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Ochanthuruth, India, 15 ottobre 1831 - Varapuzha, India, 18 luglio 1913
Eliswa Vareed Vakayil nacque il 15 ottobre 1831 a Ochanthuruth, nello Stato indiano del Kerala e nel Vicariato apostolico (ora diocesi) di Verapoly, primogenita di una coppia di ricchi proprietari terrieri. Fin dall’infanzia fu incline alla preghiera e attenta ai bisogni dei poveri, ai quali avrebbe voluto dedicare la propria vita. La sua famiglia, però, volle darle in sposa, a sedici anni. a Vatharu Vakayil, un uomo d’affari di Koonammavu. Circa un anno e mezzo dopo essere diventata madre, Eliswa rimase vedova: rifiutò di risposarsi, iniziando a fare vita ritirata con la figlia in una piccola capanna. Una mattina del 1862, mentre, come suo solito, pregava silenziosamente nella chiesa di Santa Filomena a Koonammavu, comprese di doversi consacrare al Signore secondo lo stile carmelitano. Padre Leopoldo Beccaro, carmelitano scalzo e missionario, l’aiutò ad attuare il suo progetto, a cui si unirono la figlia Anna e la sorella Thresia. Il 12 febbraio 1866 nacque il Terzo Ordine delle Carmelitane Scalze (TODC), la prima congregazione femminile del Kerala, ma per questioni legate alla riorganizzazione del Vicariato e alla differenziazione tra suore di rito latino e di rito siro-malabarese, le prime furono allontanate. Tra di esse c’era anche Eliswa, ormai madre Elisabetta della Beata Vergine Maria: la nuova comunità si stabilì a Varapuzha. Madre Elisabetta continuò la sua opera a servizio soprattutto delle ragazze indiane, dando loro un’educazione a tutti i livelli. Morì a Varapuzha il 18 luglio 1913. Fu beatificata nella basilica di Nostra Signora della Redenzione a Vallarpadam il 5 novembre 2025, sotto il pontificato di papa Leone XIV. I suoi resti mortali sono venerati nella cappella detta Smruthi Mandhiram, annessa al convento di San Giuseppe della Congregazione della Madre del Carmelo a Varapuzha.
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L’inizio della sua vita Eliswa Vareed Vakayil nacque il 15 ottobre 1831 nella parrocchia di Cruz Milagres a Ochanthuruth, nello Stato indiano del Kerala e nel Vicariato apostolico (ora diocesi) di Verapoly. Era la primogenita di Thomman e Thanda (Kathreena), ricchi proprietari terrieri, molto credenti. Sin dall’infanzia ebbe una forte inclinazione alla preghiera e alla penitenza, meravigliando molti per la sua devozione a Gesù nel Santissimo Sacramento e alla Vergine Maria. Era anche molto attenta ai bisogni dei poveri e degli svantaggiati. Quanto alla sua formazione culturale, ricevette gli elementi di base tramite un precettore.
Sposa a sedici anni, madre a venti, vedova a ventuno Avrebbe voluto dedicare la propria vita al servizio dei poveri, ma la famiglia volle darla in sposa: al tempo, per le ragazze indiane, il matrimonio appariva l’unica prospettiva di vita. Così, nel 1847, a sedici anni, sposò un uomo d’affari, Vatharu Vakayil, di Koonammavu. Quella stessa cittadina era da tempo luogo delle missioni dei Carmelitani Scalzi. Il 21 aprile 1850 Eliswa diede alla luce una bambina, Anna. Circa un anno e mezzo dopo, Vatharu si ammalò improvvisamente e morì in poco tempo. Eliswa, che aveva vent’anni, fu sollecitata a risposarsi, ma rifiutò tutte le proposte. Insieme alla figlia, si trasferì in una piccola capanna che faceva da granaio. Trascorreva le sue giornate tra la visita ai malati e la preghiera contemplativa, soprattutto nella chiesa parrocchiale di Santa Filomena a Koonammavu.
L’intuizione e il confronto con padre Leopoldo Beccaro Una mattina del 1862, dopo essere entrata in chiesa ed essersi inginocchiata, Eliswa sfogò silenziosamente le sue angosce di fronte al Signore. In quella preghiera, comprese di doversi consacrare interamente a Lui, seguendo lo stile di vita carmelitano. Decise quindi di confidarsi con padre Leopoldo Beccaro, missionario carmelitano scalzo, che operava nella sua cittadina. Padre Leopoldo le diede il consiglio di aspettare, mentre lui stesso avrebbe pregato per chiedere una conferma divina di quell’ispirazione. Eliswa continuò quindi, per quattro anni, la sua vita di sempre, affiancata da sua figlia Anna e da sua sorella Thresia, che erano attratte dal suo stile di servizio e di preghiera.
