Aldo: Roma, 1 dicembre 1937 - 3 marzo 1997Enrica: Roma, 19 novembre 1945 - 25 gennaio 2007
Due coniugi romani dei giorni nostri che hanno vissuto la genuinità evangelica della loro vocazione nell’umile e gioiosa santità del quotidiano nell’amore a Dio, alla famiglia e nel servizio al prossimo. Genitori di tre figlie, si sono contraddistinti per la profondità della vita di preghiera, le coraggiose scelte quotidiane e il servizio ai poveri posti a fondamento di una vita matrimoniale di gioie e incognite, nascondimento e misericordia, anche come ministri straordinari della Comunione. Aldo muore nel 1997. Del suo decennio di vedovanza Enrichetta farà dono a Dio. Diventerà una colonna del Servizio nazionale Cei per gli interventi caritativi a favore del Terzo mondo. La causa diocesana per la loro beatificazione, promossa dall’Ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida, si è aperta il 24 giugno 2019 presso il Vicariato di Roma.
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Aldo e Enrica sono stati sposati 30 anni, dal 6 settembre 1967 al 3 marzo 1997, giorno della morte di Aldo che era da poco andato in prepensionamento perché desiderava studiare filosofia. «Fu un matrimonio felice allietato dalla nascita di tre figlie: Paola, Chiara ed Emiliana» ha ricordato il cardinale De Donatis. Religioso fin dall’adolescenza, innamorato della vita, Aldo ebbe un’intensa vita interiore, «abitualmente orientato all’abbandono in Dio, alla lettura della presenza della sua bontà anche nelle sventure». Fu seguito da don Mario Gallozzi, all’epoca dei fatti viceparroco della parrocchia della Madonna ai Monti, il quale «capì perfettamente l’esuberanza un po’ idealistica di Aldo, la sua tensione ai valori evangelici, la sua esigenza di vivere facendo del bene». Enrica, otto anni più giovane del marito, ha avuto un’infanzia segnata dall’abbandono del padre quando lei aveva solo sei mesi. Quest’avvenimento le provocò una sofferenza costante. «Trascorse l’infanzia, e più tardi l’adolescenza, chiedendosi come potesse sentire l’Amore di Dio se non conosceva l’amore di un padre» ha spiegato De Donatis.
Nel 1975 i coniugi conobbero il movimento dei Focolari e iniziarono a partecipare ad alcuni incontri. Enrica confidò il suo dolore per la mancanza di una figura paterna e per la prima volta comprese che Dio è quel padre che lei tanto cercava. Chiedono quindi di entrare a far parte del movimento come “focolarini sposati” con promesse matrimoniali. Diventano responsabili delle famiglie per Lazio, Abruzzo e Sardegna, sono attivi in parrocchia, vanno a distribuire il Vangelo nelle case. Dopo la morte di Aldo viene proposto ad Enrica di collaborare con l’ufficio della Conferenza episcopale italiana che supporta il Comitato per gli interventi caritativi nel Terzo mondo finanziati con l’8 per mille alla Chiesa cattolica. «Molti le riconoscono una speciale capacità di entrare in sintonia con le persone – ha aggiunto il vicario-. Molti le attribuiscono un particolare carisma di “maternità”. Accoglie ogni giorno missionari e religiosi e religiose, mettendo con generosità incondizionata al servizio della evangelizzazione le proprie forze fisiche, intellettuali e spirituali».
I due sposi, ha concluso il cardinale, «seppure per spazi diversi e significati propri, hanno recato la loro testimonianza di sequela del Signore, edificando con la loro fede ed esempio di vita coniugale coloro che incontravano lungo il percorso. La loro sensibilità nei confronti dei bisognosi si iscrive nella storia della carità ed aiuto reciproco tra le chiese che permette alla comunità romana di gareggiarne per il primato». Per il cardinale Bassetti«la santità è un fatto personale, ma quando coinvolge una famiglia si irradia sempre più». Ha ricordato che in tanti descrivono Enrica come la donna che aveva “il sorriso di Dio” e “il fuoco di San Paolo” per l’evangelizzazione. Il cardinale Malcolm Ranjith ha conosciuto la donna alla Cei e ha messo in evidenza l’esempio che i coniugi rappresentano per la famiglia, un’istituzione oggi in crisi. «Loro sono stati un grande dono» ha detto. Il cardinale Maradiaga si è detto convinto che questo processo camminerà «rapidamente. Abbiamo bisogno di gente santa nell’ordinario che ha lasciato una grande testimonianza d’amore».
