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Don Giovan Battista Bobbio Sacerdote

Testimoni

Bologna, 3 luglio 1914 - Chiavari, 3 gennaio 1945

Don Giovan Battista Bobbio era diventato parroco di Valletti, un paese allora poverissimo, nel 1939. Dopo l'8 settembre del 1943 divenne amico e collaboratore di quei giovani che, sull'Appennino ligure, avevano scelto la strada della lotta per la libertà, dando un gran contributo al lavoro per la costruzione di una nuova vita democratica (giunte popolari, vettovagliamento dei partigiani e della popolazione sulla base della solidarietà, scuole, ecc.). Il sacerdote, diventato cappellano della Brigata "Coduri", non solo assistette spiritualmente i partigiani, ma contribuì a rafforzarne i ranghi, facendo da intermediario per portare soldati della Divisione alpina repubblichina "Monterosa", che presidiava il passo di Velva e il litorale, nelle file della Resistenza. Riuscì persino a far passare con i partigiani, a Torriglia, l'intero Battaglione "Vestone". Era il 4 novembre del 1944.
Poco meno di due mesi dopo, il rastrellamento in grande stile, che i nazifascisti misero in atto con lo scopo principale di catturare il prete partigiano. Don Bobbio, seppure consigliato di allontanarsi, non volle abbandonare i suoi parrocchiani. Quando i nazifascisti arrivarono a Valletti, presero d'assalto la canonica, la devastarono e poi la diedero alle fiamme come gran parte del paese. Il sacerdote, pur già nelle mani dei fascisti, riuscì ancora a confortare due giovani paesani che sarebbero stati di lì a poco eliminati sul posto. Venne poi trascinato via per la montagna, lasciato per un'intera notte legato ad una palizzata mentre turbinava la neve e poi trasportato in autocarro a Chiavari. Qui fu tenuto per due giorni in totale isolamento, prima che il suo calvario si concludesse al poligono di tiro, con la fucilazione senza processo.



Più volte gli era stato consigliato di scappare o di nascondersi, ma lui dichiarò: “Non ho fatto niente di male, ho la coscienza a posto. Passo lunghe notti insonni. Ci stiamo uccidendo tra italiani. La nostra popolazione inerme, sottoposta ad ore di agonia, continua a pagare e soffrire a causa delle due barricate. A guerra finita, poi, si scatenerà la rabbia, e sarà un macello. Non si può restare inerti a guardare, urge intervenire e rischiare”.

Fermezza cristiana

Don Giovanni Battista Bobbio è nato il 3 luglio 1914 a Bologna, da Alessandro e Rachele Zazzoli. Studiò nei Seminari di Bedonia e di Chiavari. Nel 1939 venne nominato parroco di Valletti (paesino allora poverissimo di La Spezia), 25 anni dopo. Venne fucilato a Chiavari il 3 gennaio 1945. Dopo l'8 settembre 1943 divenne amico e collaboratore di quei giovani che, sull'Appennino ligure, avevano scelto la strada della lotta per la libertà, dando un gran contributo al lavoro per la costruzione di una nuova vita democratica: giunte popolari, vettovagliamento dei partigiani e della popolazione sulla base della solidarietà, scuole e così via.
Diventato cappellano della Brigata Coduri non solo assistì spiritualmente i partigiani, ma contribuì a rafforzarne i ranghi facendo da intermediario per portare soldati della Divisione alpina repubblichina Monterosa, che presidiava il passo di Velva e il litorale, nelle file della Resistenza. Riuscì persino a far passare con i partigiani, a Torriglia, l'intero Battaglione Vestone, il 4 novembre 1944.

Nelle mani dei nazifascisti
Fece anche azioni che diedero fastidio. Don Bobbio, seppure consigliato di allontanarsi, non volle abbandonare i suoi parrocchiani. Nel successivo rastrellamento in forze (29-30 dicembre 1944), attuato dai nazifascisti principalmente allo scopo di catturare don Bobbio, quando fu evidente che Valletti sarebbe stata occupata, il sacerdote non cedette alle insistenze del Comando partigiano di mettersi in salvo: volle restare, sia come estrema difesa per i suoi parrocchiani, sia perché non intendeva ancora rinunciare al suo generoso obiettivo.
La canonica fu presa d'assalto come un fortino, devastata, in seguito data alle fiamme come gran parte del paese.
Don Bobbio, prima di essere trascinato via, dette ancora la sua assistenza a due giovani poi fucilati dai tedeschi e cercò di tranquillizzare la madre. Il calvario continuò, prima venne lasciato per un'intera notte legato a una palizzata mentre turbinava la neve e poi, per i sentieri che attraverso Comuneglia e Cassego portano a Santa Maria del Taro; e poi in autocarro fino al carcere di Chiavari e, di lì, dopo due giorni di totale isolamento, fino al poligono di tiro, con la fucilazione senza processo, il 3 gennaio 1945.

Le ultime ore prima di morire
E qui senza dubbio si fa interessante il racconto ripreso dai giornalisti Mario Bertelloni e Federico Canale in “Cosa importa se si muore” (Res editrice, 1992): “Don Bobbio è stato arrestato dal capitano Lorenzo Malingher e portato in carcere a Chiavari. Negli ambienti repubblicani girano diverse voci sul prete: ha fatto da pubblico ministero nei processi intentati dai partigiani ai fascisti catturati, ha più volte invitato gli alpini di Velva a disertare, ha la canonica piena di armi. Rinchiuso in cella la notte di San Silvestro, don Bobbio è rimasto 48 ore in isolamento. Non ha avuto processo né difese che, come quella di Policarpo Chierici, tenente colonnello della Monterosa, non sarebbero certo mancate. E’ giudicato invece sommariamente. Si dirà che la condanna a morte era già stata decisa in alto, dal comando Armate Liguria. Resterà una vicenda piena di interrogativi”. Piazza Muti, passo alle Clarisse, via Entella e via Piacenza sono l’ultimo percorso che si chiude al poligono. Nel gelo del mattino sono pochi i chiavaresi che vedono sfilare il plotone con il condannato. Il sacerdote affronta la morte con estrema dignità, benedicendo gli uccisori.
Al comandante del plotone d’esecuzione che gli chiese se voleva pregare prima di morire, don Bobbio rispose “Io sono già a posto con la mia coscienza, ma pregherò per voi”. Aveva 30 anni, il prete partigiano, quando venne ucciso dai nazifascisti.

Il monumento
Ancora oggi una lapide, composta dal partigiano Giovanni Serbandini, ricorda il sacrificio del parroco nel punto dove venne ucciso: “Quando gli chiesero al poligono di tiro se voleva pregare prima di morire, ai nazifascisti rispose: Io sono già a posto con la mia coscienza, ma pregherò per voi, e cadde con le mani in croce”.
Questa è la testimonianza che don Bobbio consegna ai posteri.
Gli è stata conferita la medaglia d'argento alla memoria.

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Aggiunto/modificato il 2022-01-02

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