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Servo di Dio Andrea Aziani Memor Domini

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Milano, 16 gennaio 1953 - Lima, Perù, 30 luglio 2008

Andrea, studente della Statale di Milano negli anni più violenti della presenza cristiana in università, fu mandato da don Giussani nel 1976 ad iniziare l’esperienza del Clu a Siena, con altri tre universitari. Dal 1989 viveva a Lima, inviato da don Giussani per accompagnare la presenza del movimento in quel Paese, dove fu tra i fondatori di una importante Università cattolica. Andrea è stato sepolto in terra di missione, dove aveva letteralmente speso la sua vita per Cristo e dove continua la sua opera. Il 2 febbraio 2016, durante la messa del XIX anniversario della Diocesi di Carabayllo, nella città di Lima, il vescovo, monsignor Lino Panizza, ha dato l'annuncio dell'apertura della causa di Beatificazione di Andrea Aziani.



Il 2 febbraio 2016, durante la messa che celebrava il 19° anniversario della diocesi di Carabayllo nella città di Lima, in Perù, il vescovo Lino Panizza ha annunciato l’apertura della causa di beatificazione di Andrea Aziani (1953-2008). A Lima Andrea era andato nel 1989, su invito di don Luigi Giussani, al fine di promuovere una presenza cristiana nell’ambiente universitario. E’ qui che l’ho incontrato, una prima volta, nel novembre del 1992 in occasione del IV Congreso Mundial de Filosofia Cristiana al quale ero stato invitato come relatore. L’invito era merito suo. Andrea mi conosceva attraverso le pubblicazioni, soprattutto attraverso i miei articoli pubblicati sul settimanale “Il Sabato”. Così mi ritrovai ospite, per una settimana, nell’appartamento che condivideva con gli amici Giancorrado Peluso (Dado) e Gianbattista Bolis (Tista). Alla guida di quella che era una comunità vocazionale era allora P. Joahn Leuridan Huys, decano della Facultad de Ciencias de la Comunication, Turismo y Psicología della Universidad de San Martín de Porres, presso cui insegnava anche Andrea. Leuridan era una persona intelligente, molto legato ad un modello occidentale, affettivamente distante dall’ambiente peruviano. Di fronte a lui mi colpiva, nei colloqui che avemmo, l’umiltà di Andrea, cui non difettavano certo acume ed intelligenza. La sua discrezione mi appariva, al momento, disarmante. Solo in seguito avrei saputo che questa corrispondeva ad un’esigenza più grande: quella di permettere una testimonianza cristiana dentro la Facoltà che Leuridan guidava. Anni dopo il sodalizio, di fronte alle oggettive difficoltà della coabitazione, si sarebbe sciolto. Il Congreso de Filosofia Cristiana fu l’occasione che mi permise di conoscere e di stringere amicizia con taluni dei protagonisti del rinascimento intellettuale cattolico latino-americano. Tra essi Alberto Methol Ferré, l’intellettuale uruguayano molto apprezzato dal cardinal Bergoglio, noto in Italia per il suo libro-intervista a cura di Alver Metalli: Il papa e il filosofo (Cantagalli 2014). E poi Pedro Morandé, decano della facoltà di Scienze sociali della Pontificia Università cattolica del Cile, e Pedro Anibal Fornari docente di filosofia all’Università di Santa Fé, in Argentina. Il tramite era Andrea, sempre presente in quei giorni ricchi di scambi e di valutazioni. Conservo ancora le foto di allora: Methol, Morandé, Fornari ed Andrea dinnanzi alla costa del Pacifico. Ne ho pubblicate talune nella pagina Fb dedicata ad Andrea Aziani. In esse Andrea appare elegante, in giacca e cravatta, un vestiario insolito per lui. Di quei giorni ricordo la visita assieme al Museo archeologico di Lima, ricco dei tesori dell’impero Inca.
Il viaggio del ’92 fu la premessa di quello successivo, a quindici anni di distanza, nel novembre 2007. Non potevo certo immaginare che gli restassero pochi mesi di vita. Negli anni precedenti Andrea, dopo aver insegnato filosofia, etica, epistemologia, dottrina sociale della Chiesa in varie università, su richiesta del vescovo mons. Lino Panizza, contribuisce alla fondazione della Università “Sedes Sapientiae” (UCSS). La scelta del luogo era significativa: non già tra i quartieri eleganti, alto-borghesi, della Lima spagnola, bensì in un contesto popolare con il fine di promuovere l’elevazione sociale dei meno abbienti. Tra essi molti erano studenti lavoratori. Andrea