La nascita del Terzo Ordine delle Carmelitane Scalze Padre Leopoldo, dopo quel periodo, parlò del suo caso all’arcivescovo Bernardino Baccinelli, vicario apostolico di Verapoly, nonché confratello, il quale fu molto felice di quella comunicazione; tra l’altro, il suo segretario, padre Thomas Guyommar Panambil, era lo zio di Eliswa. Chiese quindi a padre Leopoldo di costruire una piccola capanna in canne di bambù con tre ambienti – una stanza per la preghiera, la cucina e il refettorio – sul terreno che era di proprietà di Eliswa. Lo stesso vescovo fornì alle tre donne le linee guida per la loro formazione traendole dalle Costituzioni delle Carmelitane Scalze di Genova. Il 12 febbraio 1866 monsignor Baccinelli accettò ufficialmente Eliswa, Anna e Thresia nell’Ordine Carmelitano, emanando il decreto relativo. Il giorno dopo, furono rivestite dello Scapolare Carmelitano da padre Leopoldo; da allora vissero nella casa di bambù. Quello fu l’atto di nascita del Terzo Ordine delle Carmelitane Scalze (TODC), la prima congregazione femminile del Kerala. Eliswa e le altre diedero un indirizzo preciso alla loro comunità: alla vita contemplativa univano l’istruzione e l’educazione delle ragazze, insieme all’assistenza dei più bisognosi. Tutte e tre erano di rito latino, ma già il giorno dopo il loro ingresso nel convento di bambù accolsero una vedova di rito siro-malabarese.
Il nuovo convento e la professione delle prime suore Tuttavia, col crescere della comunità, gli spazi diventavano sempre più insufficienti. Su indicazione del vescovo, venne quindi costruito un convento più spazioso, su due piani, a Thalachuva Parambu: il 27 marzo 1867 fu benedetto da padre Leopoldo e dedicato a santa Teresa. Lo stesso giorno, Eliswa e le sue compagne iniziarono il noviziato canonico, vestendo l’abito carmelitano. Il 16 luglio 1868 emisero la professione religiosa: da allora lei fu madre Elisabetta della Beata Vergine Maria (Eliswa è comunque la versione indiana di Elisabetta), superiora della comunità.
L’allontanamento delle suore di rito latino Nel 1887 la Chiesa cattolica siro-malabarese nel Kerala, a causa del Decreto “Quod iam pridem” di papa Leone XIII, venne separata dalla gerarchia latina. Anche le suore del convento di Santa Teresa vennero quindi sottratte alla giurisdizione dell’arcivescovo di Verapoly e collocate in quella del vescovo del Vicariato per i siro-malabaresi di Trichur. Nonostante fosse stato specificamente indicato che nulla dovesse cambiare circa la gestione interna del convento e l’ammissione di nuove candidate, la sera di martedì 16 settembre 1890 monsignor Adolphin Medillikot, vescovo di Trichur, si presentò al convento, durante il tempo di preghiera silenziosa delle suore. D’autorità, rimosse tutte le suore di rito latino, sostituendole con religiose di rito siro-malabarese.
Due istituti, un nuovo cammino Madre Elisabetta, anche lei soggetta a quel provvedimento, non pronunciò una parola: insieme alle consorelle di rito latino, lasciò il convento la mattina seguente. Con loro trovò alloggio temporaneo, grazie al vescovo di Verapoly, nel convento della Congregazione di Santa Teresa, da poco fondata a Ernakulam, ricevendo la calorosa accoglienza della fondatrice, madre Teresa. Vi rimase fino all’11 novembre 1890, quando fu benedetto un nuovo convento a Varapuzha, dedicato a san Giuseppe. Si verificò quindi lo sviluppo di due istituti religiosi giuridicamente indipendenti: la Congregazione delle Carmelitane Teresiane (CTC), di rito latino, e la Congregazione della Madre del Carmelo (CMC), di rito siro-malabarese.
Lo stile educativo di madre Elisabetta Madre Elisabetta trascorse gli anni seguenti nel convento di Varapuzha, con gli incarichi di priora e maestra delle novizie, oltre che di educatrice delle ragazze, comprese quelle orfane. A tutte ripeteva spesso: «L’unico soggetto del nostro desiderio devono essere le tre lettere: DIO». Prima di lei morirono le altre due cofondatrici, sua figlia madre Anna (a ventun anni) e sua sorella madre Teresa. Al tempo, le ragazze nel Kerala erano tenute lontane dall’educazione formale. Lei e le sue consorelle, invece, insegnavano loro a scrivere, a far di conto e a realizzare lavori artigianali, come fabbricare corone del Rosario. Allo stesso tempo, impartivano insegnamenti morali e di economia domestica, insieme alle preghiera. Madre Elisabetta cercava di convincere i poveri e le persone messe ai margini della loro dignità di figli e figlie di Dio. Attraverso l’educazione, si oppose ai mali sociali come il sistema delle caste e l’ignoranza. Fondò quindi non solo la prima congregazione religiosa femminile locale, ma anche la prima scuola femminile e il primo collegio.
