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> Home > Sezione Servi di Dio > Servo di Dio Sabato (Sabatino) Iefuniello Condividi su Facebook Twitter

Servo di Dio Sabato (Sabatino) Iefuniello Laico consacrato

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Sarno, Salerno, 19 dicembre 1947 - Milano, 30 agosto 1982

Sabato Iefuniello, detto Sabatino, emigrò a vent’anni da Sarno a Milano. Lavorando come fattorino, considerò la propria esistenza come una vera vocazione, alimentandola nel Piccolo Gruppo di Cristo, una comunità di consacrati laici. Maturò anche la scelta di restare celibe. Giovane semplice e scherzoso, era capace di coinvolgere amici e conoscenti nell’amore per Dio e per gli altri, con una particolare attenzione in ogni ambiente per i più bisognosi. Mettendosi a disposizione di fratel Ettore Boschini, ha contribuito a costituire a Milano i “Rifugi” per gli emarginati e i senza fissa dimora. Malato di cuore, è morto a trentaquattro anni nel 1982. Il cardinal Carlo Maria Martini lo ha definito «un profeta minore del nostro tempo»; nel 2002 monsignor Gioacchino Illiano, vescovo di Nocera-Sarno, lo ha additato ai giovani della sua diocesi come esempio di «esistenza spesa per gli altri nell’amore di Cristo», nello «slancio verso quella santità quotidiana e nascosta» a cui ogni cristiano deve aspirare. Il nulla osta per l’avvio della sua causa di beatificazione e canonizzazione rimonta al 14 dicembre 2002. I suoi resti mortali riposano nella cappella di Casa Betania delle Beatitudini a Seveso, sede centrale dell’Opera Fratel Ettore.



«Ci sono profeti che scrivono, che parlano, che si fanno conoscere, sono i profeti maggiori… E poi ci sono i profeti minori, che sono forse quelli che più fanno per il mondo, cioè quelli che non parlano molto, quelli che si fanno poco conoscere, ma che vivono seriamente la vita evangelica, quelli che costruiscono pezzo per pezzo la Chiesa, giorno per giorno».
Sono parole pronunciate dal cardinal Martini e riferite a Sabatino Iefuniello, per cui sta celebrando la Messa, nel trigesimo della morte. E, profeta anch’egli, il cardinale non si sbaglia; perché, seppur “minore”, Sabatino è profeta di particolare efficacia, anche a più di tre decenni dalla morte. Il nulla osta per la sua causa di beatificazione risale al 14 dicembre 2002.
Nel 1968 è un ragazzo ventunenne, che dal Meridione, precisamente da Sarno (Salerno), sale a Milano con la sua valigia di cartone insieme alla sorella, tra i tanti che cercano al Nord un riscatto dalla povertà del depresso Sud d’Italia.
È un ragazzo frastornato e confuso, che ancora sta cercando di capire cosa fare “da grande”: dopo un’infanzia non molto promettente, la vocazione sacerdotale che gli sembra di sentire è stata bocciata per ben due volte, prima dai Francescani e poi dai Vocazionisti, in entrambi i casi, sembra, perché “non portato per gli studi”.
Si porta appresso uno scompenso cardiaco conseguente a una brutta caduta dalla bicicletta durante l’adolescenza che tiene a bada con periodici controlli e continue cure, ma sarà comunque così importante da condizionarne la vita e affrettarne la morte.
Riesce a ricomporre la famiglia, trovando un alloggio adatto ad ospitare anche i genitori e l’ultima sorella, rimasti al Sud, ma è solo una breve parentesi, perché papà si innamora di un’altra donna e va a vivere con questa, aprendo in Sabatino una ferita che durerà per tutta la vita.
A Milano, insieme al lavoro, trova anche la serenità, prendendo parte all’attività della parrocchia di Santa Maria del Suffragio e alla vita associativa dell’Azione Cattolica, ma la sua vera ascesi inizia con l’adesione al Piccolo Gruppo di Cristo, un’organizzazione ecclesiale di semplici fedeli, che aspirano alla perfezione attraverso una vita cristiana impegnata, un intenso cammino spirituale e la professione dei consigli evangelici. Qui gli sembra di trovare la realizzazione della sua vocazione, come consacrato nel mondo, e un eccezionale sostegno spirituale.
Vocazione nella vocazione, nel 1977 accanto a fratel Ettore Boschini, scopre il sottobosco di miseria e di esclusione sociale in cui vivono i barboni di Milano. Il taciturno, timido e poco appariscente Sabatino è l’esatto contrario del vulcanico, prorompente e dinamico camilliano e forse, proprio per questo, si compensano a vicenda.
Di quest’ultimo diventa, anzi, il primo insostituibile collaboratore, trascinando in quest’opera di misericordia altri suoi amici e conoscenti, a loro volta affascinati e stupiti della naturalezza, dalla delicatezza e dalla premura con cui Sabatino va a cercare, pulire, sfamare, rivestire, medicare poveri essere abbruttiti da una vita di stenti, pieni di pidocchi, dall’odore insopportabile e nauseabondo per via della crosta di sudiciume che come colla fa aderire alla pelle i loro poveri stracci.
Riservato per natura, Sabatino si sente a suo agio con gli ultimi che va a scovare alla Stazione Centrale di Milano: in principio, una sola volta a settimana; poi due volte, quando si inizia a portar loro la cena; infine, dal 1979, tutte le sere, dopo il suo lavoro di fattorino, perché con la morte della mamma si sente sciolto da ogni obbligo familiare.
Anzi, si rivela un impareggiabile organizzatore e un puntiglioso pianificatore degli interventi caritativi, mentre la sua intensa vita spirituale e l’incondizionata dedizione ai poveri ne affinano la sensibilità e la disponibilità, potendo così confidare ai più intimi che quando fascia le piaghe dei suoi barboni gli «sembra di vedere in loro Gesù».
Per Lui pensa di non fare mai abbastanza, anche in quei primi mesi del 1982, in cui la broncopolmonite lo perseguita e gli procura febbre e spossatezza, costringendolo a ricoveri e lunghe convalescenze.
E neppure quel 23 agosto, quando vuole comunque andare in mezzo ai suoi poveri e ha una brutta ricaduta, perché, sudando per lo sforzo e la debolezza mentre scarica i loro viveri, si becca pure un acquazzone estivo. Il giorno dopo devono di nuovo ricoverarlo, questa volta in rianimazione, dove spira il 30 agosto: ai poveri ha dato veramente tutto, anche la vita.

