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Beato Vincenzo Nicasio Renuncio Toribio Sacerdote redentorista, martire

7 novembre

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Villayuda, Spagna, 11 settembre 1876 – Madrid, Spagna, 7 novembre 1936

Vicente Nicasio Renuncio Toribio nacque a Villayuda presso Burgos l’11 settembre 1876. Desideroso di diventare sacerdote, entrò nel Seminario diocesano di Burgos. Tentò poi di unirsi ai gesuiti, ma uno dei Redentoristi impegnati in una missione al popolo ad Agés incoraggiò i suoi genitori di Vicente a farlo entrare a El Espino, sede del Seminario redentorista in Spagna. Vicente professò i voti nel 1895 e fu ordinato sacerdote nel 1901. La formazione degli alunni del Seminario minore e la predicazione delle missioni al popolo furono gli aspetti principali del suo ministero. Allo scoppio della guerra civile spagnola, era prefetto della comunità del Perpetuo Soccorso a Madrid. Passò di rifugio in rifugio, fino a essere gettato nel carcere Modelo di Madrid, dove rimase per due mesi. Il 7 novembre 1936, quando gli fu annunciato che sarebbe stato ucciso, uscì dalla cella dichiarando che offriva la sua vita per i confratelli spagnoli, per tutta la Congregazione del Santissimo Redentore e per la Spagna. Durante quella persecuzione, morirono in tutto dodici Redentoristi delle case di Madrid: quattro provenienti dalla comunità di San Michele, più altri sette da quella del Perpetuo Soccorso. Tutti e dodici, a capo dei quali fu posto proprio padre Vicente, furono beatificati il 22 ottobre nella cattedrale di Santa Maria la Real de la Almudena a Madrid, sotto il pontificato di papa Francesco. La loro memoria liturgica ricorre il 6 novembre, giorno nel quale le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del XX secolo.



Gli anni della vocazione
Vicente Nicasio Renuncio Toribio nacque a Villayuda presso Burgos, vicino alla Certosa di Miraflores, l’11 settembre 1876. Desideroso di diventare sacerdote, entrò nel Seminario diocesano di Burgos. Tentò poi di unirsi ai gesuiti.
Durante una missione al popolo ad Agés, uno dei padri Redentoristi che predicavano la missione incoraggiò i genitori di Vicente a farlo entrare a El Espino, sede del Seminario redentorista in Spagna. Vi rimase per sei anni, mostrando un carattere serio e molto austero.
Dopo un mese come postulante, entrò in noviziato e professò i voti nel 1895. Dopo la professione si recò nella casa di Astorga, per compiere gli studi teologici. Terminati gli studi, fu ordinato sacerdote nel 1901.

Professore e missionario
Nell’aprile del 1902 fu assegnato a El Espino per fare il secondo noviziato. In agosto fu nominato professore dello Juniorato di Nostra Signora di El Espino; rimase in questo incarico fino al 1906. Da quell’anno fino al 1909 fu impegnato nelle missioni al popolo, come membro delle comunità di Astorga e di El Espino.
Predicò le missioni nelle terre di Burgos, Valladolid, León, Galizia. Partecipò alla missione di Daroca e a quella di Peñacastillo con padre Sarabia. Nel 1909 tornò allo Juniorato di El Espino. Nel 1912 si recò a Madrid per dirigere la rivista «Il Perpetuo Soccorso» dell’omonimo santuario. Rimase in questa posizione fino al 1918. Nel 1923 andò alla fondazione di Carmona e tornò nel 1924 a Madrid.

Durante la guerra civile spagnola
Il 19 luglio, il giorno seguente lo scoppio della guerra civile spagnola, la comunità del Perpetuo Soccorso poté celebrare le Messe sia della solennità del Redentore, sia del giorno seguente; alcuni religiosi di quella comunità pernottarono fuori.
Il 21 furono celebrate solo le prime Messe del mattino. Subito dopo, fu consumato il Santissimo Sacramento: le porte del santuario furono chiuse e lo rimasero fino alla fine della guerra. La comunità si riunì per mangiare prima dell’orario abituale. Poco dopo, tutti i religiosi, già vestiti in abiti civili, si dispersero.

Di rifugio in rifugio, quindi in carcere
Padre Vicente, prefetto della comunità, l’aveva già lasciata il 18 luglio, rifugiandosi in casa del signor Miguel Huidobro, in via San Opropio 11. Pochi giorni dopo il suo arrivo, la casa venne perquisita, ma lui in quel momento era assente. Quando seppe che era ricercato, non volle tornare e andò a casa delle signorine Salinas, in via Carranza.
Anche lì rimase poco: il 24 luglio arrivò a casa della signora Dolores Rosado, dove rimase fino all’8 settembre. Come negli altri rifugi, continuò a uscire per andare a celebrare la Messa e per esercitare il ministero. Un giorno fu riconosciuto per strada dai bambini del catechismo: di fronte a quel fatto, cominciò ad avere paura e si sbarazzò dei suoi documenti.
Dalla casa della signora Dolores andò in una pensione in via Malasaña. Privo di documenti, senza che la padrona sapesse chi fosse, cadde nelle mani dei persecutori alla prima perquisizione. Arrestato il 17 settembre 1936, fu dapprima portato alla stazione di polizia di Chamberí, per andare poi alla Direzione Generale di Sicurezza e da lì, il 18 settembre, al carcere Modelo, nella galleria numero 2.

