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Stefano VII (VIII) Papa

Festa: .

† Roma, febbraio 931

(Papa dal 12/928 al 02/931)
Romano, anche questo papa fu certamente eletto per influenza della fazione della potente e arrogante Marozia, che di fatto era padrona assoluta di Roma.


Di origine romana (ma suo padre aveva il nome germanico di Teudemondo e nulla si sa della madre), fu talvolta detto VIII perché nel 752 uno Stefano morì due giorni dopo l’elezione senza essere stato consacrato.
Della sua vita prima dell’elezione è noto solo che Stefano era cardinale prete del titolo di S. Anastasia. Ed è difficile, per il disordine e la contradditorietà delle fonti, stabilire con precisione le date del suo pontificato.
Le notizie più vicine ai fatti (cfr. F. Böhmer, Regesta Imperii. II, 5, Papstregesten 911-1024, a cura di H. Zimmermann, 1969, pp. 37, 39) suggeriscono che Stefano fu papa dal gennaio del 929 al febbraio del 931, rapidamente eletto dallo stesso gruppo di potere aristocratico romano che aveva insediato il suo predecessore Leone VI e per motivazioni simili, l’intenzione cioè della senatrice Marozia, che al momento dominava incontrastata sulla città, di far occupare la cattedra di Pietro a persone di scarso spessore in attesa di potervi insediare il proprio figlio illegittimo Giovanni. 
Poco dopo il suo insediamento morì il deposto Giovanni X, pare soffocato con un cuscino a Castel Sant’Angelo, dov’era rinchiuso da un anno. Del pontificato di Stefano non si conoscono atti relativi al governo temporale di Roma, di cui con ogni probabilità non ebbe alcun modo, e forse nemmeno intenzione, di occuparsi. Sono invece rimasti alcuni atti che riguardano affari ecclesiastici. Confermò i possessi e i privilegi del monastero di S. Antimo nella diocesi di Chiusi, mentre i diplomi a lui attribuiti per S. Vincenzo al Volturno e per S. Maria di Brogne (presso Namur) sono oggi ritenuti falsi. Con una bolla (Regesta Pontificum Romanorum, a cura di Ph. Jaffé et al., 1885, n. 3582), di cui esiste una copia coeva, sottopose alla giurisdizione di Roma il monastero benedettino di Psalmodi, situato su un’isola nella diocesi di Nîmes, unitamente a quello di Joncels, posto sulla terraferma, e vietò che i loro possessi potessero essere alienati.
Il fatto tuttavia che nel documento non sia menzionata la seconda distruzione del monastero di Psalmodi a opera dei Saraceni, avvenuta all’inizio del X secolo, ha indotto a pensare che l’autore della bolla sia stato Stefano VI, e come tale essa è edita da Harald Zimmermann (Papsturkunden 896-1046, I, 1984, n. 1).
Anche per Stefano, come per il suo predecessore Leone VI, si può affermare che ebbe scarso rilievo agli occhi dei contemporanei, tanto che Liutprando, nella sua Antapodosis (III, 43), passa direttamente da Giovanni X a Giovanni XI senza nemmeno menzionarlo. 
Morì nel febbraio del 931, lasciando a Marozia la da lei tanto attesa possibilità di insediare sulla cattedra di Pietro il figlio Giovanni (XI). 


Autore:
Ambrogio M. Piazzoni


Fonte:
www.treccani.it

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Aggiunto/modificato il 2025-06-12

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