Sec. VI
"Chi non beve a san Cerbone è un ladro o un birbone". La saggezza popolare ha immortalato così la "fonte di san Cerbone", in Maremma, che sgorga presso una cappella romanica, dove furono miracolosamente traslate le spoglie del Santo. Sulla collina sovrastante sorgeva l'etrusca Populonia, di cui Cerbone (o Cerbonio) fu vescovo nel VI secolo. La difese dapprima dalle incursioni dei Goti. Il re Totila lo mise a morte, ma l'orso che lo doveva sbranare si ammansì ai suoi piedi. Vennero poi i Longobardi. E Cerbone riparò all'Isola d'Elba, dove morì. Una tempesta si placò per consentire il ritorno del corpo sulla costa. (Avvenire)
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Populonia in Toscana, san Cerbonio, vescovo, che, come riferisce il papa san Gregorio Magno, durante l’invasione longobarda della regione, si ritirò sull’isola d’Elba, offrendo numerosi esempi della sua virtù.
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Nel piccolo golfo di Baratti, in Maremma, dominato dalla collina sulla quale molti secoli or sono sorse l’etrusca Populonia, a fiore del livello marino e in mezzo alle antiche tombe che ogni tanto riemergono dagli scavi, sgorga una fonte, sulla quale è costruita una piccola cappella di stile romanico. È la fonte di San Cerbone, e un proverbio del luogo dice: “Chi non beve a San Cerbone, è un ladro o un birbone”. Tra le città dell'antica Dodecàpoli etrusca, quella di Populonia aveva il primato della metallurgia. Durante le incursioni dei barbari, l'industria mineraria di Populonia decadde, il porto s’insabbiò, il golfo si ridusse di superficie e la malaria portò la desolazione.
San Cerbone, originario dell’Africa, fu vescovo di Populonia proprio al tempo delle invasioni barbariche, nel VI secolo. Di lui parla il pontefice San Gregorio Magno nei suoi Dialoghi, definendolo “uomo di vita venerabile, che dette grandi prove di santità”. La più celebre di queste prove la dette quando Totila ricercava alcuni militi romani e cristiani. Il santo vescovo di Populonia li nascose e per questo incorse nell'ira del re barbaro, che decretò la sua morte per mezzo delle fiere. Mandò Cerbone nel cosiddetto Campo del Merlo, dove un ferocissimo orso avrebbe dovuto sbranarlo, alla presenza dello stesso sovrano. Lo spettacolo sembrava promettere grandi emozioni, ma Totila non aveva previsto un fatto che lo sbalordì: quando l’orso giunse dinanzi al vescovo rimase per un istante quasi pietrificato nell’atto dell’aggressione, con le zampe anteriori alzate e le fauci spalancate. Poi, lentamente, ricadde sugli artigli, chiuse la bocca e prese a leccare con inaspettata mansuetudine i piedi del santo. Totila rilasciò Cerbone, ma dopo i Goti di Totila giunsero i Longobardi, a scacciare il vescovo di Populonia, che riparò dunque nell’isola di Elba.
Ormai vecchio e prossimo a morire, il vescovo aveva chiesto di essere sepolto a Populonia, ancora in mano ai Longobardi, raccomandando ai suoi seguaci di riprendere subito il mare dopo aver provveduto alla sua sepoltura. Morto il santo (10 ottobre 575), i seguaci attraversarono il Canale di Piombino senza essere miracolosamente visti dai nemici a causa delle nubi e nebbie. A Poggio nell’isola d’Elba ancora è viva la tradizione orale che narra di un’imponente libecciata che al transito dell’imbarcazione che trasportava la sua bara si placava creando una via di mare piatto dalla Marina di Poggio verso Baratti. Poterono così seppellire il corpo di San Cerbone. Il corpo di San Cerbone, tuttavia, venne trasferito in seguito nella cattedrale di Massa Marittima, quando questa fu scelta come nuova sede della diocesi. È festeggiato il 10 ottobre.
Autore: Don Fabio Arduino
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