Autore: Roberta Pumpo
Fonte: www.romasette.it
Per Aldo Michisanti ed Enrichetta Onorante, genitori di tre figlie, si è appena aperta a Roma la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione. Il rito, lunedì 24 giugno 2019 al Palazzo Lateranense, è stato presieduto dal cardinale vicario Angelo De Donatis, che ha ripercorso la profondità della vita di preghiera, le coraggiose scelte quotidiane e il servizio ai poveri posti a fondamento di una vita matrimoniale di gioie e incognite, nascondimento e misericordia, anche come ministri straordinari dell’Eucaristia.
Lui, nato nel 1937, ragazzino vivace del rione Monti, con la serenità della fede supera gravi malattie, riuscendo a proseguire gli studi fino alla laurea in Scienze politiche e al lavoro al ministero del Tesoro. Lei, classe 1945, all’ombra di un padre che abbandonata la famiglia poi si toglierà a vita, affetta da una malformazione cardiaca congenita e consacrata per questo dalla madre all’Immacolata, si diploma in ragioneria. Si sposano nel 1967. «Egli vi unisca e adempia in voi la sua benedizione »: come nella Bibbia per Tobia e Sara, così la vicenda matrimoniale di Aldo e Enrichetta è approdo e avvio di un cammino spirituale tenace. Nascono tre figlie, una delle quali voluta contro una diagnosi senza appello dei medici. «Quando chiedevo a mia madre come avessero superato le incognite e l’angoscia per farmi nascere – ricorda oggi Chiara – diceva: sapevamo che l’amore di Dio si sarebbe manifestato, in ogni caso. Non perdevano mai la Messa quotidiana, neppure d’estate. Ci hanno trasmesso una fede a portata di mano, perché Dio salva la nostra vita ogni momento. Mamma ripeteva: sciogliamo le mani a Dio. Solo se gli diamo piena fiducia, Lui potrà agire». Poi discernimento ed umiltà.
Negli ultimi anni, mentre pregano insieme dopo una diagnosi severa per la vista di Aldo, Enrichetta annota di aver implorato: «Dio mio aiutami, non sono capace di offrirti questa sofferenza». Nasce pace dalla confessione della sua povertà, del suo limite, l’abbandono al Signore cresce. In pochi mesi la malattia si arrestò.
Aldo muore nel 1997. Del suo decennio di vedovanza Enrichetta farà dono a Dio. Diventerà una colonna del Servizio nazionale Cei per gli interventi caritativi a favore del Terzo mondo, che assegna fondi 8xmille. Era nonna, ma viaggiava da Timor Est da ricostruire dopo la guerra civile, all’Asia e all’Africa. «In Honduras, il villaggio di 5mila abitanti di Divina Providencia, raso al suolo dall’uragano Mitch nel 1998, fu ricostruito grazie a lei, ne era la mamma – ha ricordato il cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga, presente in Laterano, che la incontrò allora –. Oggi è un giorno di festa che aspettavamo da anni. Sono convinto questo processo camminerà rapidamente. Abbiamo bisogno di santi nell’ordinario della vita e della famiglia». Così Enrichetta incontrò anche papa Francesco, allora arcivescovo di Buenos Aires, che in lei scoprì sensibilità caritativa e dedizione alla Chiesa. «Ringrazio Dio del dono dei vostri amati genitori e del bene che hanno fatto – ha scritto il Pontefice nel messaggio letto in aula –. I poveri del mondo lodano Dio per la luce del loro amore coniugale». «Nelle famiglie Gesù può essere trovato sempre – ha scandito De Donatis – perché lì dimora in semplicità». E il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti ha aggiunto: «La santità è personale, ma quando coinvolge la famiglia si irradia ancora di più».
Autore: Laura Delsere
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