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Servo di Dio Stefano Antoni Sacerdote

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Ghivizzano, Lucca, 28 dicembre 1852 – Lucca, 27 febbraio 1944

Stefano Antoni nacque a Ghivizzano, in provincia e diocesi di Lucca, il 28 dicembre 1852. Come i suoi due fratelli maggiori, sentì la vocazione al sacerdozio. Studiò privatamente, ma per un breve tempo fu prefetto nel Seminario di Lucca. Desideroso di una vita più dedita a Dio, fu ammesso nella Compagnia di Gesù, ma rientrò in famiglia per ragioni di salute. Continuò la formazione in casa propria e fu ordinato sacerdote il 10 giugno 1876. Impegnò gran parte del proprio ministero nella confessione, nella direzione spirituale e nella predicazione. Promosse la Comunione frequente, tanto da aver incoraggiato il Papa san Pio X ad abbassare ai sette anni l’età minima per la Prima Comunione. Morì il 27 febbraio 1944 per un male allo stomaco. L’inchiesta diocesana della sua causa di beatificazione e canonizzazione fu aperta il 25 febbraio 2003 a Lucca. I suoi resti mortali riposano dal 1966 nella chiesa di Sant’Alessandro Maggiore a Lucca.



Infanzia e famiglia
Stefano Antoni nacque a Ghivizzano, in provincia e diocesi di Lucca, il 28 dicembre 1852. La sua famiglia era formata dai genitori, Pantaleone Antoni ed Elisa Stefanelli, e dai loro sei figli, cinque maschi e una femmina. Soprattutto la madre curò che tutti ricevessero una formazione religiosa e umana completa.
Il figlio maggiore, Pietro, manifestò ai genitori di voler diventare sacerdote. Anche l’altro fratello più grande di Stefano, Alberto, dichiarò di avere la stessa intenzione. Per ragioni di studio, quindi, si trasferirono a Lucca con la madre.
Alberto doveva molto ai suoi fratelli, che avevano contribuito alla sua formazione. Anche lui sentì di avere i segni della vocazione al sacerdozio e la confidò alla madre. Non molto tempo dopo, la raggiunse nell’appartamento di piazza Bernardini, dove viveva coi due figli.
Preparato da lei e dai fratelli, Stefano ricevette il Sacramento della Cresima il 15 novembre 1865. Non molto tempo dopo, fu la volta della Prima Comunione. Da allora, il ragazzo intensificò lo studio e la preghiera, che comprendeva anche andare spesso in chiesa per la visita al Santissimo Sacramento.

Verso il sacerdozio
La vocazione non venne meno col passare degli anni. Stefano domandò al padre il consenso alla sua scelta e l’ottenne. Tuttavia, non studiò in Seminario, ma a casa, insieme ai fratelli. Vestì l’abito talare e continuò gli impegni che aveva già assunto. In alcuni opuscoli manoscritti di quell’epoca annotò: «Solo Dio voglio, il Salvatore mio, il Redentore mio; non cerco, non desidero altri che Lui».
Nel 1872 ricevette la Tonsura e gli Ordini Minori dell’Ostiariato e del Lettorato. I superiori del Seminario, grazie al suo comportamento e alla sua attitudine ascetica, vollero che diventasse prefetto degli studenti più giovani. Le sue capacità destavano ammirazione, ma la salute non lo resse: dovette, quindi, rientrare in famiglia e restare in assoluto riposo.

In prova dai Gesuiti
Intanto i suoi fratelli erano diventati entrambi sacerdoti: Pietro nel clero diocesano, Alberto nella Compagnia di Gesù. Anche don Stefano volle seguirlo, mirando a una consacrazione ancora più radicale. La sua domanda di ammissione venne accolta: nel 1873 entrò nel noviziato, che all’epoca era a Monaco, nell’omonimo Principato.
Rimase solo alcuni mesi, sempre per ragioni di salute. Grazie alle cure dei familiari, si riprese e ricominciò la preparazione al Suddiaconato e al Diaconato affidandosi, allo stesso tempo, all’intercessione della Vergine Maria.

