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Sarah Calvano Giovane laica

Festa: Testimoni

17 marzo 1973 - 3 agosto 1992

Tutta la vita di Sarah è stata un “Magnificat”, è stata un cantico di lode al Signore, nella gratitudine e nello stupore di fronte alle meraviglie in lei operate da Dio. Ripercorrendo le pagine del suo Diario, recentemente pubblicato dalle Edizioni Paoline, riscontriamo che la parola che ricorre più frequentemente è la parola “Grazie”. Ringraziava Gesù per i doni di cui la ricolmava, ringraziava continuamente per tutti gli eventi della sua vita, dove scopriva l’orma di Dio e il segno della Sua presenza e del Suo amore infinito. Sarah ha scoperto esistenzialmente una verità fondamentale:
tutto ciò che noi abbiamo e tutto ciò che noi siamo, tutto ciò che costituisce la nostra personalità, è un dono di Dio. Sarah ha pensato, sentito, ha vissuto una concezione di vita come dono. Un dono di cui far dono ai fratelli. La spiritualità di Sarah non era certamente individualistica e intimistica. Nell’intimità del suo colloquio con il Signore trovava l’apertura agli altri, la dimensione dell’amore e della donazione al prossimo. Lei era ricca di doni, aveva ricevuto preziosi talenti; ma tutto voleva mettere a servizio delle persone che le stavano accanto. Con la sua fede e il suo amore ha varcato la soglia della speranza, della “speranza che non delude”, perché fondata sulla certezza dell’Amore di Dio. Ha trovato la forza di affrontare il dramma della sua malattia e del suo approssimarsi alla morte: la sorgente della sua forza era Gesù. Ogni giorno scriveva una lettera appassionata al suo “caro Gesù”. In questo dialogo intimo, fatto di tenerezza, di abbandono, di fiducia, c’era il segreto della sua vita cristiana, della sua santità: una santità senza aureola ma autentica; una santità feriale ma straordinaria; una santità della nostra terra ma che toccava i vertici della mistica. Immersa nel Mistero di Dio, è stata per noi un riverbero della luce della trascendenza, un segno della Presenza del Signore, uno splendido frutto della Grazia. Il suo cammino non è stato certamente facile e comodo. È stato invece irto di difficoltà, di asperità, di inquietudini. Ma nel travaglio del dubbio, dello smarrimento, della ricerca, ha avuto sempre in mano la bussola della sua vita: la Parola del Signore, Parola di Verità e di Vita, Parola che non si smentisce e che esprime un amore “fedele per sempre”. Guardando a lei, è possibile sperare. È possibile ai giovani sperare di scoprire il senso della vita, di scoprire i grandi ideali per cui vale la pena di vivere, di soffrire, di lottare. È possibile agli adulti sperare di trovare un affascinante modello di vita da proporre alle giovani generazioni. È possibile a tutti sperare che la nostra terra devastata possa essere illuminata da un cielo terso e limpido. Sarah ne è la testimone vivente.



“Non stupitevi se vi dico che si può essere felici anche in un letto di ospedale e che si può dimenticare il dolore per sorridere agli altri, mentre il proprio avvenire è pieno di interrogativi”: così parla Sarah Calvano (1973-1992) di Avola, Siracusa, quando la ricoverano colpita da un melanoma che l’uccide a 19 anni. Dopo il liceo classico fa appena in tempo a iscriversi alla facoltà di Matematica all’Università di Catania.
“La chiamavo “libellula” perché ci trasmetteva un senso di libertà, di levità, di pulizia interiore”, racconta Adele Clara Corallo: “Si affacciava piena di speranze agli studi universitari. Nella parrocchia di San Giovanni Battista si occupava delle vocazioni giovanili. Frequentava un ragazzo, Nino, il quale dirà che per lui Sarah è stata una benedizione: nel silenzio e nella semplicità gli ha insegnato i valori della vita. Aveva uno slancio di fede straordinario, che la rendeva umilissima e al tempo stesso irraggiungibile. Alla sofferenza aveva dato uno scopo: avvicinare suo padre a Gesù. E ci è riuscita, con tutto l’amore per chi le aveva dato la vita. Ci ha lasciato una grande eredità spirituale, il ricordo di una fede gioiosa e serena”.
Nel diario Sarah si rivolge a Gesù e così l’interroga al momento del primo ricovero: “Che parola strana: ospedale. Avrei voglia di chiederti: cosa vuoi? Sai, perché io non l’ho capito chiaramente. L’attesa ha un senso, il sacrificio ha un senso, il dolore ha un senso, tutto ha un senso: ok, ma quale senso? Ti voglio bene, Gesù, devi crederlo, ma se cerco di capire non mi raccapezzo più. Ma in fondo non ha importanza, io non devo capire nulla; sei tu che sai quello che fai… e non potrà essere che la cosa migliore”.
“Tu che mi vuoi e io che non riesco ad averti” dice a Gesù – sempre nel diario – in data 11 ottobre 1991. Credo sia la sua parola più profonda che mi sia capitato di leggere.
Nel diario sono registrati anche i momenti della grande prova: “E’ tutto fermo in questo immenso oceano di acqua in cui nulla muta”. “Caro Gesù non posso che dirti grazie per tutto quello che fai per me”, scrive infine nell’ultima pagina.
Sarah ha lasciato un vivo ricordo in chi l’ha conosciuta. Ad Avola portano il suo nome un Centro di accoglienza e una Casa famiglia.


Autore:
Luigi Accattoli


Fonte:
www.luigiaccattoli.it


Note:
Per approfondire: www.sarahcalvano.blogspot.com

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Aggiunto/modificato il 2025-04-08

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