venne a prenderci, a me e a mia moglie Carmen, il mercoledì 31 ottobre in aeroporto. Eravamo stanchi, reduci da un tour cileno, a Santiago, pieno di conferenze e di incontri. Nel tragitto dall’aeroporto alla città la via “breve” scelta dall’autista passava, attraverso strade sterrate, lungo le immense baraccopoli di un sottomondo inenarrabile per l’occhio europeo. Andrea era abituato, noi eravamo muti. Prima dell’arrivo, in albergo, con grande delicatezza, ci portò in un bel ristorante la cui terrazza offriva una vista del Pacifico. Era il suo benvenuto. Lo guardavo: era invecchiato, scavato nel volto e più magro del solito. Il suo essere “ombra” si palesava ora anche nel corpo. Ciò che non era mutato era la fiamma interiore, lo sguardo dolce ed intenso che ti abbracciava e ti faceva sentire a casa. Nei giorni seguenti avremmo conosciuto i suoi amici di appartamento. Oltre a Tista – Dado era tornato in Italia – c’erano Igor, Paolo, Guido. A casa loro l’ospitalità era reale, si respirava un clima di vera amicizia, di profonda serenità. Il clima un po’ teso dell’altro appartamento, quello del ’92, era un ricordo del passato. In casa Andrea, prima di recarsi in università, era inchiodato al computer sin dalle sei del mattino. Nonostante la linea tremendamente lenta rispondeva, con pazienza, ai tanti che gli chiedevano i più svariati consigli. Era fatto così, instancabile dall’alba al tramonto. Questa mobilità non era però vissuta con ansia ma con una sorta di lievità, di consapevole servizio al prossimo che si vietava ogni ostentazione. Umile, discreto, appassionato, attento, essenziale nei bisogni, sempre pronto a farsi tutto a tutti, assomigliava ad un Francesco del nostro tempo. Alle virtù va aggiunta la sua profonda passione intellettuale, la sua curiosità legata al pathos educativo di comunicare adeguatamente il vero ai suoi studenti. Il contenuto della fede cristiana poteva dimostrare la sua corrispondenza all’umano solo dando ragione di tutto, senza censurare nulla. Era questo il motivo del mio trovarmi lì, una seconda volta a Lima. Nel 2005 avevo pubblicato due volumi, il primo dal titolo Il soggetto assente. Educazione scuola tra memoria e nichilismo; il secondo su Secolarizzazione e nichilismo. Cristianesimo e cultura contemporanea. Ambedue erano stati tradotti in spagnolo, nel 2005 e nel 2007, dall’Editrice Encuentro di Madrid. Andrea li aveva letti con grande attenzione al punto da usarli come punto di riferimento per le sue lezioni. Da qui l’idea di chiamarmi per tenere delle conferenze sull’argomento educativo, sul tema del mio volume. La mail con cui mi invitava era del dicembre 2006. Così scriveva:
Carissimo Massimo, da tantissimo tempo desideravo rimettermi in contatto con te…e ora l’occasione è venuta – imprevista! – con la venuta a Lima di Pedro Morandé, in occasione del nostro “Happening” e di una sua conferenza nella Università Cattolica “Sedes Sapientiae”. E’ stato proprio Morandé che mi ha dato la tua mail. Come va? Abbiamo ricordato, in questi giorni, la tua venuta a Lima per quel “famoso” Congresso di filosofia cristiana. Ricordi? Ricordo anche quelle “meschine” e “ridicole” critiche dei vari …. alle tue – giustamente – guardiniane posizioni. Ma in tutti questi anni – forse non ci crederai – ho cercato comunque di “seguirti”. Prima su “30 Giorni”, poi su articoli vari apparsi in internet, anche sulle tue visite in Spagna (da cui deduco che parli perfettamente Espagnol…!) e per ultimo mi sono comprato, letto, e fatto una full immersion nel tuo SPLENDIDO Il soggetto assente, già tradotto in spagnolo insieme con quello sulla secolarizzazione richiamato da Morandé nella sua recensione. Lo sto (lo stiamo) usando in tutte le salse!!!! Il tuo Soggetto assente…de verdad… credimi!!! Io ci sto facendo, di fatto, il corso di FILOSOFIA DELL-EDUCAZIONE. Ma anche in antropologia tutta la parte finale (realismo/preconcetto/esperienza) SPLENDIDO! Non so come ringraziarti!!!!
Ma veniamo a noi! …ora! Avrai già capito che a questo punto invece di citare i tuoi testi -  a proposito o a sproposito (nel caso nostro!) saremmo più contenti di avere l’autore…in carne ed ossa! Te parece? […]. Insomma rimaniamo in contatto! Sono felice di aver ritrovato un “vecchio” Amico e “giovane” maestro!
GRAZIE!!!!! A presto, facci sapere. Andrea.

