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Beato Giovanni Alonso Fernandes Sacerdote e martire

15 febbraio

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Cuérigo, Spagna, 29 novembre 1933 – La Barranca, Guatemala, 15 febbraio 1981

Juan Alonso Fernandes nacque a Cuérigo, nelle Asturie, il 29 novembre 1933. Entrò come novizio nella congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori, dei quali era stato alunno, nel 1952. Ordinato sacerdote l’11 giugno 1960, venne immediatamente inviato alla missione nel dipartimento di El Quiché, in Guatemala. Vi trascorse quasi tutto il resto della sua vita, salvo un biennio, dal 1963 al 1965, in Indonesia. Scelse di andare nella parte più lontana della missione, in un territorio dove la Chiesa cominciava a essere perseguitata perché i credenti avevano iniziato a lottare per i propri diritti fondamentali. Il 15 febbraio 1981 mancò a un appuntamento con alcuni confratelli, che andarono a cercarlo. Il suo corpo, trovato lungo la strada della località di La Barranca, era stato portato a Santa Cruz del Quiché, con evidenti segni di torture; aveva quarantasette anni. Incluso nella causa di beatificazione che comprendeva altri due Missionari del Sacro Cuore e sette laici della diocesi di Quiché, è stato con loro beatificato il 23 aprile 2021, sotto il pontificato di papa Francesco. I suoi resti mortali sono venerati nella parrocchia di Santa Maria Regina a Lancetillo, nella diocesi di Quiché, da lui stesso fondata.



Juan Alonso Fernandes nacque a Cuérigo, nelle Asturie, il 29 novembre 1933. Fu allievo della Piccola Opera della congregazione dei Missionari del Sacro Cuore, tra i quali entrò come novizio nel 1952. Emise i primi voti l’8 settembre 1953 e quelli perpetui l’8 settembre 1958. Fu ordinato sacerdote l’11 giugno 1960 a Logroño; nello stesso anno venne inviato in Guatemala, nella missione del dipartimento di El Quiché.
Dal 1963 al 1965 fu missionario in Indonesia, trovandosi quindi in un Paese dove il buddismo e l’Islam erano in maggioranza rispetto al cattolicesimo. Tornato in Guatemala, fondò a Lancetillo la parrocchia di Santa Maria Regina.
Per sé scelse i luoghi più difficili della missione, a nord di El Quiché, nella quale vigeva un completo disprezzo della vita dei catechisti, dei sacerdoti e dei diritti umani fondamentali. Una delle sue frasi abituali era: «Per quello mi sono fato sacerdote, e se per quello devo morire, eccomi!».
Nei suoi periodi di ritiro durante l’opera missionaria rifletteva sui testi della Bibbia che gli sembravano più consonanti con la sua vocazione e col carisma della congregazione: «Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e per dare la vita» (Mt 20,28); «Nessuno mi toglie la vita, ma la dono da me stesso» (Gv 10,18); «Lui deve crescere e io diminuire» (Gv 3,30); «Non cercò il proprio compiacimento» (Rm 15,3); «Guai a me se non predico il Vangelo» (1Cor 9,16); «La Parola di Dio non è incatenata» (2Tim 2,9). Gli era poi cara un’espressione di san Paolo (CIT): «In Cristo non c’era “no” o “sì”, ma solo “sì”». Per questo era noto anche come “Padre Nai”; “nai”, in greco antico, significa “sì”.
In Guatemala, però, la Chiesa era duramente perseguitata, in tutti i suoi membri, a cominciare da quelli che si erano più distinti per aver difeso i diritti dei più poveri. I Missionari del Sacro Cuore avevano già perso due confratelli: padre José María Gran Cirera, ucciso il 4 giugno 1980, e padre Faustino Villanueva y Villanueva, assassinato il 10 luglio 1980.
Per questa ragione, la congregazione ordinò il ritiro dei suoi membri. Tre di essi però vollero rientrare, insieme a padre Axel, sacerdote diocesano. A loro si unì padre Juan, che si sentiva pronto ad affrontare qualsiasi rischio.
Il 19 gennaio ebbero una riunione con monsignor Víctor Hugo Martínez, vescovo di Quetzaltenango e amministratore apostolico della diocesi di Quiché, in assenza di monsignor Juan José Gerardi Conedera, al quale era stato impedito di tornare nel Paese dopo un viaggio a Roma.
Padre Juan, verso la sera del 13 febbraio, venne convocato al distaccamento militare, il cui comandante fu molto aggressivo con lui. Il 15 era atteso a cena a Sacapulas da padre Axel e da monsignor Martínez, ma non arrivò all’ora fissata.
Il 16 entrambi partirono alla sua ricerca, ma trovarono solo la sua motocicletta lungo la strada che porta da San Miguel Uspantán al villaggio di Cunén, in un luogo detto “La Barranca”. Alle sei e mezza di sera vennero a sapere che alcuni pompieri volontari avevano preso il suo cadavere e l’avevano portato a Santa Cruz del Quiché: su di lui c’erano evidenti segni di torture. Aveva quarantasette anni. I suoi resti ora riposano presso la parrocchia di Santa Maria Regina a Lancetillo.
Ai tre Missionari del Sacro Cuore furono presto associati sette laici della diocesi di Quiché, compreso il sacrestano Domingo: erano quasi tutti impegnati nell’Azione Cattolica Rurale e, per questa ragione, erano stati uccisi. A distanza di anni, quando in Guatemala ci fu una situazione più pacifica, fu possibile avviare la loro causa di beatificazione e canonizzazione.
Il processo diocesano si svolse dal 21 luglio 2007 al 22 marzo 2013; il nulla osta fu rilasciato dalla Santa Sede il 4 settembre 2007. La convalida giuridica degli atti del processo arrivò il 17 ottobre 2014, mentre la “Positio super martyrio” fu consegnata nel 2018.
Il 23 gennaio 2020, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto con cui veniva riconosciuto il martirio di padre Juan Alonso Fernandes e compagni, aprendo la via alla loro beatificazione.
La celebrazione si è svolta nella cattedrale della Santa Croce a Santa Cruz del Quiché, il 23 aprile 2021, presieduta dal cardinal Álvaro Leonel Ramazzini Imeri, vescovo della diocesi di Huehuetenango, come delegato del Santo Padre.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2021-04-21

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