>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene
Castromocho, Spagna, 1° dicembre 1873 – Almagro, Spagna, 14 agosto 1936
Natalio Camazón Junquera nacque a Castromocho, presso Palencia, il 1° dicembre 1873. Nel suo villaggio natale studiò latino aiutato dal suo parroco, finché non entrò nel noviziato domenicano di Corias, nelle Asturie, nel 1888. Professò nel medesimo convento il 29 dicembre 1889. Rimase a Corias fino alla professione solenne, quindi si trasferì al convento di Santo Stefano a Salamanca, per gli studi di teologia. Destinato al convento di Almagro, si occupò dell’amministrazione delle riviste pubblicate dalla tipografia «Il Santissimo Rosario» perché, essendo sordo, non poteva confessare né predicare. Per svariati anni fu nel convento di Siviglia, dove ebbe il compito di catechista, poi in quello di Cadice. Condivise con la comunità di Almagro le perquisizioni e le vessazioni, culminate con l’evacuazione forzata dal convento; fu obbligato a consegnare al sindaco i libri del convento. Mentre altri frati, muniti di salvacondotti, venivano uccisi prima di arrivare alle loro nuove destinazioni, i frati rimasti si sostenevano a vicenda. In particolare, padre Natalio consolò fra Arsenio de la Viuda Solla, fratello cooperatore (ossia non sacerdote), quando fu chiaro che stavano per essere tutti messi a morte. Con loro venne assassinato poco fuori da Almagro il 14 agosto 1936; aveva cinquantasei anni. Le sue spoglie sono venerate nella chiesa di San Tommaso d’Aquino a Siviglia. I venti domenicani di Almagro furono beatificati nella cattedrale di Siviglia il 18 giugno 2022, sotto il pontificato di papa Francesco. La loro memoria liturgica ricorre il 6 novembre, giorno in cui le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del XX secolo.
|
I primi anni
Natalio Camazón Junquera nacque a Castromocho, presso Palencia, il 1° dicembre 1873, figlio di Marcelino e Jacoba. Fu battezzato nella chiesa parrocchiale del suo paese, dedicata a Santo Stefano, il 3 dicembre 1873.
Ricevette la Cresima a due anni appena compiuti, il 10 dicembre 1875, per mano di monsignor Apolinar Serrano, vescovo de L’Avana (ai tempi si approfittava del passaggio di qualche vescovo per impartire la Cresima anche ai bambini piccoli).
Tra i Domenicani
Nel suo villaggio natale studiò latino aiutato dal suo parroco, finché non entrò nel noviziato domenicano di Corias, nelle Asturie, nel 1888. Professò nel medesimo convento il 29 dicembre 1889. Rimase a Corias fino alla professione solenne, quindi si trasferì al convento di Santo Stefano a Salamanca, per gli studi di teologia.
Ormai giunto nella Provincia Betica, la sua prima destinazione fu Almagro. Era però affetto da sordità, che gli impediva di ricevere le confessioni e, di conseguenza, di esercitarsi nella predicazione. Si occupò allora dell’amministrazione delle riviste pubblicate dalla tipografia «Il Santissimo Rosario». Per svariati anni fu nel convento di Siviglia, dove ebbe il compito di catechista, poi in quello di Cadice.
I Domenicani di Almagro all’inizio della guerra civile spagnola
All’inizio del luglio 1936, la metà dei membri della comunità del convento domenicano della Madonna del Rosario di Almagro, in diocesi di Ciudad Real, era in vacanza presso altri conventi. Rimanevano quindi alcuni religiosi studenti, fratelli cooperatori (religiosi non sacerdoti) e padri.
Il 21 luglio, tre giorni dopo la rivolta militare che aveva dato inizio alla guerra civile spagnola, svariati membri dell’Ateneo Libertario diedero fuoco alla chiesa della Madre di Dio. Molti frati, che avevano assistito all’incendio dall’interno del convento, corsero a cercare di spegnerlo, ma gli aggressori li cacciarono via con disprezzo. Il sindaco, Daniel García Pozo, andò a trovarli per proporre loro di uscire dalla città. Durante la notte, il convento fu perquisito, in cerca di armi.