Di fronte ad una lettera così piena di stima e di affetto era impossibile rifiutare. Conservo ancora le mail in cui si preoccupava di rendere quanto più confortevole il nostro viaggio, al punto da organizzare una splendida tappa a Cuzco, l’antica capitale Inca, con un itinerario imperdibile a Machu Picchu. Perché Andrea era fatto così: non si limitava alla forma o ai risultati ma era attento alle persone, alla loro umanità. Non ti abbandonava, ti seguiva con lo sguardo e con gli amici che ti poneva accanto. Tra essi c’era il vescovo Lino Panizza. Ricordo la sua cena ospitale in una casa modesta nella parte popolare di Lima. Era evidente la grande stima, ricambiata, che portava per Andrea. Gli ultimi giorni furono di fuoco, tra conferenze ed incontri. Quelli che gli stavano maggiormente a cuore erano su El sujeto ausente. Educacion y Escuela entre nihilismo y memoria. Il luogo, gremito fino all’inverosimile, era l’aula magna di un collegio vicino alla UCSS. Le lezioni erano alla sera per permettere la partecipazione degli studenti lavoratori della Facultad de Educacion. Le ricordo come un’esperienza unica: il silenzio, l’attenzione, e poi la fila interminabile, alla fine, di tutti coloro che ringraziavano perché erano rimasti colpiti nella loro umanità. Con me, nel palco, c’erano don Giovanni Paccosi e la professoressa Giuliana Contini. Andrea era dietro le quinte, colmo di contentezza per quel momento riuscito. Viveva per quei ragazzi, era il loro professore con una vocazione, innata, ad educare. Da cristiano sentiva l’insegnamento come una trasmissione di vita, una testimonianza della bellezza di Cristo che rifulgeva in tutto ciò che era grande, umano. Una intelligenza sottile ed un cuore ardente, innamorato di Cristo e dell’uomo, ecco chi era Andrea. Nel novembre 2007 ho avuto modo di intuirlo da vicino. Ho sempre pensato che, in fondo, ci siamo conosciuti per pochi giorni, nemmeno due settimane tra il 1992 e il 2007, eppure sentivo che avevo di fronte un grande amico. Nel tempo che abbiamo trascorso insieme mi ha parlato di sé, della sua famiglia, delle sue radici ebraiche per parte di madre, della sua parentela con Emanuele Samek Ludovici, giovane speranza dell’Università Cattolica di Milano, morto prematuramente nel 1981. Andrea era al crocevia di mondi, ebreo-cristiano, italiano-peruviano, intellettuale-popolare. In questo crocevia si collocava il suo peculiare essere aperto a tutti, senza discriminazioni, nell’ottica della gratuità che non chiede ricompense. Questo i “suoi” studenti lo sentivano, avvertivano di avere un docente che era, al contempo, maestro di vita, padre e compagno di viaggio. Una di quelle persone che non si dimenticano e il cui ricordo, a distanza di anni, si associa alla commozione.
Il sabato 10 novembre abbiamo visitato, insieme con Carmen, la Chiesa di S. Francesco con la guida di un architetto. Poi Andrea ci ha accompagnato all’ “Eau vive” e, la sera, ancora al ristorante, insieme con Igor. Era la sua ospitalità, il suo modo di dimostrare la gratitudine. Il giorno dopo, la domenica, la partenza. Al commiato mi ha dato due immaginette del Senór del los Milagros, a cui era affezionato. Nel retro di una aveva scritto: «Grazie. A presto de verdad, de tuto. A.». Nell’altra: «Grazie. A presto o a Roma o a Lima. Grazie. A.».