Autore: Gianpiero Pettiti

 


 

Sabatino (come veniva comunemente chiamato Sabato Iefuniello) era un cristiano comune, al punto che solo dopo la sua morte prematura ha attirato l’attenzione.
Nato a Sarno, in Campania, nel 1947, è emigrato ventenne a Milano, lavorando come fattorino, conducendosi con gran semplicità e godendo la simpatia di chi gli stava intorno.
Ha vissuto con esemplare coerenza e generoso impegno il cristianesimo, trovando la sua vocazione laicale nel Piccolo Gruppo di Cristo, un insieme di cristiani comuni che si aiutano a vivere una vita evangelica in ogni condizione e in famiglia, ossia vivendo nella vita ordinaria alla luce della vita eterna. Nel Gruppo, la sua allegria scherzosa unita ad una spiritualità semplice e profonda e la sua capacità di coinvolgere gli altri nelle opere di carità erano proverbiali.
Pur potendo e desiderando sposarsi, tuttavia, avendo capito che il Signore lo voleva solo, ha vissuto da laico nel mondo il celibato per il Regno.
Nel suo tempo libero, si è dedicato al servizio degli emarginati senza fissa dimora, aiutando il camilliano fratel Ettore Boschini, apostolo dei “barboni”, ad avviare per loro diverse opere di assistenza e carità, come i “Rifugi”, a Milano e dintorni.
Malato di cuore e aggravatosi per una broncopolmonite riacutizzatasi durante un acquazzone estivo mentre prestava il suo aiuto in uno dei “Rifugi”, è morto a Milano il 30 agosto 1982 a soli trentaquattro anni.
È stato definito dal cardinal Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, «un profeta minore del nostro tempo», «uno di quelli che non parlano molto, ma che vivono seriamente la vita evangelica». Costituisce un modello per quanti sono chiamati a un volontariato cristiano della carità e un amico sul cui aiuto e la cui intercessione poter contare.
Le sue spoglie riposano ora nella cappella della Casa Betania di Seveso, che ospita una delle opere di assistenza alla cui nascita egli aveva contribuito. Il nulla osta per l’avvio della sua causa di beatificazione rimonta al 14 dicembre 2002.