L’evacuazione forzata
Il giorno dopo, i frati si radunarono per prendere un caffé in onore di santa Maria Maddalena, patrona del loro Ordine. Erano ormai consapevoli di essere in mezzo a un’autentica persecuzione, mirata contro sacerdoti e religiosi.
Lo stesso giorno si presentarono alcuni estremisti a domandare quanti fossero e dove si trovassero gli assenti. Di fronte al comportamento dei frati, li minacciarono: avrebbero incendiato il convento, durante quella stessa notte, con loro dentro.
Dal canto suo, il sindaco cercava di fare in modo che la loro uccisione avvenisse al di fuori del territorio che cadeva sotto la sua giurisdizione. Continuò quindi a presentarsi al convento, insistendo affinché se ne andassero, dichiarandosi disposto anche a offrire dei salvacondotti per farli uscire dalla città.
Il 24 luglio, ormai spazientito, intimò ai frati di abbandonare il convento. Padre Ángel Marina Álvarez, il Priore in carica, riunì la comunità rimasta e, tra la commozione di tutti, distribuì le Sacre Specie per sottrarle al rischio di profanazioni.
L’evacuazione iniziò il giorno seguente. La maggior parte dei frati trovò rifugio in case private: questo fatto non era gradito ai membri dell’Ateneo Libertario, che così li avrebbero potuti controllare con meno facilità.
Per tale ragione, il sindaco ordinò che venissero radunati in una casa disabitata, che si trovava di fronte alle rovine della chiesa della Madre di Dio. Obbligò poi padre Natalio a consegnargli i libri del convento.
Il tempo della prigionia
Appena sistematisi nella casa, i frati si organizzarono per potersi procurare da mangiare. Dato che il convento era nei pressi, ogni giorno i due fratelli cooperatori incaricati della cucina, fra Arsenio de la Viuda Solla e fra Matteo de Prado Fernández, vi rientravano per cucinare e portare i pasti agli altri.
Intanto, dall’esterno non arrivavano notizie totalmente buone: i frati le venivano a sapere perché i carcerieri davano loro i giornali, maltrattandoli e usando contro di loro parole sacrileghe e insulti.
Il martirio ad Alcázar de San Juan, a Miguelturra e a Manzanares
Un primo frate, fra Antolín Martínez-Santos Ysern, il 21 luglio lasciò la casa-prigione munito di un salvacondotto, che si rivelò falso: venne infatti incarcerato, quindi ucciso il 27 luglio, ad Alcázar de San Juan.
Il 30 luglio, il sindaco consegnò agli altri prigionieri dei salvacondotti, cosicché potessero andare via dal villaggio di nascosto. Tuttavia, i membri dell’Ateneo non rimasero inattivi: fecero arrestare fra Justo Vicente Martínez, fra Matteo de Prado Fernández e padre José Garrido Francés, destinati a Ciudad Real, appena furono giunti alla stazione di Miguelturra, I frati vennero fatti scendere dal treno, collocati sui binari a distanza di tiro e, infine, fucilati.
Una scena analoga si ripeté il 3 agosto, quando tre giovani frati, fra Paulino Reoyo García, fra Santiago Aparicio López e fra Ricardo Manuel López y López, vennero fatti scendere dal treno alla stazione di Manzanares, condotti in prigione e quindi fucilati contro il muro di cinta del locale cimitero.
Il destino dei prigionieri ad Almagro
Nel frattempo, la permanenza del resto dei prigionieri ad Almagro risultava sempre più ingombrante per il sindaco. Si consultò pertanto con la Direzione Generale di Sicurezza a Madrid, da dove gli venne annunciato che alcuni camion delle Guardie d’Assalto sarebbero arrivati ad Almagro per caricare i prigionieri e trasferirli in altre carceri di Madrid. Quel piano venne meno, nuovamente, a causa degli affiliati all’Ateneo.