La gratitudine, l’essere grati, la consapevolezza che il cristianesimo è, dall’inizio alla fine, “grazia”, era il suo modo di essere. Era l’ultima volta che lo vedevo e non lo sapevo. L’ultima mail che mi ha inviato è del 3 giugno 2008. In essa, ancora una volta, mi saluta al modo suo: «Grazieeee amicoooo A!». Un modo urlato, futuristico, per farti presente un affetto fraterno. Andrea è morto all’improvviso il 30 luglio 2008. Il cuore generoso di un uomo, instancabile nel donare la sua vita agli altri, è venuto meno. E’ stato l’amico Alver Metalli, dall’Argentina, a darmi la triste notizia. Anni dopo, in un articolo pubblicato su Tracce.it, Andrea Aziani un uomo consumato dal desiderio di Cristo, scritto da Dado Peluso ho letto che:
Mirna, una studentessa ha ricordato così l’ultima lezione all’Università Cattolica Sedes Sapientiae di Lima. «Sembra ieri l’ultimo giorno di lezione di Metafisica con il mio maestro Andrea Aziani. Molte furono le cose fuori dal comune che disse, ma ciò che richiamò di più la mia attenzione fu la passione con cui spiegò il tema della Bellezza. “In un mondo senza bellezza – scrive Von Balthasar – anche il bene ha perduto la sua forza di attrazione… l’uomo resta perplesso di fronte ad esso e si chiede perché non deve piuttosto preferire il male”. Un mondo senza bellezza è una Waste Land (T. S. Eliot), una “terra desolata” abitata dalla disperazione, è la mezzanotte del Nichilismo. La bellezza risiede in un amore che, come cita il Cantico dei Cantici “è forte come la morte”, un Amore capace di sfidare la morte, il nulla, l’odio e tutto ciò che rende la vita smarrita e miserabile. Non era la bellezza estetica e banale cui si riferiva, era la bellezza della verità, dell’infinito». Lo studente che ha parlato al funerale ha riferito che Andrea aveva terminato la sua ultima lezione dicendo: «Ricordatevi sempre: l’amore è più forte della morte».
Quando ho letto queste testimonianze non ho potuto reprimere un nodo alla gola. Andrea, nella sua ultima lezione, aveva ricordato, alla lettera, frammenti di pagine del mio volume Il soggetto assente. Erano gli stessi (pp. 117 e 63) in cui avevo messo parte di me, quella che protesta contro la morte e, commossa dalla croce di Cristo, attende e spera nella vittoria sul nulla. Che Andrea, un attimo prima di morire, recitasse la frase del Cantico dei cantici: «Forte come la morte è l’amore» aggiungendo un “più”: «L’amore è più forte della morte», era il punto che ci univa e che ci unisce ora che lui, non più presente, è più che mai presente. In quella frase c’è il suo testamento, la sua testimonianza a Gesù come amore al mondo, ai piccoli che faceva sentire importanti, ai suoi studenti che tratteneva, ad uno ad uno, nel suo grande cuore.


Autore:
Massimo Borghesi


Fonte:
www.terredamerica.com

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Aggiunto/modificato il 2023-08-12

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