Sacerdote impegnato specie con i bambini
Il 10 giugno 1876 don Stefano fu ordinato sacerdote nella cappella vescovile da monsignor Nicola Ghilardi, vescovo di Lucca.
Il suo impegno fu immediatamente orientato verso i bambini: voleva che la loro innocenza venisse custodita «per farne un gradito tabernacolo per Gesù», come diceva. Chiedeva spesso ai genitori di pregare per questo e li incoraggiava alla Comunione frequente.

La sua richiesta a san Pio X
Don Stefano, specializzato in Teologia dogmatica, era persuaso che non bisognasse aspettare i dodici o i quattordici anni per l’ammissione alla Prima Comunione, come si usava al tempo, ma appena i bambini avessero l’uso della ragione.
Per questa ragione, scrisse al cardinal Casimiro Gennari perché presentasse a papa Pio X (canonizzato nel 1954) le sue riflessioni eucaristiche. Il Pontefice le recepì nel Decreto «Quam singulari», dell’8 agosto 1910, nel quale fissò l’età per la Prima Comunione intorno ai sette anni.

Il suo apostolato a Lucca
Don Stefano era molto apprezzato dal Papa, che alcuni anni prima, tramite la Congregazione per la Propagazione della Fede, l’aveva nominato missionario apostolico. Grazie a quel mandato, predicò in molte parrocchie della diocesi di Lucca, parlando dell’Eucaristia e celebrandola con un’intensità tale che molti fedeli cominciarono a partecipare più frequentemente alla Messa e a ricevere la Comunione.
Dedicava svariate ore alla confessione e alla direzione spirituale, tanto che di lui si diceva che «non era più lui che andava in cerca dei peccatori, ma erano i peccatori che andavano in cerca di lui». Era anche cappellano e confessore delle monache Agostiniane di Vicopelago, delle Suore Ministre degli Infermi di San Camillo fondate da madre Maria Domenica Brun Barbantini (beatificata nel 1995) e da altri istituti religiosi.
Diede poi alle stampe quarantatré opere, sempre per promuovere una spiritualità fondata sull’Eucaristia. Allo stesso scopo, fondò un’associazione di sacerdoti, che l’aiutassero a rilanciare la pratica dell’Adorazione e della Comunione quotidiana. Infine, era stato nominato canonico della chiesa di Sant’Alessandro Maggiore, ma volle mantenere uno stile di vita povero e umile.

Amico dei santi lucchesi
Ebbe molti rapporti con persone note nella Chiesa lucchese del tempo. Fu al capezzale di Gemma Galgani, in punto di morte (canonizzata nel 1940): la confessò, le amministrò l’Unzione degli Infermi e la confortò.
Anni dopo, aiutò madre Eufemia Giannini (Venerabile dal 2007), figlia della famiglia che aveva ospitato Gemma, nel progetto di fondazione di una nuova congregazione, le Sorelle di Santa Gemma. Fu poi molto amico di monsignor Giovanni Volpi (per il quale è aperta la causa di beatificazione), all’epoca vescovo ausiliare a Lucca, poi vescovo titolare di Arezzo.

La morte e la fama di santità
Il canonico Antoni morì il 27 febbraio 1944, per un male allo stomaco, presso la Clinica Barbantini. La sua salma trovò sepoltura nel cimitero urbano di Lucca, ma nel 1966 fu traslata presso la chiesa di Sant’Alessandro Maggiore.
La sua fama di santità, alimentata dai figli e dalle figlie spirituali, non è mai venuta meno. Solo nel 1994, a cinquant’anni esatti dalla sua morte, è sorta l’«Associazione Canonico Stefano Antoni», che si è resa parte attrice della sua causa di beatificazione e canonizzazione.
Nell’ottobre 2002 la diocesi di Lucca inoltrò alla Santa Sede la richiesta del nulla osta per l’avvio della causa, che fu emesso il 27 novembre dello stesso anno. L’inchiesta diocesana si è quindi aperta a Lucca il 25 febbraio 2003.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2020-03-03

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