Una riunione del Comitato direttivo nella notte del 13 agosto portò all’irruzione di un gruppo di “compagni”, senz’altra denominazione, nella casa-prigione, dopo una serie di colpi e minacce alla porta della stessa abitazione. Fra Fernando García de Dios, fratello cooperatore, poiché aveva un viso infantile venne messo insieme ai giovani, ma volle unirsi agli altri frati.
Il Priore chiese misericordia per i più giovani. Padre Antonio Trancho Andrés, invece, diede l’assoluzione ai giovanissimi frati, quindi parlò loro con fervore su cosa significhi morire per Dio; li incoraggiava dicendo che, morendo da martiri, avevano praticamente la certezza di andare in Cielo. Padre Eduardo Sainz Lantarón, invece, scoppiò a piangere, perché non aveva potuto salvare i suoi giovani.
Il capo degli aggressori affermò che non li avrebbero portati a morire, ma a deporre le loro dichiarazioni. I giovanissimi frati iniziarono allora a pregare il Rosario, mentre altri tra loro piangevano.
Il martirio ad Almagro
Alcuni momenti prima dell’uscita, si udì uno sparo in aria, seguito da molti altri. Fra Arsenio, intuendo che era un segnale convenuto, accusò gli aggressori di aver mentito. Padre Natalio gli si accostò e gli chiese di stare tranquillo. L’altro religioso, a quel punto, tirò fuori un crocifisso che aveva nascosto e si mise a pregare.
I frati vennero legati a due a due, tranne il Priore, e condotti in una scarpata detta “El Picado”, a due chilometri da Almagro. Alcuni giovani del gruppo degli aggressori, quando capirono che stavano per commettere un crimine, cominciarono a discutere accanitamente con gli altri; alla fine, decisero di andarsene, dispiaciuti per quello che stava per accadere. Al momento della morte, padre Natalio aveva sessantadue anni.
La prima fase della causa di beatificazione e canonizzazione
I frati di Almagro, negli anni seguenti, furono circondati da continua fama di martirio. L’inchiesta diocesana della causa intestata a padre Ángel Marina Álvarez e diciannove compagni si svolse nella diocesi di Ciudad Real dal 1995 al 1999; gli atti dell’inchiesta furono convalidati il 23 giugno 2000.
La “Positio super martyrio”, consegnata nel 2013, venne esaminata anzitutto dai Consultori Storici, il 10 giugno 2014. La discussione sull’effettivo martirio invece iniziò con il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi, i quali, il 23 ottobre 2018, si pronunciarono a favore. Anche i cardinali e i vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, il 10 dicembre 2019, confermarono che l’uccisione dei frati era avvenuta a causa della loro fedeltà alla Chiesa.
Il decreto sul martirio e la beatificazione
L’11 dicembre 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò il decreto sul martirio.
Prima della beatificazione, il 2 giugno 2022, i resti mortali della maggior parte dei martiri, compresi quelli di padre Natalio, custoditi nella chiesa del convento dell’Assunzione di Calatrava de Almagro (che i Domenicani hanno lasciato nel 2017), sono stati sottoposti a ricognizione canonica, quindi traslati nella chiesa di San Tommaso d’Aquino a Siviglia.
La beatificazione di padre Ángel Marina Álvarez e compagni si svolse il 18 giugno 2022, nella cattedrale di Siviglia, nella Messa presieduta dal cardinal Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, come inviato del Santo Padre.
Nella stessa celebrazione furono elevati agli onori degli altari anche cinque Domenicani di Almería, nella cui causa era compreso un Terziario domenicano, e suor Ascensione di San Giuseppe, Domenicana contemplativa.
La memoria liturgica dei ventisette domenicani fu fissata al 6 novembre, giorno in cui le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del XX secolo.
Autore: Emilia Flocchini
|