Di lui hanno detto:

Il Cardinal Carlo Maria Martini [alla messa di Trigesimo]:
«Ci sono profeti che scrivono, che parlano, che si fanno conoscere, diciamo i profeti maggiori… E poi ci sono i profeti minori, che sono forse quelli che più fanno per il mondo, cioè quelli che non parlano molto, quelli che si fanno poco conoscere, ma che vivono seriamente la vita evangelica: questi sono i profeti minori, quelli che costruiscono pezzo per pezzo la Chiesa, giorno per giorno. Sono questi anonimi settantadue discepoli di cui ci parla il Vangelo […] che vanno in ogni città per annunciare la prossima venuta di Gesù. Sono tanti questi discepoli: Sabatino è stato uno di questi, è stato mandato in questa città per essere segno umile, discreto della presenza del Signore».

Monsignor Giovanni Balconi, postulatore della causa di canonizzazione:
«Sabatino […] non ha lasciato delle opere strepitose […]; dal primo gruppo di testimonianze emerge una straordinarietà della quotidianità, un marcato carisma laicale, una intensa spiritualità, nutrita di adorazione eucaristica, di Sacramenti, di rosari, di meditazione, di ascetismo.
Ha contribuito a risolvere in parte il fenomeno dei barboni […].
Sotto il profilo della personalità, Sabatino era un individuo umile, schivo, riservato, di poche parole; non amava mettersi in mostra; era uno di quelli che la società non prende in considerazione, che tratta con indifferenza e che considera anzi una nullità. Oltretutto, mingherlino di statura e cardiopatico, sembrava condannato alla marginalità.
Invece lasciò una impronta indelebile. Gli interpellati lo ricordano con entusiasmo per la forte tempra di carattere, per la profonda spiritualità, per la intensa vita di preghiera, per la perseveranza con cui ha portato fino in fondo i suoi progetti, e lo riconoscono come un modello silenzioso e discreto di carità eroica.
Aveva il carisma della carità: era non soltanto un esecutore; era anche un creativo e un organizzatore. Molte iniziative sono partite da lui, oltre che animate da lui e rese possibili grazie al suo impegno. […]. Aveva il fiuto per i poveri; aveva una specie di occhio clinico. Con loro si sentiva a suo agio: si fermava ad ascoltarli, a dialogare con loro e ad aiutarli. […].
Potrebbe diventare il modello del volontariato moderno, […] realizzato con responsabilità e continuità […] nella dimensione teologica di una autentica carità».

Ireos Della Savia, responsabile di Sabatino nel Piccolo Gruppo di Cristo:
«Di Sabatino è stato divulgato soprattutto il profilo dell’uomo dedito a curare con amore i poveri, ma la sua personalità non si esauriva in questo.
Aveva scoperto i valori di una vita consacrata nell’impegno temporale e pienamente vissuta nel mondo e per il mondo […] e così si impegnò a rendere più perfetto il suo impegno nel lavoro […] per la diffusione di un mondo migliore. […].
Pur sapendo essere normalmente serio e posato, Sabatino in compagnia degli amici mostrava un grande senso dell’umorismo e una particolare attitudine allo scherzo.
Senza essere un intellettuale o un politico, egli era consapevole che i problemi dei più poveri erano piuttosto vasti e che spettava proprio ai cristiani laici, mediante il loro impegno culturale e sociale nel mondo, interessarsene per cercare di risolverli. […].
Il pomeriggio delle domeniche cercava una chiesa poco frequentata e si metteva il più vicino possibile al tabernacolo, cercando però il posto più nascosto o in penombra. […]. La sua preghiera era semplice, comune, ripetitiva, ma lui sapeva veramente lodare il Signore restando in silenziosa adorazione. […].
Oggi Sabatino non userebbe il cellulare, il computer, il fax, la stampante, eppure sarebbe un grande, silenzioso comunicatore, capace di far conoscere dal vivo il messaggio evangelico».


Autore:
Andrea Di Maio

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Aggiunto/modificato il 2019-04-10

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