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Antea Gianetti, detta “Madonna Antea” Laica

Testimoni

Lucca 1570- Torino, 7 maggio 1630


Antea Gianetti nacque a Lucca nel 1570. Aveva solo due mesi quando la famiglia si trasferì a Brissago, il paese paterno, sulla sponda svizzera del Lago Maggiore, dove nacquero tre fratelli. Il padre era un uomo di modeste condizioni, mentre la madre era una nobile lucchese la cui famiglia era decaduta. A sette anni Antea, osservando la vita delle religiose del monastero annesso al santuario di S. Maria del Monte, sentì il desiderio di farsi monaca. Presto orfana di padre, dovette adattarsi ai lavori più umili: raccoglieva legna e portava le pecore al pascolo. All’età di sedici anni si sposò con un bravo giovane del paese che faceva il muratore a Sesto Calende. Antea era “eccessivamente” generosa. Attingendo dalle provviste di casa, dava in elemosina più di quanto poteva e non pochi furono i litigi con il marito. Nel 1602 rimase vedova, senza figli, poco più che trentenne. Si trasferì ad Arona dove un gesuita divenne suo confessore. Un pellegrinaggio al Sacro Monte di Varallo, che compì in quegli anni, fu molto importante per fortificare la sua devozione per la Passione di Cristo. In seguito il confessore cadde malato e guarì grazie alle preghiere di Antea. Il sacerdote comprese le doti non ordinarie della donna e la inviò a Cascina s. Giorgio, nei pressi di Settimo Torinese. Era una proprietà dell’Ordine che aveva il vantaggio di essere più vicina a Torino dove Antea poteva recarsi regolarmente per vendere uova, burro e formaggio ai palazzi nobiliari e a Palazzo Ducale. Nel 1604 ebbe la fortuna di assistere all’ostensione della Sindone. La sua umiltà e i saggi consigli che dava a quanti la conoscevano suscitò intorno alla sua persona un certo interesse e una dama di corte, appartenente all’illustre casato dei Tana, notandola, ne parlò ai Savoia. Ebbero inizio così i provvidenziali disegni che il Signore aveva sulla vita della pia contadina. Antea conobbe le venerabili Infanti Maria e Caterina di Savoia. Quest’ultima era malata e chiese le sue preghiere. La guarigione repentina fece scalpore e la sorella maggiore, Margherita, col marito Francesco Gonzaga, Duca di Mantova, vollero incontrarla a Casale Monferrato.
Madonna Antea, come veniva ormai chiamata, si trasferì a Torino ed entrò in relazione spirituale con una monaca che aveva una grande devozione per le anime dei defunti, in particolare per quelle che non ricevevano suffragi. Antea fece propri i sentimenti di carità per quelle anime. Qualche tempo dopo, mentre recitava il rosario davanti ad un pilone, vide la Regina del Cielo. Era sorridente e con le braccia distese concedeva grazie. Le venne spontaneo di chiedere di alleviare le sofferenze delle anime prive della vista di Dio. La Santa Vergine si disse madre di quelle anime e manifestò la volontà che si costruisse una chiesa per il loro suffragio. Antea, nella chiesa di S. Domenico, organizzò una solenne esposizione settimanale del Santissimo, ottenendo come offerta da Carlo Emanuele I “il dono della cera”. Con le venerabili Infanti, intanto, prendeva forma l’idea che la chiesa potesse sorgere insieme al monastero delle cappuccine che si voleva fondare in città. Antea ebbe un’ispirazione particolare pregando, nella festa di s. Bernardino, nel convento della Madonna degli Angeli, dove l’anno prima era morto il Servo di Dio fra’ Lorenzo Gallo da Revello. Quel giorno stesso iniziò a raccogliere i fondi necessari. Nel 1624 Papa Urbano VIII concesse il breve per la fondazione del monastero della Madonna del Suffragio e il 24 settembre, alla presenza solenne della corte, si innalzò la croce. La “santa contadina” andava spesso a trovare le monache, istruendo in particolare le novizie nella devozione ai defunti. Tra queste c’era suor Maria del beato Amedeo Vercellone che poi divenne guida del cenobio, intima confidente di Madama Reale Cristina di Francia, fu la fondatrice del monastero di Mondovì e morì in concetto di santità.
L’attività di Antea non conobbe soste. Visitò, grazie alle “raccomandazioni” dei Savoia, diverse capitali italiane con la “missione” di diffondere il culto per la Madonna del Suffragio e le orazioni a vantaggio dei defunti. Al santuario di Vicoforte incontrò padre Bernardino Rossignolo, provinciale dei Gesuiti. Visitò le corti di Mantova, Ferrara, Modena e Milano. A Vercelli aiutò una religiosa a liberarsi dalle “ossessioni demoniache”. Fu pellegrina ad Assisi, alla tomba del Serafico Padre Francesco, poi andò alla Santa Casa di Loreto. Passando per Firenze, andò a Roma per chiedere le indulgenze alle orazioni dei defunti. Si ammalò e guarì per intercessione di s. Carlo Borromeo. Tornò a Mantova, dove ebbe in dono il rosario della venerabile francescana Giovanna della Croce. A Brissago fece visita ai parenti e con l’occasione raccolse elemosine a favore delle Orsoline di Cannobio. A Sesto “risanò” la sorella moribonda, poi andò ad Arona, ospite del Cardinale Borromeo, e a Como. Nel suo “pellegrinare missionario”, il suo esempio era di grande edificazione: aveva familiarità con Dio, grande carità verso i poveri, spirito d’umiltà e d’obbedienza.
Madonna Antea morì a Torino il 7 maggio 1630 e fu sepolta nel sepolcretto delle cappuccine. Sulla lapide, posta a memoria, si scrisse: “singolare per l’integrità della vita, celebre per la pietà verso i defunti, promotrice indefessa di questa casa”. Il confessore conosciuto da Antea ad Arona, Gerolamo Villani, nel 1617 scrisse “Una breve narrazione” della sua vita. Il manoscritto, rimasto purtroppo inedito, testimonia la straordinaria fama di santità di Antea e, si direbbe, il “dovere” che sentì l’autore di raccogliere notizie su di lei.
Nelle sua terra di origine la memoria di Antea rimase grazie ad un paio di ritratti conservati nella parrocchia di Angera e ad Arona. In quest’ultima città un suo dono fatto alle Madri della Congregazione della Purificazione è ancora oggi venerato nella collegiata. È un busto di Cristo “appassionato” che le fu a sua volta donato da una monaca di Lucca. La religiosa disse d’averlo creato, quasi prodigiosamente, con le sue mani. Antea lo portò con sé fino a quando ne fece dono alle religiose di Arona. L’unico storico che parlò di Antea, Gian Alfonso Oldelli, nella sua opera “Dizionario storico-ragionato degli uomini illustri del Canton Ticino”, pubblicato nel 1807, cita i due ritratti e il busto, lamentando però la mancanza di notizie sulla donna. Definendola “beata”, dice che “ebbe gli onori della Regina di Francia, inviata ambasciatrice a Nostra Signora di Loreto; ricevette gli ultimi onori dalle Infanti di Savoia; portata sulle proprie loro spalle, come in trionfo”, riferendosi alla sepoltura. La devozione per le anime dei defunti si diffuse negli anni a venire in tutto il Piemonte. Le vicende di Antea caddero in oblio, ma ancora oggi, però, il monastero torinese delle cappuccine è dedicato alla Madonna del Suffragio.


Autore:
Daniele Bolognini

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Aggiunto/modificato il 2009-06-29

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