La morte e la fama di santità Morì il 18 luglio 1913, a 82 anni. Ricevette sepoltura privilegiata di fronte alla basilica della Madonna del Carmelo e di San Giuseppe a Varapuzha, ma i suoi resti vennero successivamente traslati nella tomba appositamente preparata all’interno del convento. Nel 1997 ebbero nuova sistemazione nella cappella detta Smruthi Mandhiram, annessa al convento di San Giuseppe della Congregazione della Madre del Carmelo nella stessa città. Madre Elisabetta godette subito di fama di santità: gli storici suoi contemporanei la definivano “prapancha viraktha”, ossia totalmente distaccata da tutte le cose terrene. Grazie al suo operato a favore delle donne indiane, ma anche per la sua vita di preghiera e sacrificio, la Congregazione della Madre del Carmelo promosse l’avvio della sua causa di beatificazione e canonizzazione.
Il percorso fino al decreto sulle virtù eroiche Ottenuto il nulla osta il 6 marzo 2008, fu aperta l’inchiesta diocesana nella diocesi di Verapoly, il 30 marzo 2008; l’ultima sessione fu celebrata il 5 novembre 2017. Gli atti dell’inchiesta furono convalidati il 7 aprile 2017. Essendo la sua una causa antica o storica, passò prima al vaglio dei Consultori Storici della Congregazione delle Cause dei Santi, che il 18 maggio 2021 diedero il loro parere positivo. Nello stesso 2021 fu presentata la “Positio super virtutibus”. Il 20 dicembre 2022 il Congresso peculiare dei Consultori Teologi si pronunciò a favore dell’eroicità delle virtù; anche i cardinali e i vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi, il 7 novembre 2023, espressero parere positivo. L’8 novembre 2023, ricevendo in udienza il cardinal Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto con cui madre Elisabetta veniva dichiarata Venerabile.
Il miracolo per la beatificazione Per la sua beatificazione fu preso in esame il caso di una bambina, la cui madre, il 24 maggio 2005, alla trentaquattresima settimana di gravidanza, si sottopose a un’ecografia effettuata presso il “Lourdes Hospital” di Ernakulam, dalla quale fu rilevata nel feto una sospetta labiopalatoschisi, ovvero il labbro leporino. Dalla successiva ecografia del 25 maggio 2005 venne confermata la labioschisi. Una suora della Congregazione delle Carmelitane Teresiane, direttrice degli infermieri in servizio nel Reparto di Ginecologia e superiora del convento, incontrò il 27 giugno 2005 la donna, addolorata per la malformazione della sua bambina. Provò a consolarla, quindi le propose d’invocare madre Elisabetta, lasciandole una sua immaginetta con le preghiere per chiedere la sua intercessione. Mentre il marito della donna e altri parenti si univano alle sue invocazioni, la suora e l’intera comunità fecero ricorso alla loro fondatrice, per due giorni. Il 29 giugno fu effettuato il parto con taglio cesareo: nacque una bambina, perfettamente sana e priva di malformazioni, né al labbro superiore, né al palato e né all’arcata dentale.
L’esame del miracolo Il 12 gennaio 2018 vennero convalidati gli atti dell’inchiesta diocesana a riguardo. L’11 gennaio 2024 la Consulta Medica del Dicastero delle Cause dei Santi esaminò il presunto miracolo, dando parere favorevole all’unanimità. Il 27 giugno dello stesso anno fu consegnata al Dicastero la “Positio super miro”, mentre il 26 novembre seguente il presunto miracolo passò all’esame dei Consultori Teologi, i quali riconobbero all’unanimità il nesso tra la preghiera prolungata e ripetuta e l’intercessione rivolta espressamente a madre Elisabetta. Analogo parere positivo venne fornito dalla Plenaria dei cardinali e dei vescovi. Il 14 aprile 2025, ricevendo in udienza il cardinal Marcello Semeraro, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto che apriva la via alla beatificazione di madre Elisabetta.
La beatificazione La Messa con il Rito della Beatificazione fu celebrata l’8 novembre 2025, presieduta dal cardinal Sebastian Francis (la cui famiglia è originaria del Kerala), arcivescovo di Penang, come inviato di papa Leone XIV, nella basilica di Nostra Signora della Redenzione a Vallarpadam.
Il suo carisma oggi Il carisma della Congregazione delle Carmelitane Teresiane consiste nel cercare l’unione contemplativa con Dio in una vita di comunione, attraverso la carità e il servizio ecclesiale, ed è riassunto nel motto «Passione per Cristo e compassione per l’umanità». Le religiose sono in ottimi rapporti con le suore della Congregazione della Madre del Carmelo e fanno spesso loro visita. Sulle pionieristiche orme di madre Elisabetta, le Carmelitane Teresiane continuano il suo servizio anche fuori dall’India: la prima comunità in Europa è stata stabilita il 1° ottobre 1984 a Essen, in Germania, mentre la prima delle sei presenze (al tempo della beatificazione) sul territorio italiano è stata inaugurata il 18 ottobre 1986 a Forcoli, nella diocesi di San Miniato.
Autore: Emilia Flocchini
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