Un’identità falsa ma non troppo
Con l’ingresso in carcere, adottò un’identità fittizia, ma non troppo: Nicasio Manzanedo Arnáiz, ovvero il suo secondo nome di Battesimo e i secondi cognomi dei suoi genitori. La sua delicatezza spirituale e la sua coscienza gli impedivano di mentire, ma del resto sapeva che la sua vera identità lo avrebbe portato alla morte.
In quel modo, poteva quindi rimanere nascosto, senza però dire il falso sul proprio conto. Non mentì del tutto neanche sul proprio lavoro: dichiarò di essere un impiegato commerciale, visto che si era occupato dell’amministrazione della rivista «Il Perpetuo Soccorso».

Legami pur nella persecuzione
Nella stessa prigione, fece amicizia con l’avvocato José Rumbao Conde, con il quale condivise anche una cella. Sempre nella galleria numero 2 trovò don Agustín García Guisasola, canonico di Toledo. Entrambi si confessarono l’un l’altro.
Don Guisasola scrisse poi di lui: «Sempre affabile e gentile, con una grande vita interiore, prestò il suo ministero a molti prigionieri, Più di una volta abbiamo parlato della fine di quei giorni tristi e lui era sempre sereno e calmo».
Nel carcere Modelo si trovava in quei giorni il superiore della comunità del Perpetuo Soccorso, padre Machiñena. Poiché l’avvocato José Rumbao era l’inserviente della galleria numero 2, riuscì a fare in modo che venisse trasferito anche lui nella stessa galleria, anzi, nella stessa cella di padre Vicente.

Il martirio
Nelle prime ore del 7 novembre, il suo nome comparve nelle liste di coloro che dovevano essere trasferiti. Il suo compagno di cella, José Rumbao, come inserviente, era incaricato di leggerlo: all’inizio rimase sorpreso, ma fu incoraggiato a continuare poiché si trattava solo di un trasferimento di prigionieri.
Padre Vicente prese tempo per stare da solo con padre Machiñena: si confessò e prima rinnovò i voti, cosa che era solito fare ogni settimana in prigione. Salutando il signor Rumbao con un abbraccio, dichiarò: «Sono pronto. Quando vuoi, amico. Non sono più preoccupato per quello che potrebbe accadere». E a voce bassa aggiunse: «Mi sono già confessato. Se vado in un’altra prigione, ti scriverò. Altrimenti, ci vedremo in Cielo». Uscendo dalla cella esclamò, con animo risoluto: «Offro la mia vita per i miei confratelli della Spagna, per tutta la Congregazione e per la sventurata Spagna».
Non si seppe più nulla di lui. Il suo nome comparve poi nelle liste degli uccisi a Paracuellos de Jarama, presso Madrid, del 7 novembre 1936.

La causa di beatificazione in fase diocesana
L’inchiesta diocesana della causa di beatificazione, della quale padre Vicente fu designato come capogruppo, si svolse a Madrid dal 19 settembre 2006 al 27 novembre 2007. Gli atti dell’inchiesta furono convalidati dalla Congregazione delle Cause dei Santi il 24 marzo 2010.
La “Positio super martyrio”, presentata nel 2019, fu sottoposta ai Consultori Storici il 29 gennaio dello stesso anno, essendo appunto la causa di natura antica o storica, perché dai fatti erano trascorsi più di cinquant’anni.

Il decreto sul martirio
Il 24 settembre 2020 i Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi emisero il proprio voto favorevole. I Cardinali e i Vescovi membri della stessa Congregazione, nella loro Sessione Ordinaria del 20 aprile 2021, riconobbero che l’odio contro la fede era l’unica ragione dell’accanimento contro i dodici Redentoristi e delle loro uccisioni.
Il 24 aprile 2021, ricevendo in udienza il cardinal Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò infine il decreto sul martirio.

La beatificazione
Padre Vicente e gli altri undici furono quindi beatificati a Madrid, nella cattedrale di Santa Maria la Real de la Almudena, il 22 ottobre 2022. La Messa con il Rito della Beatificazione fu presieduta dal cardinal Semeraro come inviato del Santo Padre. La loro memoria liturgica venne fissata al 6 novembre, giorno nel quale le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del XX secolo (e vigilia del giorno della nascita al Cielo di padre Vicente).
La Congregazione del Santissimo Redentore aveva già visto, il 13 ottobre 2013, la beatificazione di sei suoi membri, martiri durante la stessa persecuzione, appartenuti alla comunità di Cuenca.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2022-10-27

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