastiano Valfrè, ordinato sacerdote l’anno precedente e sottosuperiore della comunità. Stabilirono il servizio religioso della chiesa: l’accordo era stato approvato il 6 novembre precedente dalla reggente Madama Reale Cristina di Francia e dal Consiglio Comunale tre giorni dopo. La stesura dell’atto notarile fu curata dal presidente Bellezia. L’ingresso fu solenne, ma la permanenza degli Oratoriani durò poi solo un anno e tre mesi, perché i locali erano troppo angusti per una comunità che contava ormai dodici religiosi. Padre Valfrè rimase affezionato a quella chiesa e la frequentò, negli anni a venire, in particolare per l’adorazione eucaristica. Fu tra i primi ad iscriversi alla Compagnia dell’Adorazione Perpetua (o Compagnia del SS. Sacramento), sorta nel 1670, e sappiamo che si faceva assegnare 10 o 12 ore al mese di adorazione, scegliendo, se necessario, i turni notturni . Per tale motivo donò, in un anno imprecisato della seconda metà del Seicento, una copia del quadro della Madonna, che fu detta “delle Grazie” e collocato poi sull’altare settecentesco di San Giuseppe costruito nel 1724 su disegno di Filippo Juvarra, risistemato nel 1764 da Bernardo Antonio Vittone . In questa collocazione, che è l’attuale, fu venerato dal Cottolengo nel 1827.
Altra copia della Virgo Lactans fu donata dal Valfrè ai suoi compaesani e ora, grazie alla scoperta di due lettere inviate al vescovo di Alba, mons. Giuseppe Rovero, datate 2 e 25 marzo 1699, abbiamo notizie precise del suo arrivo a Verduno. Nella prima lettera leggiamo: “… manderò un quadro da riporre a pubblica adorazione nel posto che si stimerà a proposito: o nella chiesa di S. Rocco, o dei Disciplinanti o, quando la Chiesa Parrocchiale sarà fatta, in essa…”. Nella seconda aggiunse: “… ho mandato un quadro divoto di Maria Vergine del Refugio con qualche paramento, con ordine che, prima di dare principio alla novena progettata colla processione per ricevere con qualche decoro la sagra immagine, si facesse capo da V. S. Ill.ma e R.ma, acciò tutto si faccia con sua approvazione…” . A fianco della Madonna, a differenza che nel quadro conservato nella Basilica del Corpus Domini, è raffigurato san Giuseppe; ma nella figura maschile si potrebbe intravvedere anche San Filippo Neri. Il dono del quadro testimonia l’affetto costante che negli anni padre Sebastiano sempre mantenne verso i suoi concittadini. Il quadro è oggi esposto in un altare laterale della chiesa parrocchiale di S. Michele, mentre un altro altare, dopo la beatificazione del Valfrè avvenuta nel 1834, fu dedicato al Beato raffigurato proprio mentre indica il suo dono “mariano”. È chiaro il parallelo iconografico con le molte immagini torinesi in cui il padre Sebastiano indica la Vergine Consolata (per le note vicende dell'assedio di Torino del 1706), mentre a Verduno indica l’immagine della Vergine che egli stesso, nella sua lettera, chiamò “del Rifugio”. Di questo dipinto fu realizzata da Bartolomeo Bianchi, nel XVIII secolo, un’incisione con al fondo la scritta “Effigie della miracolosa Vergine del Refugio. Tesoro mandato dal venerabile Padre Valfrè alla sua patria di Verduno”.
L’immagine della Madonna “Bianca” di Savigliano, denominata poi “della Sanità”, a Torino venne quindi chiamata “delle Grazie” e a Verduno “del Rifugio”. Titoli cari al Valfrè, insieme a quello dell’Immacolata Concezione e della Consolata del quale fu singolare “apostolo”.
Nel testamento spirituale il beato, ispirandosi in parte alla Sequenza allo Spirito Santo, così scrisse:
… E voi, o Vergine santissima, madre di misericordia, regina del mondo, consolatrice degli afflitti, rifugio dei peccatori, salute di chi perisce, a voi, a voi, fonte di pietà, raccomando l’anima mia. Aiutatemi spaventato, alzatemi caduto, guidatemi errante e consolatemi desolato. Impetrate dal vostro dilettissimo figlio la misericordia che gli ho chiesto. Da voi, o dolcissima madre, riconosco la liberazione da tanti pericoli dopo Dio. Deh non mi abbandonate, posto in tanto pericolo di tempo, anzi di momento, da cui dipende l’eternità. Mostrate d’essermi madre e dite per me una parola al vostro figliuolo acciò ricrei me, giacente nell’ombra della morte. Fate o benedetta, per la grazia che avete meritato, per quello ch’avete partorito, che siccome mediante voi si è fatto partecipe dell’infermità e miseria nostra, per voi parimente interceditrice si degni di farmi partecipe della gloria eterna per regnare in cielo con Gesù vostro figliuolo, mio Signore […] .
Infine una curiosità: nel 1933 fu realizzata (stampata a Milano) una cartolina pubblicitaria delle pastiglie “contro la tosse” Madonna della Salute di Savigliano.
Autore: Daniele Bolognini - Daniele D’Alessandro
Fonte:
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www.studibeatovalfre.org
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